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Una lavoratrice di un albergo di Sinuiju, in Corea del Nord (foto scattata da Mihaela Noroc)

L’oppressione e la discriminazione di genere sono una realtà quotidiana per le donne in Corea del Nord. Nonostante il governo sostenga di promuovere l’uguaglianza di genere, continuano a subire discriminazioni e violazioni dei diritti umani fondamentali: sono costrette a lavorare in condizioni precarie, con salari bassi e senza alcuna protezione legale. Inoltre, il loro accesso all’istruzione è limitato, essendo spesso forzate ad abbandonare la scuola per sposarsi o lavorare. Tuttavia, nonostante queste difficoltà, le donne ricoprono un ruolo cruciale nella società, nella politica e nell’economia nordcoreana.

Durante il XX e il XXI secolo, le organizzazioni femminili come la Korean Women’s Socialist League hanno permesso alle donne di partecipare alla lotta comunista, rivelandosi fondamentali. Difatti, la rivoluzione comunista nordcoreana è stata sostenuta da entrambi i sessi – a differenza di quelle occidentali, basate sul sostegno maschile – con un impatto molto forte sulla società. Oltre a ciò, sono le responsabili della famiglia comunista ideale, in quanto si occupano di trasmettere l’ideologia nazionale ai bambini. Il loro ruolo, anche in questo caso, è una delle principali fonti di successo del regime comunista. Inoltre, oggi molte donne imparentate con i leader del Paese occupano posizioni di potere, mentre la maggior parte della popolazione femminile gestisce il commercio informale.

Ancora una volta, la Corea del Nord risulta essere un Paese pieno di contraddizioni: le donne sono discriminate ma, allo stesso tempo, ricoprono ruoli importanti nella società e nell’economia del Paese. La loro partecipazione attiva alla vita pubblica e politica, dalla rivoluzione comunista ad oggi, dimostra la loro capacità di influenzare la storia e la società nordcoreana. Tuttavia, nonostante i loro successi, continuano a lottare per l’emancipazione, le pari opportunità e i diritti fondamentali.

Il patriarcato e l’ideologia Juche, un mix contraddittorio che ha alimentato l’indipendenza delle donne

Donne nordcoreane che lavorano a una catena di montaggio nel complesso industriale di Kaesong
Donne nordcoreane che lavorano a una catena di montaggio nel complesso industriale di Kaesong (fonte: Getty Images, scattata da Chung Sungjun)

La Corea del Nord è uno dei paesi più isolati al mondo, noto per il suo governo autoritario e l’ideologia di Stato chiamata Juche. Tale concetto, come spiegato nel capitolo The Cultural Dimension and Context of North Korean Communism del libro Korean Studies (Vol. 18), è traducibile letteralmente come “corrente principale” o “corrente tradizionale” e sottolinea il ruolo del popolo coreano come responsabile del progresso della nazione. La dedizione al lavoro, il sacrificio per la famiglia e la lealtà verso il Paese sono divinizzati e resi tratti fondamentali del “perfetto rivoluzionario”. Inoltre, l’ideologia Juche sottolinea l’importanza dell’autosufficienza di tutti i cittadini nordcoreani, comprese le donne.

Contrariamente a ciò a cui ambiva il regime, la retorica di “autosufficienza” e dedizione al lavoro ha facilitato l’indipendenza delle donne dallo Stato. Di fronte alle limitate opportunità economiche ufficiali, le donne hanno sfidato i rischi del commercio informale e lo hanno utilizzato come mezzo per sostentare le proprie famiglie. Il baratto locale, iniziato per contrastare il collasso del sistema di distribuzione pubblica negli anni ‘90, ha consentito alle donne di diventare le capofamiglia non ufficiali dell’odierna società nordcoreana. Si stima che le casalinghe nordcoreane guadagnino oltre il 70% del reddito familiare attraverso il commercio illegale. Di conseguenza, le donne stanno conquistando sempre più potere economico e autonomia, mentre gli uomini, che sono chiamati a lavorare per lo Stato anche in assenza di uno stipendio, stanno diventando sempre più dipendenti finanziariamente.

