Come ogni anno, in settembre il presidente della Commissione UE in carica pronuncia il discorso sullo Stato dell’Unione dinanzi al Parlamento Europeo, in cui riassume sfide e risultati dell’anno appena trascorso. Il 16 settembre scorso è toccato alla nuova presidente Ursula von der Leyen.
Durato un’ora e un quarto, il discorso si è incentrato principalmente su coronavirus, futuro ambientale e difesa dei diritti nell’Unione Europea. Analizzando il primo semestre effettivo di lavoro di questa Commissione, subentrata al quinquennio a guida Juncker in seguito alle elezioni europee del maggio 2020, si nota tuttavia una sempre maggior discrepanza tra ciò che l’UE vorrebbe e la maniera nella quale essa poi agisce.
I punti principali del discorso di von der Leyen
Sul tema ambientale il problema è rappresentato dalla distanza tra la realtà europea odierna nei processi di produzione e consumo e le azioni che l’UE si è prefissata tramite il Green Deal. Sui temi della violenza di genere e dei movimenti anti-LGBTQI le parole di condanna non sono mancate; per i fatti, però, bisogna ancora aspettare. Sulla questione migratoria invece la risposta europea continua ad essere insufficiente e a tratti vergognosa, in particolare alla luce del Nuovo Patto su Migrazione e Asilo presentato il 23 settembre.
La Presidente della Commissione ha sostenuto che è necessario rafforzare il Green Deal, il piano europeo per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050. In quest’ottica ha proposto di alzare dal 40% al 55% la riduzione di emissioni entro il 2030 (rispetto ai livelli di gas serra rilevati nel 1990).
Inoltre, von der Leyen ha insistito sulla necessità dell’UE di restare al passo con la progressiva digitalizzazione globale: raccolta dati, investimenti nell’intelligenza artificiale e la costruzione di infrastrutture digitali più potenti ed estese.
Per quanto riguarda la tutela dei diritti umani, nel discorso von der Leyen ha proposto di ampliare la lista di crimini dell’Unione Europea relativi alle discriminazioni su base razziale, di genere e religione, anticipando che verrà nominato un coordinatore antirazzismo europeo, le cui funzioni ed utilità restano ancora ignote. Al contempo, la proposta di riformare il regolamento di Dublino IV avanzata durante il discorso si è rivelata una farsa la settimana successiva, con la proposta del Nuovo Patto su Migrazione e Asilo.
Dalle parole ai fatti: cosa non funziona nel discorso di Von der Leyen
Sul tema ambientale i punti critici permangono nei fatti più che nelle parole: la riduzione delle emissioni del 55% sarebbe un buon risultato, ma non vi è ancora certezza che sia sufficiente; dipenderà anche dall’impegno globale in materia, così come indicato nell’Accordo di Parigi. Per il momento è solo noto che l’ONU reputava la soglia del 40% come altamente insufficiente al fine di mantenere l’aumento della temperatura globale sotto 1.5 gradi. Se il 55% potrebbe bastare, esso si configura comunque come un semplice seguire le indicazioni minime fornite dagli scienziati, dunque niente di rivoluzionario.
Il discorso di von der Leyen sposta l’UE su una posizione rischiosa, sempre più propositiva in materia ambientale, ma sempre meno capace di interrogarsi su come conciliare l’ambiente con il proprio modello di produzione, industria e mobilità. L’investimento sul Green Deal di 1 trilione di euro fino al 2030 è certo un passo in avanti. Eppure i finanziamenti in arrivo dalla BCE si prospettano come un investimento netto maggiore di solo 7.5 miliardi di euro rispetto al quinquennio precedente. Al contempo, 29 miliardi di euro saranno destinati alla costruzione di 32 nuovi gasdotti classificati come “non necessari”.
«Dobbiamo cambiare il modo di trattare la natura, di produrre e consumare, vivere e lavorare, mangiare e riscaldarci, viaggiare e trasportare», sostiene von der Leyen. Eppure non esistono reali incentivi a cambiare i nostri modi e ritmi di consumo e mobilità. Se i fondi consacrati alla tutela ambientale sono ben pubblicizzati dall’UE, la somma altrettanto sostanziosa diretta a progetti non certo green viene nascosta ed è difficile da rintracciare. In conclusione, il rischio di greenwashing è davvero dietro l’angolo, come in Italia sta già avvenendo.
