Il caso Olivetti e IBM
Il primo modello di macchina da scrivere prodotto e venduto dalla Olivetti: la M1. Fonte: Wikimedia Commons

Adriano Olivetti è stato una delle personalità più italiane più influenti. Nacque non lontano da Ivrea l’11 aprile 1901, suo padre era Camillo Olivetti, ebreo; sua madre, Luisa Revel, era di religione valdese. Si diplomò in fisica e matematica a Cuneo nel 1918 e fu volontario negli Alpini. Terminato il periodo militare si recò a Torino per studiare al Politecnico, mostrando interesse per tematiche sociali e politiche, e iniziò a collaborare con le riviste “L’azione Riformista” e “Tempi Nuovi”.

Nel 1924 si diplomò in Ingegneria Chimica a Torino, soggiornando poi negli Stati Uniti per acquisire il savoir-faire delle imprese americane e soprattutto quello della Ford, il cui modello iniziava ad affermarsi proprio in quegli anni e dove i salariati lavoravano meno ed erano pagati meglio. Rientrato, nel 1932 divenne direttore della Olivetti, l’azienda produttrice di macchine da scrivere fondata dal padre nel 1908, e successivamente, nel 1938, assunse la carica di presidente.

Adriano credeva che la ricchezza di un’impresa risiedesse nel suo capitale umano. Il suo desiderio era quello di rinnovare il modo di fare impresa. Mentre il modello occidentale aveva come focus principale la produzione, Olivetti intuì che il focus dovessero essere gli impiegati, poiché, se tutelati, avrebbero lavorato e reso meglio. Adriano riteneva che l’Italia fosse un mercato dal grande potenziale, limitato, però, dalla sua mentalità conservativa.

Il primo stabilimento Olivetti inaugurato ad Ivrea nel 1908. Fonte: Wikimedia Commons

La Olivetti fu in grado di presentare prodotti di notevole qualità, tra cui la M1, una macchina da scrivere. Questo modello, ideato dal padre e lanciato sul mercato nel 1911, era il più rapido modello di macchina da scrivere mai realizzato dell’epoca. In effetti fu proprio la M1 a dare alla Olivetti la fama di cui gode ancora oggi.

Nel 1920, grazie alla credibilità precedentemente acquisita e a un grande ammontare di investimenti, Olivetti riuscì a creare e a lanciare sul mercato il modello più famoso, la M20, che registrò numeri incredibili di vendite e che portò al crollo della concorrenza tedesca. Grazie a questo modello, Olivetti aveva conquistato il mercato.

La produttività negli anni Venti era di 4.000 macchine prodotte con un organico di 400 operai. Adriano applicò quanto appreso negli Stati Uniti, volendo dimostrare che un’organizzazione differente del lavoro poteva equivalere a una produzione più efficiente. Se all’inizio ogni macchina da scrivere era realizzata in 12 ore, con questi nuovi cambiamenti il tempo di realizzazione scese a 4.5 ore. Punto di svolta fu la produzione del modello di macchina da scrivere portatile nota anche come MP1, primo prodotto della direzione di Adriano. Questo periodo non vide solo l’ideazione di nuovi modelli ma anche la creazione di nuove tecnologie. La Olivetti si specializzò infatti nella produzione di calcolatori elettronici come Multisumma e Divisumma. I prezzi erano competitivi e i modelli erano venduti molto più velocemente di quelli americani. Questo creò non pochi contrasti con gli Stati Uniti, che già da tempo cercavano di sviluppare tecnologie informatiche avanzate.

Nell’idea di rinnovamento imprenditoriale, Adriano era consapevole che anche il piano urbano aveva un valore primario. La grande industrializzazione fece intuire che, se non si fosse attuato un cambiamento, gli impiegati avrebbero speso ore e ore per recarsi al lavoro. La migrazione dalle aree rurali a quelle urbane era ormai già avviata da tempo. Olivetti iniziò la costruzione di complessi abitativi aventi ogni comfort e che includevano anche scuole. L’aspetto sociale acquisiva notevole importanza nelle comunità poiché l’istruzione era necessaria al processo di industrializzazione. Questa volontà di migliorare le condizioni di vita dei salariati lo mise in netto contrasto con altre compagnie italiane, e non, che seguivano ideologie diverse e che sfiguravano dinanzi al nuovo assetto assunto dalla società eporediense. Nel 1937 fu lanciata sul mercato la Telescrivente 1, nota anche come T1, in grado di unire le tecnologie di telegrafo e macchina da scrivere. Con la T1, l’Italia si affermava in settori importanti quali meccanica, informatica ed elettronica.

