Quando si sente parlare di segregazione occupazionale di genere o di gender pay gap (il divario retributivo di genere), si fatica ad afferrare la situazione delle donne nel mercato del lavoro, soprattutto in Italia dove l’occupazione femminile è molto bassa. Questi termini stanno in realtà a indicare la tendenza delle donne e degli uomini a trovare impiego in settori ben distinti e diversamente retribuiti, sia per le maggiori opportunità di carriera che spesso hanno gli uomini all’interno della gerarchia professionale sia come conseguenza del maggior status sociale associato ai lavori prevalentemente dominati dagli uomini. Queste differenze di genere nel mondo del lavoro hanno molteplici radici che possono essere condotte a una matrice comune: gli stereotipi e le discriminazioni di genere che in maniera più o meno esplicita possono dare forma ai diversi percorsi professionali e educativi delle donne. Gli stereotipi di genere agiscono fin dalla più tenera età, definendo i ruoli di genere che spettano alle bambine e ai bambini in base alle loro attitudini e interessi “naturali”. Così come avviene nel mercato del lavoro, le donne e gli uomini scelgono le proprie materie di studio seguendo le norme di genere che vedono le prime più propense a studiare in campi legati alla salute, l’educazione e il welfare, mentre i secondi sono orientati verso le cosiddette materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica).
Perché è importante incentivare l’accesso delle donne alle materie STEM?
Le differenze di genere nel mercato del lavoro e dell’educazione originano dagli stereotipi di genere, ma finiscono anche per rafforzarli. La difficoltà delle donne ad accedere agli studi STEM è dovuta alla connotazione tradizionale di genere che viene assegnata alle materie scientifiche e matematiche, secondo la credenza che vuole gli uomini più adatti a studiare in questo campo. Non a caso, si parla di gender essentialism per descrivere quel dogma ideologico secondo il quale le donne e gli uomini possiedono “essenze” immutabili e fondamentali. Insieme al male primacy, lo stereotipo che vede l’uomo come un leader naturale e una persona meritevole di un alto status sociale, queste credenze definiscono la gerarchia fra uomini e donne, determinando quali attività e quali caratteristiche del lavoro sono più appropriate a ogni genere. I campi professionali e educativi solitamente dominati dalle donne sono legati ai lavori di cura e al settore dei servizi, socialmente poco prestigiosi e con limitate possibilità di progressioni di carriera perché connessi alla sfera “femminile”. L’accesso delle donne nel campo delle STEM e la rimozione degli stereotipi che impediscono agli uomini di entrare in settori professionali considerati femminili consentirebbe di far fronte alle inefficienze del mercato del lavoro, in cui mancano figure come medici, infermieri, insegnanti, professionisti nelle STEM e nelle ICT.
Difatti, la segregazione occupazionale che consegue dalle differenze di genere nelle scelte educative costituisce un freno all’economia, oltre che all’indipendenza economica delle donne. Secondo il rapporto dell’EIGE (European Institute for Gender Equality) “Gender segregation in education, training and the labour market” del 2017, la segregazione di genere causa più alti livelli di povertà fra le donne rispetto agli uomini, in quanto le lavoratrici risultano impiegate solitamente in professioni scarsamente retribuite, limitando il loro accesso a occupazioni più remunerative e svalutando nei fatti le loro competenze e capacità. Inoltre, la segregazione di genere limita la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, dal momento che in caso di incombenti necessità di cura (dovute alla nascita dei figli o alla malattia di un familiare) sono incentivate a lasciare il proprio posto di lavoro o a chiedere il part time a causa della scarsa retribuzione. A tal proposito, durante la conferenza di EIGE dal titolo “Women in focus: coronavirus and gender equality in Europe” Evelyn Regner, la nuova vicepresidente del Parlamento Europeo, ha definito il salario minimo una misura atta a spezzare questo circolo vizioso che incastra le donne fra occupazioni poco pagate e lavoro domestico non retribuito.
Quali sono i numeri delle donne nelle materie scientifiche, matematiche e tecnologiche?
Secondo i dati dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), nel 2019 ancora esistevano profonde differenze di genere nella distribuzione delle laureate e dei laureati in base al campo di specializzazione. In effetti, solo il 32% delle lauree nelle materie STEM sono state conseguite da donne nei Paesi OCSE. Nonostante l’Italia abbia un buon piazzamento con poco meno del 40% di donne laureate nel campo delle STEM (sotto soltanto a Polonia, Islanda, Grecia, Regno Unito ed Estonia), i passi da compiere per colmare il divario di genere devono avvenire sul piano culturale, eliminando quegli stereotipi che sbarrano la strada delle donne verso un certo tipo di professioni.
La situazione italiana viene ben fotografata dal report OCSE del 2017 “The pursuit of gender equality: An uphill battle”: il basso divario retributivo nel nostro Paese può essere facilmente spiegato dalla scarsa partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Difatti, le donne attive hanno maggiori possibilità di ottenere una retribuzione in linea con quella degli omologhi uomini, in quanto mediamente più istituite rispetto alle donne inattive. Purtroppo la pandemia da COVID-19 ha esacerbato e reso più visibili le differenze di genere preesistenti, colpendo in maggior misura le donne di scienza che hanno dovuto ridurre il tempo dedicato alla ricerca a causa delle aumentate necessità di cura. Rispetto agli uomini, le donne si sono trovate a dover fare i conti con l’incertezza lavorativa e a maggiori preoccupazioni sulle proprie opportunità di carriera.
In occasione dell’11 febbraio 2022, Giornata Internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, Ipsos ha condotto un sondaggio con Save The Children per creare consapevolezza sull’importanza della partecipazione femminile al mondo scientifico. I risultati della ricerca mostrano un interesse crescente da parte delle ragazze nei confronti delle materie STEM: il 54% delle adolescenti a scuola si dicono appassionate o incuriosite da questo tipo di studi, nonostante li percepiscano come “poco adatti” a loro. Sul lato universitario, le immatricolazioni nei corsi di laurea STEM da parte delle ragazze sono in aumento. Tuttavia, appare evidente come la cultura e le norme di genere diano forma ai percorsi di vita delle donne, influenzando le loro scelte sul futuro e rendendo complicato l’accesso o la permanenza in quei settori disciplinari e professionali denominati come “prevalentemente maschili”. Agire al più presto sugli stereotipi e sulle discriminazioni non comporterebbe soltanto un miglioramento della condizione femminile, ma consentirebbe anche di far fronte alle sfide future della scienza, in cui il punto di vista e le competenze delle donne saranno sicuramente indispensabili.
Rebecca Graziosi