Prometeo, il mito - Fonte: https://www.edu.lascuola.it/edizioni-digitali/Binario9_3-4/PDFagg/a1/epica1.pdf
Prometeo, il mito - Fonte: https://www.edu.lascuola.it/edizioni-digitali/Binario9_3-4/PDFagg/a1/epica1.pdf

Il mito, termine che deriva dal greco antico μῦθος, “racconto” nasce dall’esigenza degli uomini di dare una spiegazione a fenomeni difficili da comprendere nell’immediato; venne, perciò, naturale a un certo punto far ricorso a figure che, appartenenti a un mondo altro, potessero chiarire, giustificare ciò che accadeva nel quotidiano, dal comportamento degli uomini ai fenomeni naturali.

Uno tra questi è il mito di Prometeo, dal greco antico Προμηθεύς, “colui che riflette prima”, il titano che, sfidando l’ira e il potere degli dèi, rubò loro il fuoco per darlo agli uomini affinché questi potessero riscaldarsi, cuocere il cibo, foggiare armi, costruire case e fabbricare le navi per «solcare senza pericolo il mare infido», come racconta Esiodo nella sua Teogonia:

«“Vi porto il fuoco!” gridò il gigante agli uomini che lo attendevano “Vi porto la vita, la civiltà, la gioia!” E, accatastate molte fascine secche e gettativi sopra gli scintillanti tizzoni rubati a Vulcano, Prometeo accese un immenso rogo che salì fino al cielo, mentre le grida gioiose degli uomini scotevano tutto l’Universo e giungevano fino all’Olimpo» (traduzione tratta da Esiodo, Il mito di Prometeo, Editrice La Scuola).

Il significato profondo del racconto

Nato da Giapeto e Climene, rispettivamente figli di Urano e Gea e di Oceano, Prometeo è uno dei Titani, generazione di divinità che precedono Zeus: essi, infatti, dopo aver perso la battaglia contro il padre degli dèi dell’Olimpo, vennero gettati nel Tartaro.

Di Prometeo viene detto che voleva bene agli uomini, che allora vivevano in miseria, senza né armi né vestiti, in mondo senza luce. Dunque, nonostante egli, potendo prevedere il futuro, sapesse che le sue azioni avrebbero scatenato l’ira di Zeus, decise comunque di rubare il fuoco agli dèi per portarlo agli uomini.

Le conseguenze di questo gesto sono narrate dalla tragedia di Eschilo, che a questo mito aveva dedicato una trilogia, della quale rimane il “Prometeo incatenato”, inscenata per la prima volta nel 460 a.C: Zeus ordina ad Efesto di incatenare Prometeo il filantropo al Caucaso; il fegato del Titano sarebbe poi diventato cibo di un’aquila, che si sarebbe recata sul luogo continuamente per nutrirsi.

Ma, al di là del racconto, chi è Prometeo e qual è, dunque, il messaggio che si può trarre da questo mito?

Al centro vi è l’uomo, soggetto al proprio destino e alla mortalità. Il fuoco rappresenta la τέχνη, la tecnica, di cui l’uomo ha bisogno per la sua sopravvivenza, ciò di cui l’uomo si serve per dominare la sua condizione, la natura; in senso lato, si può parlare di ragione e progresso.

L’atto di Prometeo, che si oppone all’autorità divina, è quello che gli antichi greci chiamavano ὕβρις, tracotanza, e Prometeo, dunque, si configura come un overreacher, perché oltrepassa – e fa oltrepassare – i limiti delle condizioni imposte dall’alto.

Frankenstein o il moderno Prometeo: la responsabilità della scienza

Quello dell’overreacher e del penetrare i segreti della natura sono i due temi che hanno permesso a Mary Shelley di intitolare il suo romanzo “Frankenstein, or The Modern Prometheus”, pubblicato anonimamente nel 1818.

Mary iniziò a scrivere Frankenstein nel 1816, e le sue origini sono diverse: a influenzare notevolmente la scrittrice è stato sicuramente il proprio vissuto, in particolare la morte della madre, avvenuta dieci giorni dopo averla data alla luce; grande ispirazione ha tratto anche dalle storie di fantasmi lette insieme a Percy Bysshe Shelley, suo compagno, e al poeta George Gordon Byron a Villa Diodati, presso cui si erano recati. Inoltre, fondamentale è stato l’interesse per la scienza: in particolare, nel romanzo si fa riferimento al galvanismo di Luigi Galvani, il quale durante un esperimento scoprì che, toccando una rana morta con un arco conduttore, questa si muoveva.

E queste teorie scientifiche ritornano nell’esperimento del Dr. Frankenstein, che, utilizzando la scienza, supera i limiti dell’essere umano e, come un dio, crea un nuovo essere vivente assemblando parti prima appartenute a cadaveri.

Ma il frutto delle sue fatiche si rivela un mostro che, come l’uomo naturale di Rousseau, in un primo tempo ha un animo buono, è incorrotto, ma poi, scoprendosi rifiutato dalla società e dal suo stesso creatore, finirà per distruggere tutto ciò che incontra.

È questo il prezzo che il Dr. Frankenstein dovrà pagare per aver peccato di ὕβρις, per essere andato al di là delle sue possibilità, per aver voluto sfidare l’autorità divina e aver voluto rovesciare l’ordine naturale delle cose. E qui si innesta anche il tema più laico della responsabilità della scienza nei confronti della natura e dell’umanità, un tema più che mai attuale in una società caratterizzata da un costante progresso scientifico e tecnologico, con tutti i pro e i contro che ne conseguono.

Mariella Rivelli

Mariella Rivelli
Nata e cresciuta a Potenza, in Basilicata, dove ho conseguito un diploma di maturità classica, ho studiato poi a Napoli Mediazione Linguistica e Culturale e Letterature e culture comparate. Curiosa, appassionata di lingue e culture straniere, amante della lettura, della scrittura e di ogni manifestazione culturale, durante le mie esperienze di studio e di lavoro all'estero ho imparato che non si possono esplorare e apprezzare mondi diversi senza conoscere il proprio. Credo fermamente che la determinazione sia fondamentale per raggiungere i propri obiettivi.

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