Ciò ha avuto importanti conseguenze sociali, come l’elevata dipendenza dal commercio informale per beni primari e stranieri e il fallimento dell’autocrazia. Le nuove generazioni di nordcoreani sono sempre più deluse dai propri leader e guidate da interessi personali. Lo Stato, pertanto, ha tacitamente riconosciuto il fallimento della sua economia nel soddisfare i bisogni della popolazione. Infatti, oltre 400 mercati informali sono ora regolamentati dallo Stato, con tasse imposte ai venditori per controllare prezzi e profitti.

In generale, ci si aspetta che l’aumento del potere economico e dell’autonomia delle donne nordcoreane continui a mettere in discussione la tradizionale gerarchia di genere e a influenzare la politica e l’economia del Paese. Tuttavia, il regime nordcoreano, noto per la sua forte repressione e il controllo sulla popolazione, potrebbe continuare a resistere ai cambiamenti sociali e a opporsi alla perdita di potere. In ogni caso, l’evoluzione dei ruoli di genere in Corea del Nord è destinata a essere una delle questioni più importanti e interessanti da seguire nei prossimi anni.

Abusate da chi dovrebbe proteggerle

Il report di Human Rights Watch pubblicato nel novembre 2018, You Cry at Night, but Don’t Know Why, è basato su 54 interviste di donne fuggite dalla Corea del Nord dal 2011 in poi. Questo documento rivela le frequenti violenze sessuali da parte di funzionari governativi, poliziotti e soldati. Il commercio illegale è il luogo in cui le violenze dilagano maggiormente. L’abuso è così “normalizzato” che quasi nessuna donna ha pensato di sporgere denuncia contro i responsabili e molte di loro non erano nemmeno consapevoli di aver subito delle violenze. Una delle intervistate rivela che «una donna, non ha altra scelta che soddisfare le richieste, che siano sesso, denaro o altri favori».

Il report sottolinea che la violenza sessuale è spesso associata ad altre forme di violenza, come la tortura e la detenzione arbitraria. Le donne vengono spesso arrestate e detenute senza processo per mesi o addirittura anni. Durante questo periodo, sono spesso sottoposte a interrogatori brutali, che possono includere torture fisiche e psicologiche. La violenza sessuale viene utilizzata come un mezzo per ottenere informazioni o per punire le donne che vengono considerate “nemiche dello Stato”.

Il report di Human Rights Watch denuncia anche la mancanza di responsabilità penale per chi si macchia di violenza sessuale. Le donne che subiscono violenza non hanno modo di ottenere giustizia, poiché la legge nordcoreana non prevede una definizione chiara di violenza sessuale e chi denuncia di solito non viene creduto.

La Corea del Nord tenta di dipingersi come un paradiso socialista privo di criminalità, in cui solo cinque persone sono state ufficialmente condannate per stupro nel 2015 e sette nel 2011. Tuttavia, stando ai racconti di molte donne fuggite dalla Corea del Nord, la realtà sembra essere ben diversa. I ricercatori hanno scoperto che concetti come violenza domestica e violenza sessuale non hanno una definizione chiara: la lingua stessa usa una serie di eufemismi che spesso minimizzano la gravità dell’atto.

Anche le violenze domestiche, così come le violenze sessuali, sono un problema molto diffuso e spesso restano impunite. Inoltre, le donne che cercano di fuggire dal Paese sono spesso vittime di traffico e sfruttamento sessuale.

