Non è ancora certo ma, si spera, che l’incubo delle ragazze rapite circa un anno fa dal liceo di Chibok sia finalmente finito. L’annuncio è arrivato ieri tramite un comunicato stampa diffuso dall’esercito Nigeriano. Sarebbero state tratte in salvo, tramite un operazione militare, 200 ragazze e 93 donne, ostaggio dei terroristi legati al gruppo di Boko Haram.
I miliziani, che da poco hanno annunciato la fedeltà allo Stato Islamico, stanno diffondendo terrore in tutto il paese e lo stato, come può, cerca di difendersi. Quello di questi giorni, però, è stato un duro colpo per quello che era uno dei principali ripari del gruppo terroristico al nord est della Nigeria.
“Questo pomeriggio, le truppe, hanno preso e distrutto tre campi, situati nella foresta di Sambisa, utilizzati come base dai terroristi”, ha affermato Chris Olukolade portavoce dell’esercito nigeriano, aggiungendo che: “All’istante, non possiamo confermare che le ragazze sono le studentesse rapite nella zona di Chibok. Stiamo verificando l’identità di tutte le persone tratte in salvo”.
Dunque, ancora non si può dire con certezza che alcune di loro facciano parte delle 276 studentesse rapite il 14 aprile 2014. 57 riuscirono subito a scappare ma, delle restanti 219 non si ebbero mai più notizie. La storia fece subito il giro del mondo scatenando un emozione senza precedenti. Molti si unirono al messaggio lanciato da Michelle Obama e dal premio nobel per la pace Malala : “Bring Back Our Girl”. Ma, l’ultimo messaggio, a conferma del loro stato di prigionia, era stato diffuso tramite un video nel maggio 2014. Le giovani, in quei fotogrammi, venivano riprese mentre leggevano versi del corano.
Aboubakar Shekau, leader di Boko Haram, aveva avvertito che le ragazze sarebbero state convertite all’Islam per poi essere date in sposa ad alcuni miliziani. Purtroppo però, in Nigeria succede anche altro. I crimini commessi dai gruppi terroristici sono molti, come ricordano i report delle varie organizzazioni umanitarie. Le stesse che denunciando, giorno per giorno, tutte le brutalità nei confronti dei più deboli, in un paese dove in 6 anni si contano circa 15000 morti.
Giuseppe Ianniello