On the road to Malesia e la Formula Uno riparte, così, dal secondo Gran Premio della stagione 2015, a Kuala Lampur. Un appuntamento che va in onda sulle reti del Circus dal lontano – si fa per dire – 1999. Lontano, perché se inserito nel panorama internazionale degli storici circuiti che più hanno segnato il motorsport nello scorso secolo, diventerebbe piccolo e insignificante come un ago in un pagliaio. Il riferimento non è casuale, dal momento che è ormai notizia certa che quest’anno – e si spera non anche nei prossimi – non vedremo nessun Gran Premio della Germania, né al Nurburgring né ad Hockenheim. Il 19 marzo scorso, infatti, il portavoce della Capricorn Nurburgring Gmbh ha rilasciato le seguenti dichiarazioni ai microfoni di GPUpdate.net: “Abbiamo sottoposto un’offerta al signor Ecclestone, ma finora non è stato in grado di raggiungere un accordo. Dato che non è stata presa alcuna decisione nelle ultime settimane e negli ultimi mesi, siamo giunti alla conclusione che, per motivi di tempo, di organizzazione ed economici non ha più senso aspettare più tempo. La fascia temporale durante la quale sarebbe stato economicamente sostenibile gestire l’organizzazione di una gara di Formula 1 al Nurburgring è ormai chiusa”.
Doccia fredda. Anzi, gelata. D’altra parte, la notizia in sé potrebbe non fare più di tanto scalpore se fingessimo, almeno una volta, di entrare nell’ottica di una F1 in evidente stato di problemi economici, e che, comunque, ha subito anche un drastico calo di appeal negli ultimi tempi. Su quest’argomento, tuttavia, si è più volte discusso, e ogni volta si è finiti per sbattere contro un muro enorme. Parlare di crisi, d’altronde, non è sempre il modo giusto di rapportarsi a problemi del genere, soprattutto quando entrano in ballo realtà economiche così grandi come in questo caso; una crisi a cui, però, la realtà dei fatti ci induce spesso a pensare.
Naturalmente, dalla parte dei fan si fa sicuramente finta di non aver capito dinnanzi alla blanda necessità di ridurre i costi, le emissioni, gli sprechi o quant’altro. E se poi, oltre ai nuovi regolamenti che hanno rivoluzionato la concezione della struttura dei motori in uso fino a pochi anni fa, dobbiamo anche rinunciare ai nostri circuiti preferiti, significa che qualche inceppo nel sistema c’è e come.
A questo proposito, il pretesto dell’annullamento del Gran Premio di Germania sarebbe solo una delle poche sconfitte a cui sta andando incontro questo sport, con la mancata consapevolezza – forse – che permettere che possa venir meno un pezzo della sua storia equivale a darsi una grande e forte martellata sui piedi. Certo, è al momento improbabile capire fin dove Bernie Ecclestone abbia tentato di spingersi per salvare sia il Nurburgring che Hockenheim, come il dire, poi, dove si fermino gli interessi del patron della F1, che sebbene abbia più volte lasciato intendere di voler esportare i motori fuori dell’Europa ci auguriamo non sia così masochista da privarsi di una fetta di introiti potenzialmente così alta, e dove inizino – invece – le difficoltà organizzative legate alle politiche interne degli Stati ospitanti o il calo degli appassionati sugli spalti alla domenica.
La F1 sta diventando davvero così inguardabile da dover sperare di farle far breccia nel cuore del deserto asiatico, dove è parte della cultura popolare solo da pochi anni? Attenzione a non fraintenderci, perché non si nega di certo la necessità di far conoscere il marchio, i piloti e le scuderie lì dove ve n’è poca conoscenza; piuttosto il problema nasce se fra le misure per tentare di aumentare il raggio d’azione della F1 venga adottato solo il trasferimento dei Gp in Oriente.
Un po’ come nel calcio, d’altra parte, dove per ristabilire le casse di una società sull’orlo della bancarotta si aspettano gli sceicchi o il magnate di turno con un bel po’ di risparmi in tasca, la F1 sembra credere di non avere più lo stesso seguito di prima, e cerca, invece, nuove avventure oltreoceano. Niente di più sbagliato, se pensiamo che le l’esportazione del marchio ha finalità soprattutto economiche. In realtà, dimenticando nell’oblio tutti i Gp europei, si può far solo di peggio riducendo la passione nei tifosi e, di conseguenza, anche gli introiti televisivi. Insomma, come si suol dire, la soluzione sarebbe nel mezzo e consiste nel bilanciare da un lato l’incalzante necessità finanziaria di lucrare su sponsor et similia spostando la F1 nel deserto del Qatar o dove si voglia; dall’altro, invece, finire l’inutile pantomima dello scaricabarile, prendersi un paio di responsabilità e ascoltare il cuore dei tifosi di ‘vecchia data’, così da riportare la F1 lì dove si sta cercando, invece, di portarla via. In Germania al Nurburgring, come in Italia a Monza o Imola.
Nicola Puca
Fonte immagine in evidenza: www.livef1.it