
Joël Dicker, autore del successo internazionale “La verità sul caso Harry Quebert”, ritorna ad appassionare i suoi lettori con il nuovo romanzo pubblicato l’11 giugno 2020, edizione “la Nave di Teseo”, dal titolo “L’enigma della camera 622”, un thriller narrato con uno stile semplice, coinvolgente e intrigante.
Lo scrittore ginevrino, vincitore di numerosi premi, come il Prix des ècribains genovois del 2010, il Grand prix du roman de l’Acadèmie Francaise del 2012 ed altri non di minor importanza, anche con questo suo nuovo lavoro riesce a tenerci incollati con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Il romanzo racconta di un assassinio avvenuto in un fine settimana di dicembre nel Palace di Verbier, nella camera 622, di un lussuoso hotel sulle Alpi svizzere. Un luogo esclusivo scelto per festeggiare il nuovo presidente della Banca Ebezner che si trasforma nel luogo del delitto. L’ inchiesta della polizia si arena, non riesce a risolvere il caso. Quindici anni dopo uno scrittore in vacanza nelle quiete delle montagne, attratto dal fascino del mistero della vicenda e dal caso irrisolto, inizia a provare un interesse via via sempre più intenso per l’enigma della camera 622. Gli farà compagnia una donna avvenente e curiosa che lo spingerà a far luce sul mistero.
Il libro si apre con una dedica a Bernard de Fallois, storico editore dello scrittore da poco deceduto. Probabilmente senza la morte di quest’ultimo il romanzo non sarebbe mai nato perché è proprio intorno al ricordo di Bernard che Joël Dicker costruisce la struttura e la trama del libro.
Il tessuto narrativo del romanzo è costruito, come per le altre opere di Joël Dicker, su una serie di intrecci, inaspettati colpi di scena e una capacità di scrittura fluida e scorrevole che rende il romanzo appassionante e frizzante.
La vicenda presenta ben tre archi temporali che possono confondere il lettore in alcuni momenti della narrazione, ma allo stesso tempo offrire una visione più ampia sulla vita e sulle vicissitudini dei vari personaggi, catapultando il lettore stesso all’ interno delle loro vite intrise di segreti, tradimenti, avidità, rancori verso i genitori e speranza per un futuro migliore. I personaggi inoltre mostrano di avere doppie, triple vite e ciò contribuisce a rendere ancora più accattivante la trama.
Elemento atipico, ma che risulta fondamentale nella strategia narrativa dell’opera, è il fatto che l’identità della vittima resti noi lettori anonima fino all’ultima parte del libro. Così, per chi si addentra nelle pagine del libro, spetta il compito di scoprire l’identità dell’assassino e il suo movente, ma anche quello di individuare chi si cela dietro l’identità della vittima.
Via via che le pagine scorrono, si susseguono numerosi colpi di scena e inaspettate rivelazioni che conducono il lettore su false piste. Una volta arrivati alla conclusione, che si rivela totalmente inaspettata, il lettore può ritrovarsi ad avere una duplice interpretazione: o rimanere soddisfatto ed esterrefatto o con un leggero amaro in bocca.
A differenza di quanto accade nel suo capolavoro “La verità sul caso Harry Quebert”, nel nuovo romanzo Joël Dicker ci immerge in un mondo apparentemente più elitario e complesso, ovvero il mondo dei banchieri ginevrini. Ambienta la trama non in una piccola cittadina dove tutti gli abitanti conoscono tutto di tutti, ma in una città dal calibro di Ginevra, apparentemente tranquilla città finanziaria che, in realtà, riserva misteri e segreti. Joel Dicker, però, riesce a ricreare un po’ l’atmosfera della piccola cittadina, tipica del suo precedente capolavoro, nell’ hotel del Palace de Verbier dove tutti i principali protagonisti si ritrovano insieme ai loro più oscuri segreti.
“L’enigma della camera 622” è un romanzo da non lasciarsi scappare per tutti gli amanti del genere e dello stile di Joel Dicker e che, nonostante le sue seicento pagine, riesce a farsi divorare grazie alla sua trama affascinante ricca di reti di rivalità, gelosie e doppi giochi. Si tratta di un romanzo corale nel quale ogni personaggio può considerarsi protagonista: anche quei cosiddetti “minori” sono difatti delineati e caratterizzati da una potente verosimiglianza.
Francesca Meglio