Domenica 30 novembre 2,6 milioni di cittadini uruguaiani sono chiamati alle urne per eleggere il successore di José Alberto Mujica Cordano, meglio noto come Pepe, il presidente che ha rivoluzionato le politiche sui diritti civili in Sud America.
Si tratta, nello specifico, del secondo turno delle elezioni presidenziali andate in scena il 26 ottobre scorso. Il ballottaggio vedrà contrapposto Luis Lacalle Pou, candidato per il Partido Nacional (centro destra), a Tabaré Vazquez del Frente Amplio, partito socialdemocratico dello stesso Mujica.
Vazquez, che gode già dei solidi risultati raggiunti al primo turno (46-47%), è indubbiamente il candidato favorito. 74 anni, oncologo e radioterapeuta, Vazquez ha già ricoperto la carica presidenziale prima di Mujica, dal 2005 al 2010, diventando il primo presidente di sinistra dell’Uruguay, e si appresta ora a ricoprire quello che, secondo i sondaggi, dovrebbe essere il suo secondo mandato.
Gli aficionados di Mujica, dunque, dovrebbero vedersi almeno addolcita la pillola del suo addio, grazie al fatto che il candidato favorito condivide con “el Pepe” partito e pensiero politico. Il cosiddetto “presidente povero” ha, infatti, guadagnato milioni di simpatie nel mondo intero durante i suoi 4 anni di mandato: la rivista inglese Monocle l’ha definito “il miglior presidente del mondo”, mentre il quotidiano spagnolo El Paìs ha lodato la sua figura contrapponendola alle linee politiche populiste e demagogiche di altri presidenti latinoamericani.
Le leggi emanate del presidente ex guerrigliero tupamaro hanno stupito ed affascinato il mondo intero e dato un forte scossone alle caste ecclesiastiche e radicalmente tradizionaliste del Sud America: aborto, matrimoni gay, donazione degli organi automatica e, soprattutto, cannabis di stato.
Le misure della legge sulla marijuana legalizzata e regolarizzata dallo Stato prevedono un quantitativo limite di 10 grammi a settimana acquistabili per circa 20 pesos al grammo (un dollaro americano) e coltivazione per un massimo di 10 ettari. La nuova e rivoluzionaria normativa sulla cannabis è stata fortemente voluta da Mujica per combattere i narcos che gestiscono i traffici provenienti per lo più dal Paraguay, attualmente il maggior produttore di marijuana in Sud America, ed ha portato l’Uruguay ad una vera e propria ribalta mediatica che ha fatto di Montevideo la vera e propria Amsterdam dell’America Latina.
Ma il feeling che lega el Pepe ai liberal di tutto il mondo va oltre il suo ruolo istituzionale. Mujica è stato, infatti, uno dei protagonisti del Movimiento de Liberación Nacional Tupamaro attivo dal 1966 al 1972, ed ha trascorso 15 anni in carcere (1972-1985). Oggi, a 79 anni, el Pepe vive ancora in una piccola chacra (fattoria) alla periferia di Montevideo in cui, assieme a sua moglie, si dedica al suo orto, ha rinunciato alla residenza presidenziale e vive solo con il 10% del suo stipendio presidenziale, devolvendone il restante ad associazioni di promozione sociale.
Il carattere genuinamente campesino, umile e semplice dello stile di vita di Mujica, ne ha fatto un caso sui generis tra i capi di stato del mondo, un modello quasi utopistico, la cui profonda modestia rappresenta un lascito della guerriglia tupamara, retaggio di chi ha conosciuto galera e tortura ed ha imparato la vera natura delle priorità degli esseri umani.
L’amico scrittore ed ex-guerrigliero Mauricio Rosencof ha rilasciato dichiarazioni sull’Uruguay di Mujica:
“Non è un paese un po’ strano l’Uruguay? Un paese letterario, dove una prigione, Punta Carretas è diventata un lussuoso shopping center? Dove uno dei peggiori nemici dell’esercito, il Tupamaros Huidobro, è diventato ministro della Difesa? Dove un altro Tupamaros – el Pepe Mujica – è diventato presidente della Repubblica?”
Oggi si vota per il successore e il mandato del “presidente povero” sta per terminare, ma l’impronta rivoluzionaria data a questo piccolo paese latinoamericano promette di non svanire facilmente.
Cristiano Capuano