I diritti dei migranti? Neanche per sogno
Negli ultimi minuti del suo discorso von der Leyen ha affrontato il tema migranti.
Nel preannunciare il Nuovo Patto su Migrazione e Asilo, poi presentato in via definitiva la settimana successiva, von der Leyen si è profusa in frasi forti e ad effetto sull’importanza della solidarietà e del principio di umanità all’interno dell’UE. «Siamo convinti che ogni essere umano ha una solenne dignità che non può mai essere toccata, indipendentemente da dove questo individuo provenga», ha dichiarato la presidente. Eppure i fatti dicono l’opposto: il sistema di Dublino IV non è stato intaccato dalla nuova proposta di riforma e d’ora in poi la famigerata “solidarietà europea” consisterà anche nella possibilità, per lo stato che rifiuta di accogliere i richiedenti asilo sul proprio territorio, di pagare le procedure di rimpatrio al posto del paese membro di primo arrivo del migrante.
Inoltre la procedura di screening dei migranti, primo passo del calvario per il riconoscimento di uno status, verrà velocizzata e i profughi in arrivo da paesi in cui il tasso di riconoscimento dell’asilo è generalmente basso dovranno sottostare ad una procedura accelerata (quindi con minori garanzie processuali), con una sola possibilità di fare appello contro la decisione del giudice.
Nel suo discorso von der Leyen garantisce che l’Unione adotterà un approccio «umano ed umanitario» nei confronti dei migranti. Apostrofando un parlamentare di estrema destra, la Presidente della Commissione protesta dicendo che «voi predicate l’odio mentre noi vogliamo soluzioni ed un approccio costruttivo sulla migrazione, perché questo fenomeno sarà sempre tra noi».
Tuttavia, per l’ennesima volta, l’UE raggruppa migranti e richiedenti asilo a parole, mentre li separa nel momento di proporre soluzioni legislative: le possibilità d’ingresso per i migranti, la cui colpa per l’UE è evidentemente quella di non essere abbastanza sfortunati, sono di nuovo lasciate nelle mani degli Stati Membri. Solo i richiedenti asilo saranno considerati, prevedendo ancora un regime di detenzione nei centri di arrivo in attesa del giudizio sulla domanda.
Nessuna speranza, inoltre, sull’ampliamento dei canali legali di migrazione a livello comunitario. Solo un eccessivo focus sul rafforzamento dei confini esterni e sulla creazione, nel 2021, di una Guardia Costiera dell’UE. In conclusione, la creazione di un sistema di selezione dei soli migranti considerati «talentuosi» e quindi utili al mercato del lavoro europeo.
Del discorso di von der Leyen restano quindi qualche buona intenzione (sull’ambiente, in particolare, ma scollegata dalla realtà) e tanta miopia che perdura, se non peggiora, sul tema dei diritti dei migranti. La Commissione UE cerca di mantenere lo status quo su economia, confini e mobilità, riconoscendo al contempo di trovarsi di fronte a sfide globali senza precedenti che richiedono nuovi strumenti. Dove sono questi nuovi strumenti, queste nuove idee, questo cambio di rotta? Per il momento tanto fumo e niente arrosto.
Lorenzo Ghione
Ad una lettura superficiale del discorso di Von der Leyen verrebbe da dire, finslmente l’Europa di muove! Pur non essendo assolutamente consequenziale a tali intenzioni e non facendo nulla contro paesi facenti parte dell’Unione che si comportano in modo opposto a quelli che dovrebbero essere i principi essenziali dell’Unione europea ( vedi gruppo di Višegrad).
Poi raschiando il fondo si comprende che più di tanto ora non si vuole cambiare, ma questo é forse dovuto alla necessità di non alterare eccessivamente gli equilibri interni dell’unione, impestata da troppi interessi nazionali e nazionalistici. Aspetteremo e vedremo, intanto é sempre un piacere leggerti.