Che l’Alfa Romeo fosse indissolubilmente legata a Milano per storia e posizionamento identitario era fino a qualche giorno fa un fatto assolutamente indubbio: un assioma, un dogma, insomma, una verità accertata ed accettata difficilmente confutabile. Eppure, a confutarla, c’ha pensato Adolfo Urso, titolare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che, giorni fa dichiarava illegale il nome “MILANO” per il nuovo modello di sportiva del Biscione perché in violazione della legge sull’Italia Sounding. Trattasi, infatti, di una vettura prodotta in Polonia, dal gruppo Stellantis. Ma è davvero tutto qui?
Cos’è un nome?
«Cos’è un nome?» Chiedeva Giulietta (che coincidenza!) al suo amato Romeo, e continuava, «quella che chiamiamo ‘rosa’ anche con un altro nome avrebbe il suo profumo». Probabilmente, se al fianco dell’innamorata di Verona ci fosse stato il Ministro Urso, la risposta a tale battuta sarebbe stata uno stentoreo “no”: il nome è sostanza dell’oggetto e, essendone sostanza, non può che essere, di quello stesso oggetto, rappresentazione didascalica. Dopotutto, perché non aspettarsi di trovare un adorabile orsetto dagli occhi cerchiati di nero nella Panda o un oggetto da spezzare in favore di qualcuno guidando la Lancia.
Ironia a parte, quello che doveva essere il lancio di un nuovo modello di automobile si è ben presto trasformato in un caso di attualità politica, risolto in brevissimo tempo con il beneplacito di Jean-Philippe Imparato, CEO del brand, che, pur ribadendo la totale liceità del nome “MILANO” per la nuova Alfa Romeo, ha accettato questo “cambio di rotta” da Milano verso “Junior”, con buona pace anche del marketing dell’Alfa Romeo che ha immediatamente predisposto una comunicazione riparatoria e goduto di una inaspettata pubblicità aggiuntiva.
E Stellantis?
Ecco. Ora al di là della questione di pura onomastica, la vicenda Alfa Romeo pone una serie di interrogativi a cui, caro lettore, entro la fine di questo articolo probabilmente sarai in grado di dare risposte anche da solo. È davvero la questione del nome di una nuova sportiva il solo problema che il titolare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy deve affrontare nel rapportarsi con Stellantis, proprietaria del marchio Alfa Romeo?
È notizia di poco più di tre settimane fa, il via libera dato ai tavoli di negoziazione tra il Ministro Urso ed il gruppo industriale internazionale per la definizione delle prossime strategie di investimento in Italia e, mentre scriviamo, vengono pubblicati articoli che annunciano la sospensione delle attività produttive della Carrozzeria Mirafiori, storico stabilimento FIAT di proprietà Stellantis, fino al mese di giugno per mancanza d’ordini.
Nel frattempo, Azione di Carlo Calenda, rivolge alle parti l’accusa di essere ormai fuori tempo massimo e di non aver fatto abbastanza nel 2020 – né tantomeno di farlo ora, nel 2024 – nel fornire allo Stato italiano le opportune garanzie occupazionali e d’impresa nell’apertura della linea di credito di oltre 6 miliardi a favore Stellantis da parte di SACE, la società statale di assicurazione del credito. Linea di credito peraltro rimborsata totalmente anche con un anno di anticipo rispetto alla data di scadenza.
A prima vista, sembrerebbe uno scacchiere, quello appena descritto, a dir poco affollato: da una parte, istituzioni locali, sigle sindacali e associazioni di categoria a chiedere un nuovo rilancio industriale, dall’altra, la direzione aziendale a far ricadere la responsabilità, per la mancanza d’ordini negli stabilimenti italiani, alla mancata corrispondenza dell’aiuto statale. Al centro de il Governo “del Made in Italy”, che ora deve muovere le sue pedine, in uno scenario tutt’altro che sereno e favorevole per l’industria automotiva italiana.
Vista in questa prospettiva quindi viene spontaneo chiedersi: a cosa stiamo assistendo davvero? Ad una sola inefficace scala delle priorità ministeriale che dedica attenzione al nome di un SUV? O forse quella dell’Alfa Romeo MILANO è stata una dimostrazione di forza nel più ampio novero della questione Stellantis?
E, soprattutto, sarà possibile tornare a chiamare un nuovo modello di auto prodotto dal gruppo Stellantis con il nome di una città italiana senza infrangere nessuna legge? Noi stiamo immaginando la nuova Torino.
Edda Guerra