Ninaì
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Si intitola “Feel it” il nuovo brano della cantante e compositrice Veronica Pramaggiore, in arte Ninaì, in uscita da giovedi 26 marzo. Il brano è stato registrato presso Lo Jeti Lab di Biella con produzione, mix e master di Jacopo Tricoli. L’intento di Ninaì, attraverso questo testo coinvolgente, è stato quello di descrivere le emozioni del presente servendosi di un meltin pot di generi e vulture differenti. Ninaì canta sulle note di un elettronico sound ipnotico, il quarto e ultimo brano dell’EP “Musica in testa”, già disponibile in digital download e in streaming.

Parlando di te parlando di me
ogni volta che
perdi tempo e
non senti che qualcosa va oltre
parlando di te parlando di me
ogni volta che
giochi a non capire
e non vedi che io sono qui

Ninaì racconta: «“Feel it” nasce d’urgenza  a ottobre, appena rientrata dai giorni di riprese del primo singolo “Musica in testa”, girato a Londra ispirata dai lunghi viaggi in metro autobus e dai centri di aggregazione culturale underground della capitale UK, dove sono state girate diverse scene. Una riflessione sull’attuale comportamento che porta a scriversi, mandarsi foto, aggiornare i social, dimenticando a volte il sentirsi a pelle tra le persone. Una rapporto qualunque, d’amicizia, di lavoro, familiare o volendo d’amore, che finisce per colpa del non percepisci con uno sguardo. Incontrarsi per caso, scambiarsi idee, sentirsi a vicenda in un sentimento più profondo.»

Abbiamo avuto modo di sottoporre a Ninaì molteplici curiosità. Ecco quanto rilasciatoci in questa intervista.

Veronica, come nasce il tuo interesse per la musica e come evolve, nel corso degli anni, il tuo percorso musicale?

« Sono cresciuta in un ambiente  stimolante e artistico da parte di entrambi i miei genitori  e ho  iniziato da bambina con un training di pianoforte classico per poi avvicinarmi al canto qualche anno dopo. In realtà poi ho iniziato a fine età liceo ad esibirsi dal vivo con dj hip hop R&B e lè  prime band… Ero molto sull’onda di cantanti come Maxell, Erykah  Badu, Jamiroquai etc… Per poi rimanere completamente stregata dai cantanti jazz e dall’utilizzo della voce in qualità di strumento e l’improvvisazione scat.
Ho dedicato molto tempo allo studio di questa tecnica, esibendomi con diversi combi.
Nel mentre è arrivata la bossa nova, ma anche il reggae e  l’elettronica /pop a riempire i miei giorni.. studiavo e mettevo subito in pratica on Stage.
Ho frequentato diversi workshop, ricordo tra i tanti con molto piacere quello tenuto da Gianluca Petrella, dove ho sentito il Jazz  l’elettro/Punk e  la musica Latina legati tra loro in un unico sound, come spesso intendo nelle mie composizioni. Anche l’insegnamento nelle scuole di musica , che ho iniziato sempre prima dei vent’anni, mi ha trasmesso molto, soprattutto a livello umano. Ho avuto qualche momento fuori dalle scene dovuto a problemi personali, ma non ho mai smesso in primis di comporre.
Negli anni, sono contenta di non essermi posta confini ai generi musicali.
»

Come mai il tuo nome in arte è Ninaì? Cosa significa?

