Mentre sul versante del Mediterraneo l’Unione Europea immagina, così come aveva già proposto Daniela Santanchè, di distruggere i barconi degli scafisti ed aumentare la sorveglianza militare per respingere i migranti prima che possano partire dalle coste del Nord Africa, sul versante dell’Europa Orientale la Bulgaria ha già una soluzione pronta al problema dell’immigrazione: un muro lungo circa un centinaio di chilometri, con filo spinato e guardie armate pronte a respingere i disperati che dalla Siria, passando per la Turchia vogliono arrivare in Bulgaria, nella speranza di trovare finalmente pace nel nostro continente.
La Bulgaria è un paese dell’area post-sovietica, che dal 2007 fa parte dell’Unione Europea, che sta affrontando una situazione economico-politica così difficile da qualificarlo come il paese più povero fra i 28. Qui il governo deve fronteggiare un’immigrazione massiccia e difficile da gestire per un paese che comunque non conta su una situazione economica propriamente solida, e che per via di ragioni geografiche si ritrova in punto di passaggio, il confine con la Turchia, da cui i siriani tentano di appoggiarsi per far ingresso nell’Unione Europea, per poi raggiungere i propri parenti nei paesi del Nord Europa come la Germania o la Svezia.
Fatta questa giusta premessa sulle effettive difficoltà per la Bulgaria di accogliere più di 11.000 richieste di asilo all’anno, l’approccio scelto dal governo di Sofia risulta in verità contrario ad ogni idea di umanità. Secondo l’ultimo rapporto sulla Bulgaria di Human Rights Watch, la polizia di frontiera bulgara perpetrerebbe continui abusi nei confronti dei profughi, perlopiù siriani, che cercano di attraversare il confine, venendo continuamente respinti tramite l’utilizzo della forza bruta. Secondo il rapporto di Human Rights Watch al confine con la Turchia, sarebbero stanziati ben 1.500 poliziotti bulgari, più un considerevole contingente di guardie di frontiere fornite dall’agenzia europea Frontex. Secondo le interviste condotte dalla ONG a centinaia di migranti nei centri di detenzione di Busmantsi, Lyubimets e Elhovo, testimoniano come le guardie di frontiera bulgare siano solite picchiare i profughi, utilizzando anche manganelli e cani addestrati allo scopo. Senza entrare nel dettaglio del reportage, che potete comunque consultare liberamente dal link contenuto nell’articolo, ciò che importa comprendere è come, nelle idee del governo Bulgaro, l’unica politica da rispettare in tema di diritto all’asilo ed immigrazione è: «Nessuno può attraversare i confini della Bulgaria, anche a costo di violare i diritti umani». Ed è proprio nel solco di questa linea programmatica che il governo bulgaro ha progettato un «piano di contenimento», predisposto dal ministero degli Interni, che oltre ad un inasprimento dei controlli, ha previsto la costruzione di un muro lungo un centinaio di chilometri al confine con la bulgaria, con la previsione di una guardia ogni cento metri al fine di garantire che anche i «controllori» possano tenersi d’occhio. Di questi circa 630 chilometri, previsti nel 2013 dal governo di Sofia, ne sono già pronti 30 ed entro l’estate le autorità contano di poter completare l’opera.
Che tutto questo avvenga all’interno del nostro continente, all’interno dell’Unione Euoropea, che nei preamboli dei suoi trattati e nelle conferenze pubbliche vanta un senso di civiltà e di umanità senza precedenti, sì questo sì che è uno scandalo. Uno scandalo che comunque non è nuovo per un’organizzazione internazionale che, nonostante le migliori premesse, sembra ogni giorno di più deludere le proprie stesse aspettative. Nonostante annunci vari, è chiaro che senza una politica europea di asilo che sia veramente comunitaria e senza un piano di accoglienza, che non sia controllo militare delle frontiere, è ovvio che casi come quello della Bulgaria continueranno ad inorridire i cittadini di tutto il mondo.
Antonio Sciuto