Ed anche l’escludente e discriminatoria giornata del tanto contrastato Fertility Day, è passata, per così dire: c’è chi, infatti, ha contestato quest’iniziativa fino all’ultimo, e non ha lasciato passare nemmeno una parte di questo progetto dal fascismo comunicativo fortemente evidente. In molte piazze italiane, per le strade delle città e dentro i luoghi di formazione, la giornata del 22 settembre è trascorsa tra fotopetizioni anti-FertilityDay, manifestazioni, flash-mob ed assemblee pubbliche con cui migliaia di cittadini, tra studenti medi ed universitari e lavoratori, hanno voluto ribadire quanto questa campagna fosse discriminatoria, escludente, sessista e poco attenta ai problemi di questo Paese.
Ma alla ministra Lorenzin non sono bastati il flop della campagna e l’ondata di contestazione proveniente da tutta Italia: si tratta di un’ulteriore batosta perché, infatti, da due mesi le ultime pillole anticoncezionali che si trovavano in fascia A, ossia a carico del Servizio Sanitario nazionale, sono state riclassificate in fascia C, e di conseguenza a carico del cittadino. È stata una decisione presa nel bel mezzo dell’estate, nel massimo del silenzio, tanto che nemmeno i giornali ne sono stati avvisati, ed il messaggio che questo passo deciso mosso dal Ministero ci vuole trasmettere è uno solo: in questo bel Paese, fondato anche sulla libertà personale inviolabile sancita dall’art. 3 della Costituzione, la procreazione non è più una scelta o “un consiglio”, ma un’imposizione dettata da ricatti comunicativi e dalla privazione di uno strumento vero e proprio di libertà come la pillola.
Non stupiamoci, se poi, dovessero aumentare gli aborti: essi, infatti, sono l’unica pratica “anticoncezionale” rimborsata dal Servizio Sanitario nazionale. La maggior parte delle pillole anticoncezionali erano già prima classificate in “fascia C”, ossia quelle più utilizzate da donne senza particolari problemi di salute, ed il costo di quelle appena escluse (come Triminulet, Milvane, Practil, Brilleve e molte altre) varia dai 3 ai 5 euro: ma qui stiamo parlando di persone per cui tre euro sono un chilo di pane.
L’impressione che ne esce fuori è quella di un Ministero che fa di tutto pur di scoraggiare e limitare la libertà individuale e la scelta, e che sembra volersi allontanare dall’idea che la contraccezione debba essere gratuita, e che i consultori strutture a cui poter accedere gratuitamente. Così ecco che la fertilità diventa un “bene comune”, e la procreazione un servizio reso alla patria. Così ecco che il corpo delle donne diventa un Corpo di Stato.
Ana Nitu