La tratta delle schiave in Corea del Nord e Cina

Hyeonseo Lee, una rifugiata nordcoreana, parla della sua esperienza sul palco di TED
Hyeonseo Lee, una rifugiata nordcoreana, parla della sua esperienza sul palco di TED (fonte: TED, scattata da James Duncan Davidson)

In Corea del Nord la prostituzione è ufficialmente vietata e considerata un grave crimine. Tuttavia, questa attività illegale è presente nel Paese, anche se in modo nascosto e limitato. Secondo alcune fonti, il governo nordcoreano avrebbe creato un’unità speciale chiamata Kippumjo (“squadra del piacere”), composta da circa 2.000 donne che sono incaricate di fornire servizi sessuali ai funzionari di alto rango del regime. Questo gruppo di donne viene selezionato in giovane età e istruito per diventare delle “donne perfette” in grado di soddisfare ogni desiderio dei loro clienti. Tuttavia, l’accesso a queste informazioni è estremamente limitato e il governo nega l’esistenza di tale pratica.

La situazione delle donne in Corea del Nord è particolarmente difficile, soprattutto per coloro che tentano di emigrare in cerca di una vita migliore. Il traffico di esseri umani è una realtà diffusa nel Paese e coinvolge donne e ragazze che vengono spesso vendute all’estero, principalmente in Cina. Qui, molte di loro sono costrette a prostituirsi o a sposarsi con uomini cinesi, senza possibilità di scelta. Altre, invece, vengono rapite dai trafficanti all’arrivo in Cina, dopo essere fuggite volontariamente in cerca di cibo o lavoro.

Le donne sotto il regime di Kim Jongun

Il regime di Kim Jongun ha tentato di migliorare la situazione delle donne attraverso una serie di politiche ufficiali, tra cui la promozione delle donne in posizioni di potere e l’eliminazione della discriminazione di genere nel lavoro e nell’educazione. Tuttavia, queste politiche sono state in gran parte inefficaci, a causa della persistenza di stereotipi di genere radicati nella società e delle difficoltà economiche del Paese.

Kim Jongun è stato il primo a nominare donne in posizioni di alto profilo, come Kim Yojon, sua sorella, e Choe Sonhui, l’attuale Ministro degli Esteri, che hanno una notevole influenza sugli affari nordcoreani. Inoltre, recentemente si è discussa l’eventualità che la figlia di Kim Jongun, Kim Juae, possa essere il prossimo leader del Paese. Questa prima generazione di donne in politica costituisce quasi il 18% del governo della Corea del Nord, appena l’1,5% in meno rispetto alla Corea del Sud, con donne che hanno intrapreso la carriera politica a partire dagli anni ‘80. Eppure, nonostante l’impegno costituzionale per le pari opportunità, la maggior parte delle donne è spesso formalmente esclusa dalla partecipazione ufficiale all’economia, alla società e alla politica nordcoreane. Tuttavia, le loro attività informali restano ancora oggi il motore trainante dell’economia e della comunità, che gestiscono per conto degli uomini.

In sintesi, la situazione delle donne in Corea del Nord è estremamente allarmante, poiché vivono in un regime che nega loro la dignità e la libertà. La discriminazione di genere e le violenze sono purtroppo molto comuni. È fondamentale che la comunità internazionale si schieri contro queste gravi violazioni dei diritti umani e faccia pressione sul governo nordcoreano, affinché garantisca il rispetto dei diritti delle donne. Nonostante le difficoltà, la determinazione e la resistenza delle donne nordcoreane rappresentano una speranza per il futuro del Paese. Sostenere il loro lavoro e porre fine alle violazioni dei diritti umani sono aspetti fondamentali per creare una società più giusta e libera per tutte le donne nordcoreane. Tuttavia, solo un cambiamento radicale del regime e un’apertura maggiore del Paese potrebbero davvero migliorare le loro condizioni di vita e tutelarne i diritti.

Matthew Andrea D’Alessio

Matthew Andrea D'Alessio
Sono nato nel 1999 e ho trascorso la mia infanzia leggendo libri e scrivendo storie. Questa passione mi ha spinto a intraprendere gli studi umanistici all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, dove mi sono laureato in lingue orientali. Convinto che la conoscenza debba essere alla portata di tutti, collaboro con Libero Pensiero per diffondere l’informazione nel rispetto dell’obiettività giornalistica.

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