Cinque motivi per vedere (o rivedere) La Favorita di Yorgos Lanthimos, in occasione dei Cinema Days 2019, dall’1 al 4 Aprile
I Cinema Days, l’iniziativa del Ministero dei Beni Culturali per far tornare gli spettatori nelle sale, rappresentano un’ottima occasione per rivedere i film più belli del 2018 e del 2019 a un prezzo ridotto di soli 3 euro (per aggiornamenti sulle sale aderenti, vi consigliamo di tenere d’occhio il sito dei Cinema Days). Tra questi vi consigliamo sicuramente ‘La Favorita’, il film che, insieme a Roma di Alfonso Cuaron, ha ricevuto il maggior numero di candidature, dieci, agli ultimi Oscar.
Ecco 5 buoni motivi per vederlo (se non l’avete ancora fatto) o rivederlo:
1.Perché è un film filosofico. La Favorita è un film sul potere. E sulla sopravvivenza. Di un’attualità impressionante per un film in costume. Il racconto tragicomico di gelosia e intrighi personali e politici alla corte di Anna Stuart offre lo spunto per una riflessione sulla condizione di 3 donne: la regina Anna (donna fragile e malata, colpita da diverse disgrazie nel corso della vita e tormentata da pensieri suicidi) e le sue favorite, Sarah e Abigail: la prima – fieramente patriottica – è entrata col tempo nelle grazie della regina e usa la sua influenza per indirizzarne le decisioni e difendere il marito e la nazione; la seconda, nata nobile e finita povera a causa del padre che l’ha venduta per un debito di gioco, vuole riscattarsi e riconquistare ciò che le spetta. A entrambe serve il potere, entrambe sono determinate nel mantenerlo, e si dimostrano pronte a tutto.
2. Per le straordinarie protagoniste femminili. Per La Favorita un trio di perfette interpretazioni: Olivia Colman, Rachel Weisz ed Emma Stone. La Colman, imbruttita e appesantita per calarsi nei panni della regina Anna, sovrappeso e tormentata dalla gotta, è semplicemente superba: combina un pathos infantile con una sregolatezza da regina e lascia trasparire un palpabile senso di dolore e angoscia esistenziale. Rachel Weisz interpreta alla perfezione la risolutezza d’acciaio di Sarah. Impavida, fiera e autoritaria, riesce a tener testa alle pressioni di una corte di uomini relegati a semplici spettatori della politica del regno (immagine resa ancor più forte dall’usanza maschile dell’epoca di usare trucco e parrucche incipriate). Anche la Stone è eccellente, negoziando il passaggio tra l’apparente innocenza e la determinazione con sottigliezza.
3. Per l’uso della fotografia. Le immagini enfatizzano dialoghi e concetti in modo quasi grottesco. Abigail costretta alla povertà per un destino avverso, appena arrivata al palazzo della regina casca nel fango. La perversione dell’anima viene raccontata anche a livello visivo. Gli obiettivi grandangolari usati da Robbie Ryan, direttore della fotografia, piegano gli angoli del mondo raccontato, quello dell’Inghilterra del XVIII secolo, in un modo che è in parte sogno, in parte incubo. La vita del palazzo è una realtà ermeticamente sigillata, scollegata da un tempo e un luogo specifici. È come se lo spettatore osservasse il tutto da un buco sulla parete.
4. Per il regista, Yorgos Lanthimos. Nato e cresciuto ad Atene, Yorgos Lanthimos non è esattamente il classico regista holliwoodiano. Definito da alcuni “l’ultimo talento del cinema europeo” si caratterizza per un surrealismo distopico (alla 1984 di Orwell, per intenderci) che è la cifra distintiva dei suoi film. Da The Lobster a ‘Il sacrificio del cervo sacro’, il cinema di Lanthimos è simbolico e spiazzante. I temi preferiti sono le relazioni e l’esercizio dispotico del potere. Ad esempio, in The Lobster (L’Aragosta), il potere viene esercitato da una società che obbliga i suoi membri ad accoppiarsi con una presunta anima gemella che rispecchi precise caratteristiche, pena la trasformazione in animali.
5. Per i dialoghi e le musiche. I dialoghi, diretti e taglienti, sono assolutamente in linea con la visione cinica e beffarda del film. Inoltre è utilizzato un linguaggio contemporaneo, che cozza – ancora una volta – con la curatissima ambientazione settecentesca (‘Scopami’ ordina la regina Anna ad Abigail). La colonna sonora oscilla da Handel e Vivaldi fino ad Elton John e aggiunge un’atmosfera disorientante, che mantiene il pubblico in allerta – attento, inquieto e divertito.
Antonella Di Lucia
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