L’artista austriaca Valie Export arriva alla Galerie Thaddeus Ropac di Londra con “The 1980 Venice Biennale Works”, una riproposizione dell’esposizione tenuta alla Biennale di Venezia del 1980. All’epoca, in collaborazione con la pittrice Maria Lassing, fu protagonista della prima rappresentanza del corpo femminile per l’Austria alla rassegna artistica veneziana. Sono passati dunque 39 anni da quella esposizione e a differenza di allora questa volta Valie Export si presenterà a Londra da solista.
Valie Export, classe 1940, è regista, fotografa e performer e sin dai suoi esordi si è impegnata nella rivalutazione del ruolo della donna all’interno della società cercando con le sue opere di smuovere il senso comune, di abbattere i cliché e gli stereotipi che sono alla base della concezione del mondo femminile.
Per capire il tenore della personalità di Valie Export basta dare uno sguardo alla biografia, a partire dal suo stesso nome. Il suo nome di battesimo è infatti Waltraud Lehner e il motivo per cui ha scelto di cambiarlo è chiaramente legato alla sua ideologia: scegliere il proprio nome vuol dire autodeterminarsi, svincolarsi dal sistema patriarcale per il quale il cognome deve essere ereditato dal padre. “Valie” è semplicemente un soprannome, un diminutivo, mentre “EXPORT” richiama una marca di sigarette austriache. Ma la scelta è riconducibile a un’altra idea di fondo dell’artista, e cioè che l’arte è ormai un bene di consumo e di esportazione comune a molte altre merci. In questo modo fa di sé un marchio da esportare in tutto il mondo, portatore di valori politici e sociali. Inoltre le sigarette sono simbolo di un piacere effimero ma anche simbolo di libertà e trasgressione.
Al centro dell’esposizione di Valie Export al Ropac di Londra c’è l’installazione “Geburtenbett”, composta da una piattaforma in resina sulla quale sono disposte le gambe divaricate di una donna dal centro delle quali spuntano due neon rossi che simboleggiano del sangue fresco. Oltre le gambe, al posto del busto è posizionato un monitor che trasmette a ripetizione il video di una messa cattolica. L’artista stessa ha dato un chiarimento riguardo al significato della sua opera: «Il letto diventa simbolo sia di parto che di morte. Il video mostra una parte della Messa cattolica, in particolare la Comunione, in cui, attraverso la benedizione dell’ospite e la consacrazione del vino, il corpo di Cristo nasce metaforicamente. È una nascita divina, di Cristo e del corpo di Gesù, in contrasto con la nascita di un essere umano, che è associato al dolore del corpo femminile».
Intorno all’installazione principale di Londra sono disposte le altre opere, tutte evocative dei preconcetti a cui la donna quotidianamente deve sottostare. Le fotografie, le sculture, le installazioni hanno un fine provocatorio, sono volutamente pungenti, devono procurare un senso di shock.
Il grande protagonista di tutta la produzione dell’eclettica artista è il corpo femminile in tutte le sue espressioni. Fra i temi principali c’è il rapporto tra l’ambiente esteriore, prodotto dall’insieme di elementi naturali e culturali, ed il corpo, specchio dei processi mentali e degli stati d’animo. Le espressioni fisiche sono manifestazioni dell’intimità sensibile ed in quanto tali sono parte integrante dell’ambiente circostante. Il corpo è portatore di messaggi sociali e morali. Non a caso i soggetti delle sue fotografie sono spesso inseriti, quasi innestati nell’architettura urbana o in ambienti naturali in modo da diventare vere e proprie estensioni delle componenti architettoniche e paesaggistiche.
Il corpo femminile diventa un mezzo d’espressione e di rivendicazione, tutte le opere sono tese a provocare il fruitore e spingerlo ad attivare un pensiero critico rispetto a ciò che sta vedendo. Export non chiede che lo spettatore sia d’accordo con le sue idee, il suo obiettivo è un altro, ed è molto più interessante: l’opera può e deve suscitare un contrasto interno in chi guarda, deve spostare l’oggetto artistico dalla sfera dell’indifferenza e farlo diventare un elemento sismico così da smembrare tutti gli atteggiamenti psicologici precostituiti. La problematicità è il fulcro della sua concezione dell’arte.
Valie, con la sua carriera artistica, si è posta alla guida ed ha in qualche modo precorso le manifestazioni femministe della fine degli anni ’60, quelli che lo scrittore partenopeo Erri De Luca ha efficacemente definito come “anni di rame” per la rapida conduzione di idee da una parte all’altra del globo con una intensità e partecipazione che hanno conosciuto pochi eguali nella storia, e che ad oggi rimane un evento straordinario, pur essendo l’epoca moderna quella della globalizzazione e dell’interconnessione mondiale.
La performance “Tap and touch” del 1960 è una testimonianza della sua azione pionieristica. Negli anni successivi ha prodotto opere che hanno giocato un ruolo di spicco all’interno del dibattito artistico e sociale rispetto al femminismo. Tra le opere più iconiche si ricorda “GenitalPanik: ActionPants” del 1968.
Il senso della riproposizione a Londra di un’esposizione del 1980 sta nel fatto che molto si è fatto fino ad oggi in merito alla questione femminile, ma moltissimo c’è ancora da fare. Inoltre è interessante osservare quali possono essere le differenze d’approccio e le reazioni del pubblico rispetto ad uno stesso complesso di opere riproposto con quattro decenni di differenza, in modo da valutare se davvero c’è stato quel progresso sociale e culturale che ci si aspetterebbe dall’epoca contemporanea.
Lorenzo Lemos