« Ninaì è l’unione di Nina con una Ì con l’accento, ti spiego: Nina è il mio nickname che ho scelto da sempre, in realtà tranne che per documenti e poco altro tutti mi chiamano così, qualcuno non sa nemmeno il mio nome di battesimo.
Quando ho scelto il  mio nome d’arte,  più che altro quello che sentivo potesse rappresentare di più la mia persona, quindi non ho avuto dubbi e ho adottato Nina, volevo un unico suono , senza cognome e semplice. Ho aggiunto la ì, in onore di un ipotetico nome consigliato dalla mia nonna di Lima prima che nascessi, il nome in questione era Annaì  in origine appartenente a una principessa Incas o Maya non ricordo…
Poi il destino ha voluto che nascessi settimina e Veronica ha preso il suo posto. Così origina  “Ninaì”, mi piace lo sento leggero, ritmico e femminile, come la  sua storia che accomuna  tre donne di generazioni diverse.
»

Saremmo curiosi di conoscere meglio i tuoi rapporti con la musica brasiliana ed africana del Mali. Hai compiuto dei viaggi che ti hanno influenzata particolarmente?

« Sfortunatamente per ora ne in Brasile ne in Africa. Ma ho suonato, in diverse formazioni con musicisti di entrambe le nazioni .
L’amore per i groove africani è partito da un progetto con percussionisti e ballerini, dove riarrangiavo melodie o riff della tradizione del Mali con melodie o preludi di Bach, a pensarci ora, innovativo e audace… In realtà un Collettivo dove spesso si univa musica, danza e arte figurativa. L’amore per la musica Brasiliana iniziò invece, con  ascolti legati alla Bossa nova, era un periodo in cui lavoravo molto sulla ricerca del mio sound personale, parlo della voce, e il modo in cui cantavano molte esponenti femminili di questo genere mi aiutò a capire molte cose di me. Rimasi impressionata dalla dolcezza e dalla calma con cui parlavano dritte al cuore e dall’ estrema femminilità e naturale sensualità dei colori vocali. In seguito, in realtà ho approfondito anche la conoscenza della musica popolare dai canti Orisha al Choro. Per poi ascoltare la scena contemporanea, spesso influenzata da reggae e elettronica di artisti come Bebel Gilberto o Natiruts. Veramente come canto in un altro brano, che da il titolo all’Ep… Si viaggia con la musica in testa! »

Data la tua personalità cosmopolita, quale credi sia stata la tua esperienza musicale estera più gratificante? E perchè?

« Ricordo una serata a Zurigo, qualche anno fa.. Mi resi  conto, da subito, dello splendido respiro cosmolita che era nell’aria. E questo venne confermato prima durante e dopo il concerto. Quando sei fuori dalla tua nazione, in realtà credo che sotto certi aspetti, sia più semplice e diretto… Il pubblico si mette in ascolto, ci sono meno somiglianze dovute a cultura, background di mentalità,storia e si comunica in modo più immediato. Poi posso dirti che i musicisti  hanno la possibilità di incontrare parti di mondo e creare questi intrecci di culture anche nella propria nazione e questo è molto stimolante. Condividere il palco con queste formazioni, aumenta la tua forza. »

Altra curiosità: avendo origini peruviane e nascendo in Italia come mai i tuoi testi sono in lingua italiana ed inglese ma non in spagnolo? Hai mai pensato di scrivere e cantare nella lingua che ti lega alle tue origini?

« Sono nata in Italia, mio padre è italiano, mia mamma con origini dal Perù (Lima) e ho un bisnonno cinese. Ho studiato molte lingue e cantato molto in portoghese inglese, italiano… Ma anche spagnolo e francese.
Non ho la conoscenza reale dello spagnolo per poterlo utilizzare come prima espressione. Questo il motivo.
In realtà l’italiano come base dei miei testi per me è stata una grande sfida, trasmettere un messaggio in cui credi e nella lingua che utilizzi correntemente cambia l’approccio..
. Continuo comunque a portare avanti l’idea di inserire frasi o ritornelli in altre lingue, mi piace lasciare più strade aperte, perché effettivamente alcuni messaggi possono arrivare in modo più diretto  a seconda della lingua o prendere un sound che mi piace.
L’inglese è quasi l’unico linguaggio che utilizzo  per comunicare con tutti, quando sono in giro o tra musicisti di diverse nazioni.. Fa parte di me nel quotidiano, cerco di essere corretta ma non maniacale mantenendo anche il mio accento, trovo molto interessante ascoltare qualcuno nella sua unicità. »

Come mai la musica del tuo nuovo brano ipnotizza così tanto gli ascoltatori?

