Uscito in libreria agli inizi di gennaio, Dare la Vita è l’ultimo libro di Michela Murgia: un libro sull’amore, nel senso più ampio possibile, che arriva ad esplorarne i confini, fino alla ricerca di un limite. Sempre ché un limite ci sia.
Raccontare Murgia
Raccontare non sarà mai più un gioco da bambini. Si chiude così “Dare la vita” l’ultimo libro di Michela Murgia. Ma, lo sappiamo bene, raccontare, e raccontarsi, un gioco da bambini per Murgia non lo è mai stato. Scegliere le parole, con cura, quelle giuste, quelle che includono e non escludono, quelle che a sé ne fanno seguire altre, costruiscono architetture di parole a sorreggere pensieri, e non quelle che chiudono, limitano, escludono, non è mai stato banale.
Raccontare e raccontarsi, come chi il mondo lo ha abitato per davvero, e non necessariamente spingendosi lungo territori stranieri, ma facendo esperienza della gente che lo abita, delle storie quotidiane o fuori dal comune, occupando le latitudini e le longitudini della società, è stata materia di una vita intera.
Raccontare la queerness, dare la vita
Dare la vita è un testo bipartito: prima, una riflessione sul significato di “queerness”, nel tentativo di spiegarla, e non definirla, di renderla patrimonio comune, consuetudine familiare, esercizio ininterrotto di una pratica nuova, inclusiva e liberatoria. Subito dopo, una riflessione sulla GPA lucida e articolata, che non eccede nell’indulgenza, non articola arringhe spinte da un progressismo a tutti i costi ma, al contrario, pone questioni di merito, problematizza aspetti e prassi, elude le trappole della logica riformista e atea, il tutto con una scrittura che, nonostante i rattoppi e le cerniere aggiunte dopo il 10 agosto, è chiara, netta. Ed è vero: non c’è nulla di mansueto (e dopotutto, lo scrive Murgia stessa: non è mai stato questo il suo fine), né tantomeno però nulla di violento e litigioso. Il suo non è uno scrivere contro qualcuno o qualcosa, quanto piuttosto un discorso condotto con serafica calma, con la compostezza di uno scienziato di fronte ad un nuovo fenomeno da capire e descrivere. E, in questo caso, il fenomeno da descrivere e studiare, è quello di una società viva, abitata e vissuta da individui che non permangono nella propria condizione, ma cambiano pelle. Una società in grado di evolversi, e non semplicemente “cambiare”. Ché il cambiamento non sempre coincide con l’andare avanti, ma spesso rassomiglia all’involuzione. Specie nei tempi neri.
L’ultimo testo di Murgia, eredità di pensiero
È un testo commovente, Dare la vita, perché scritto e dettato fino agli ultimi giorni: come se, di fronte alla propria sofferenza, fosse più importante il pensiero, più importante la scrittura, più importante dare la vita che arrendersi all’incapacità di comunicare e raccontarsi.
Ed è un testo potente, e questo non perché tratteggi linee imperiose a cui uniformarsi o leggi sacre a cui riferirsi nel dibattito pubblico, ma perché al contrario al suo interno non tutto è condivisibile ma tutto è problematizzabile: se, come scrive Murgia stessa, l’orizzonte altro non è che un altro nome per indicare il limite, allora questo testo non ricerca una fina ma altro non fa che dischiudere possibili scenari. È infinito, e non perché sia stato scritto alla soglia dell’eternità, ma perché si interroga, perpetua l’esercizio del conflitto come forza generatrice. Ché è dallo scontro di due pietre che nacque la scintilla che accese il fuoco.
E come potrebbe essere altrimenti? Se “il mondo è quello che ognuno si fa” come potrebbe non essere così un testo che interroga tutti sui modi, le modalità e i tempi che rendono la nostra una comunità
Se potessimo leggerlo tutti, se potessimo tutti interrogarci su come agisce oggi la parola “famiglia”, esplorando i contesti nei quali – con fatica o agilità – si muove, riusciremmo forse ad adoperare con maggiore familiarità quegli strumenti di autodeterminazione e indipendenza che sono la capacità di abitare nella propria identità liberamente e, conseguentemente, quella riproduttiva, affermata sia in senso positivo che negativo.
Perché se dare la vita è quanto ci chiedono, come farlo è quanto spetta a noi decidere. Uomini, donne e abitanti sul confine.
In qualsiasi famiglia ci immaginiamo.
Edda Guerra