La propaganda è l’arte di persuadere attraverso mezzi di comunicazione vocali o visivi in grado di trasmettere efficacemente idee e informazioni, soprattutto di stampo politico. Dunque l’obiettivo è la persuasione e lo strumento fondamentale è la retorica, cioè quella forma discorsiva pregna di simboli, concetti, immagini e allegorie.
Platone scisse nel Gorgia:
«La retorica , dunque, a quanto pare, è artefice di quella persuasione che induce a credere ma che non insegna nulla intorno al giusto e all’ingiusto».
Le finalità persuasive della propaganda sono molteplici, soprattutto quelle di scatenare emotività e d’istillare credenze. La propaganda politica contemporanea attraverso i bombardamenti mediatici ha fortemente influenzato i comportamenti e le scelte socio-politiche delle masse.
L’attuale governo giallo-verde ha sfruttato ampiamente il metodo comunicativo incentrato sulla persuasione e non solo per legittimarsi democraticamente, ma per stimolare gli istinti più retrivi dell’elettorato. Fare appello, attraverso una narrazione paradossale della realtà, all’irrazionalità e all’impulsività. Infatti la corruzione ideologica è la risultante di una propaganda diffusa che si propaga attraverso la consensualità passiva dei cittadini. Del resto ogni classe politica dominante dispone di un vastissimo piano di sfruttamento e dominazione politico-ideologica per mantenere il suo potere, ragion per cui ricoprono un ruolo fondamentale la comunicazione e l’informazione.
Necessitano dello strumento dell’informazione per mantenere questa loro situazione e tenderanno sempre più ad avere il controllo delle imprese che si occupano dell’informazione.
Il recente programma televisivo Alla Lavagna! è il classico esempio di propaganda politica nelle scuole, i luoghi par excellance della formazione statale. Questo programma ha come scopo quello di esaltare la semplicità, l’umiltà e la popolarità dei ministri del governo che si dilettano con gli alunni di varie classi elementari e medie, a dare prova del proprio ego in un contesto farsesco e, a tratti, grottesco. Il fine ovviamente è svolgere propaganda governativa. Il politico di turno si presenta da abile comunicatore utilizzando la comunicazione verbale e non-verbale, disponendo così l’ascoltatore nel modo più funzionale alle intenzionalità discorsive, cioè all’auto-convincimento. Infine s’effettua la prova dimostrativa, utilizzando fatti incontestabili e considerati assolutamente certi, che dovrebbe sancire il convincimento del destinatario del discorso. Tutto ciò deve avvenire lasciando percepire credibilità, affidabilità e simpatia.
La propaganda dev’essere circoscritta ad alcuni semplici fondamenti da esprimere il più possibile attraverso formule stereotipate. Tali slogan devono essere ripetuti con insistenza affinché creino appartenenza identitaria e sudditanza psicologica. Ciò significa che nell’attuale società democratica i padroni non devono più indossare le insegne o i costumi che li costituirebbero come detentori del potere: possono vestirsi e agire come tutti gli altri, rinunciando a qualsiasi solennità. Il messaggio che viene da tale propaganda è quello di apparire come esseri comuni – e spesso anche deboli e impauriti dalle circostante di tutti i giorni. Ovviamente questa operazione «onesta» è molto ingannevole. Per quanto possano sembrare comuni, continuano ad affermare il loro pieno potere, forse in modo ancora più diretto rispetto al padrone tradizionale. Lasciano che l’immagine pubblica di sé venga castrata simbolicamente in tutti i modi possibili, mentre fanno tutto quel che vogliono. La castrazione simbolica (dimostrazione di debolezza, di similarità) diviene mezzo per rendere esecutivo e perpetuare un potere illimitato. Dunque, questa maschera è il mezzo/strumento/modo stesso attraverso cui il potere viene esercitato.
Attraverso ciò, il governo Lega-M5s sciorina quotidianamente i princìpi del sovranismo, una sorta di revanscismo nazionalista, con lo scopo di diffondere l’ideale di una nazione armoniosa, pura e prospera, costruita su valori quali: Dio, patria e famiglia naturale. Dietro tale mistificazione c’è l’interesse di una classe politica nel creare una forte appartenenza patriottica che camuffi i reali rapporti materiali di sfruttamento che il capitale esercita a danno delle masse salariate. Infatti, la propaganda razzista ha consolidato il potere del governo costruendo ad hoc un oggetto fobico (il migrante) che ha scatenato un antagonismo sociale focalizzato sul mantenimento dell’identità. Di conseguenza s’è venuto a formare un corpo socio-politico con una forte necessità d’identificarsi in un leader politico che indicasse loro come combattere le minacce causate dalle intrusioni straniere. Quindi, il diverso è divenuto una minaccia per l’identità nazionale ma, al contempo, il riferirsi a esso ha fondato un’identità nazionale. In breve si comprende la contraddizione: l’identità nazionale emerge come reazione di difesa a ciò che la minaccia, cioè lo straniero; ma la domanda sorge spontanea; cosa sarebbe un nazionalista senza lo straniero?
La propaganda fa sì che l’uomo diventi esso stesso mezzo di propaganda. La propaganda manipola gli uomini; gridando libertà e prosperità contraddice se stessa, poiché la falsità è inseparabile da essa. I politici creano una comunità della menzogna ma, anche se dovessero dire verità, quest’ultima sarebbe solo uno strumento per acquisire seguaci. Gli interessi dell’industria non collimano con quelli dei consumatori, gli interessi dei politici non collimano con quelli dei lavoratori.
G. Orwell in 1984 descrive un meccanismo mentale: il bi-pensiero. Ovvero un’induzione mentale che ogni determinato individuo subisce, con la derivante sudditanza psicologica verso l’ortodossia dogmatica dominante. Infatti, basta impedire all’individuo, attraverso i mezzi di divulgazione, d’educazione e d’informazione, di discernere il vero dal falso in modo che risulti impossibile sviluppare un’idea logica e coerente. Ciò avviene sostenendo delle verità tra loro contrapposte e stimolando l’assenza di memoria riguardante ogni gesto compiuto o parola espressa; se l’indecisione e l’arbitrarietà ideologica investono l’intero scibile, si rinuncerà al proposito stesso di avere un’idea propria. Un uomo a-critico che non ha basi per giudicare (e che lentamente dis-impara del tutto a farlo) non potrà mai ribellarsi a un ordine precostituito.
G. Orwell scrisse:
«La pace è guerra, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza».
V’è sempre una differenza sostanziale e incolmabile tra realtà e rappresentazione della stessa.
Gianmario Sabini