Modello di Olivetti T1 (Teleprinter 1). Fonte: Wikimedia Commons

Il 1948 si presentò come l’anno dell’investimento poiché fu presentata la Lexikon80, nota all’inizio come M80, seguita poi dalla Lettera 22 nel 1950. Entrambe furono un successo con enormi vendite e portarono l’Olivetti a dover lanciare un nuovo modello ogni 8 mesi.

Gli importanti esiti commerciali portarono la Olivetti a diventare una multinazionale, con sedi importanti in Canada e Usa. In quel periodo l’azienda più importante in campo informatico, sebbene il termine informatica non esistesse ancora, era la IBM, che rimase a dir poco impressionata dal modello Lettera 22. Il presidente della IBM decise di acquistare il 35% dell’azienda italiana, dandole così la possibilità di penetrare il mercato americano e sancendo la nascita della Olivetti Corporation of America, OCA. In quel momento si decise di aggiungere la dicitura “Made in Italy” sui prodotti italiani.

L’informatica diveniva sempre più importante negli Stati Uniti. Ci fu la creazione di vari progetti a riguardo, tra cui un laboratorio informatico al quale lavorò anche Enrico Fermi. Questo permise a molti di comprendere il potenziale della Olivetti, che aveva in mente di creare una sorta di calcolatore informatico capace di eseguire calcoli e operazioni complesse. IBM, sebbene in collaborazione, non poteva accettare una situazione del genere, poiché loro stessi cercavano di sviluppare lo stesso tipo di tecnologia. La differenza sostanziale tra Olivetti e IBM era che la prima voleva creare computer ad uso civile, e anche da scrivania, mentre la seconda a uso militare.

Seguendo questo progetto del primo computer, Olivetti per prima intuì l’importanza dei transistor, capaci di dare un potere incontrastato ai calcolatori informatici italiani. Limite importante, però, fu la politica italiana che non investiva in ricerca tecnologica come gli Stati Uniti. Per risolvere questo problema, Olivetti decise di richiedere investimenti all’Unione Sovietica e alla Cina, ormai consolidati partner commerciali.

Nel 1959 venne lanciato sul mercato l’Elea 9003, calcolatore mainframe ad altissime prestazioni e anche tra i primi computer transistorizzati al mondo, grazie anche al lavoro di Mario Tchou. Ci furono alcune sparizioni sospette di alcuni modelli di Elea 9003 e proprio in quel periodo, quasi come una spiacevole coincidenza, IBM lanciò sul mercato calcolatori informatici a prezzi molto più elevati e con caratteristiche molto simili al modello italiano.

Olivetti morirà per un’emorragia cerebrale nel 1960. Molti documenti della CIA mostrarono come fosse sotto osservazione da almeno 10 anni. Nel 1961 anche Mario Tchou morì in circostanze non specificate mentre lavorava al primo vero computer da scrivania noto anche come P101, usato poi dalla NASA per il progetto Apollo e a un costo nettamente inferiore del corrispettivo americano. Negli anni successivi alla morte di Olivetti, la compagnia s’indebitò molto. Fu acquistata dalla FIAT che ne chiuse gli stabilimenti dedicati alla ricerca informatica e la rivendette alla General Electric.

Sebbene ci siano ancora molti dubbi sulla storia della creazione del primo computer e sul perché proprio poco dopo la morte di Adriano sia apparso un modello della IBM molto simile al prototipo Italiano, non possiamo negare che Olivetti fu una delle figure più interessanti del Novecento italiano, il cui slancio imprenditoriale e visionario difficilmente saranno replicabili.

Gianluca De Santis

Laureato in Mediazione Linguistica e Culturale a L'Orientale di Napoli, in Relazioni Internazionali all'Università Statale di San Pietroburgo e attualmente in Francia per un Master in Commercio Internazionale, da sempre mi sono interessato alla sfera internazionale. Il contesto geopolitico, estero e diplomatico, sono le cose che da sempre mi hanno fatto brillare gli occhi. Ed è proprio di questo, e magari non solo, che parlerò con voi.

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