« Ti ringrazio, “Ipnotizzare” è proprio l’intento e il Flow che speravo potesse comunicare Feel it. Il brano è nato dopo l’esperienza Londinese di riprese del mio precedentemente singolo.
Il beat ritmico ed elettronico dei sintetizzatori, vuole riprendere il rumore delle rotaie delle metropolitane, dei treni e del traffico che accompagnava i miei spostamenti, mentre il tappeto di archi vuole essere come un’onda del mare che rilassa e avvolge la melodia regalando poesia e pace.
All’inizio il battito cardiaco in risalto, ci collega tutti al nostro ritmo di vita, mentre le parole volutamente girano intorno a un concetto molto diretto: parlarsi, incontrarsi per caso, sentirsi.
In studio di registrazione, sono arrivata con lo scheletro del brano e grazie al team che lavora con me sono riuscita a trovare i suoni, i riverberi, le emozioni di cui volevo vestirlo. Feel it vuole essere un viaggio virtuale insieme agli ascoltatori… Lo immagino come l’andamento di una carovana nel deserto.
»

Quali sono state le difficoltà nel dover mettere per iscritto un brano così comunicativo e colmo di emozioni e percezioni?

« Per questo brano non ho calcolato il minutaggio o le strutture. Dopo aver sentito la prima registrazione mi sentivo svuotata e quasi spaventata per aver utilizzato una comunicazione forse troppo intima ma non riuscivo a smettere di ascoltarlo in qualunque momento della giornata. Ho capito che era un grande specchio di me stessa e ho sentito che era il momento di “andare oltre” e far sentire che ” Io sono qui”
L’idea di finire con voce filtrata, come in una telefonata a tarda notte dove due persone si sentono e capiscono che è necessario andare oltre alle barriere mentali, unita ad un solo di mini-moog che proietta le emozioni in uno spazio più etereo è stato uno dei momenti più forti di questa session in studio.
»

Quali sono i tuoi piani futuri? Possiamo avere delle anticipazioni?

« Si certo; in questo momento storico, che mette un freno esterno a molte occupazioni, in primis quella artistica in senso lato, che hanno bisogno di contenitori di persone e relazioni umane ho visto gran parte dei miei progetti (concerti, live/interviste, radio etc..) cancellarsi.
Proprio a metà gennaio avevo cominciato a provare con la band per il Live di “Musica in Testa”.
Comunque finito un breve periodo di smarrimento, ho ripreso in mano la mia vita e questo proprio grazie alla musica che è fonte di grande pace interiore.
Sto cercando di capire come muovermi per un eventuale ” Virtual Tour”, continuo a promuovere e far conoscere la mia musica e ho ripreso a comporre nuovi brani. Avevo in atto l’idea di un nuovo Collettivo dove Ninaì come artista interagiva con altri  tre artisti indipendenti, per creare uno spettacolo dinamico dove l’originalità di ognuno crea la forza del gruppo. Non so se questo è un momento di transizione, o l’inizio di una nuova comunicazione musicale. Non voglio fermarmi, anzi credo che sia importante continuare anche con esibizioni in Streaming, fare rete con i musicisti e il pubblico. Tutto è possibile quando ci credi! Il Live quando tornerà sarà adrenalina pura. »  
 

Sabrina Mautone

Sabrina Mautone
Sabrina Mautone nasce a Napoli il 18/05/96 e vive a Milano. Giornalista pubblicista laureata in Lingue Moderne presso la Federico II e specializzata in Comunicazione e Cooperazione Internazionale per Istituzioni ed Imprese presso l'Università Statale di Milano. Con un master post-lauream in Giornalismo Radio-Televisivo a Roma, lavora da freelancer e segue eventi in Italia e all'estero.

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