Le elezioni si avvicinano e tra i temi più discussi vi è sicuramente quello degli squilibri di genere nel nostro Paese.
Negli ultimi mesi parole come “violenza di genere”, “femminicidio” e “ gender gap” sono finite al centro del dibattito pubblico. L’Italia sembra essersi svegliata e aver scoperto il suo lato più maschilista, quella struttura fondante della comunità che ha portato il nostro Paese a uno squilibrio di genere preoccupante. Ciò prende forma non solo nel mondo del lavoro – dove molto spesso le donne percepiscono salari più bassi – ma anche nelle proprie vite private dove sono sempre più frequenti gli abusi maschili.
A poche settimane dalle elezioni, il mondo politico è chiamato a proporre una strategia efficace per affrontare questo squilibrio di genere e lo fa ovviamente all’interno delle proprie “promesse elettorali”.
Come ogni volta che ci si appresta a leggere un programma politico, è inevitabile chiedersi quali di queste promesse possano realmente incidere sulla comunità e quali, invece, siano un semplice palliativo.
Nel caso della parità di genere, infatti, il rischio è quello di semplificare il problema finendo per riprodurre un approccio assistenzialista nei confronti delle donne senza portare a una riforma strutturale che ne permetta una piena autodeterminazione.
Vediamo quali sono le principali posizioni e proposte che possiamo leggere nei programmi elettorali.
La donna come mamma: il ruolo riproduttivo è ancora fondante nella creazione dell’identità femminile?
Uno dei primi punti nel dibattito sulla parità di genere di questa campagna elettorale è la necessità di prevedere delle misure che sostengano le donne lavoratrici durante e dopo la maternità. La “famiglia” è infatti il soggetto privilegiato del discorso politico italiano.
Servizi per l’infanzia e per gli anziani insufficienti, insieme a una rigida organizzazione del lavoro, sono tra le principali cause della disparità tra uomini e donne in Italia dove il lavoro di cura è ancora troppo spesso riservato alle donne.
Il programma politico con cui si presenta alle elezioni la coalizione di centrodestra (Forza Italia, La Lega, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia) è esemplificativo di questa attenzione alla “famiglia tradizionale”. Il settimo punto del programma, infatti, titolato proprio “Più sostegno alle famiglie”, prevede:
«una tutela del lavoro delle giovani madri e una difesa delle pari opportunità e tutela delle donne con riconoscimento pensionistico a favore delle madri». Completa il quadro «un piano straordinario per la natalità con asili nido gratuiti e consistenti assegni familiari più che proporzionali al numero dei figli».
Anche il PD presta una particolare attenzione alle mamme e infatti indica come priorità natalità e occupazione femminile sottolineando come «nei paesi dove le donne lavorano di più si fanno più figli». L’approccio del Partito Democratico, però, appare più complesso rispetto a quello del centrodestra e restituisce una dimensione più ampia e completa alla realtà quotidiana delle donne italiane.
Oltre alla proposta di estendere il congedo obbligatorio dei padri a 10 giorni, misura che cerca in parte di redistribuire le responsabilità della cura dei figli all’interno della coppia, è interessante la proposta di predisporre un buono spese di cura per le donne che dopo la maternità obbligatoria decidono di tornare a lavorare, rinunciando alla possibilità di usufruire di ulteriori 6 mesi di congedo con retribuzione pari al 30% dello stipendio. La doppia opzione concessa alle donne potrebbe essere un primo passo nel garantire una libertà di scelta maggiore per le neo-mamme, che hanno il diritto di scegliere autonomamente come gestire il difficile equilibrio tra vita privata e carriera.
La necessità di conciliare lavoro e famiglia è un punto comune a tutti i programmi con cui si presentano i partiti a queste elezioni.
Tra le proposte più interessanti sono da segnalare quella di +Europa, che propone il superamento del congedo di maternità in favore del congedo parentale, a cui potranno accedere sia gli uomini che le donne, e quella del Movimento 5 Stelle che, oltre ai rimborsi per asili nido, pannolini e baby-sitter, propongono l’innalzamento dell’importo detraibile per l’assunzione di colf e badanti. Quest’ultima misura forse potrebbe indirettamente toccare un altro nodo della questione femminile in Italia: quella del lavoro di cura affidato a donne migranti, fetta del mercato del lavoro troppo spesso assorbita dal settore informale.
Ma non basta ampliare i servizi per sostenere le lavoratrici italiane, occorrono infatti interventi strutturali che eliminino il gap retributivo di genere.
Dopo la pubblicazione del report del World Economic Forum che ha evidenziato una performance imbarazzante dell’Italia nelle politiche di uguaglianza di genere, la disparità di salario tra uomini e donne è tornata al centro dell’attenzione pubblica. I partiti, in vista delle elezioni, sono subito corsi ai ripari proponendo meccanismi per garantire la parità di salario. +Europa propone di:
«arricchire l’attuale normativa prevedendo un sistema di controlli efficaci e di sanzioni significative al fine di accompagnare realmente per il futuro le aziende a rendere uguali i valori retributivi tra uomini e donne per le medesime tipologie di impiego o di mansioni svolte. Inoltre, è opportuno che le stesse aziende rendano conoscibili e diano evidenza dei livelli salariali adottati al proprio interno».
Sulla stessa linea anche Liberi e Uguali e il PD. Il Movimento 5 Stelle, invece, non prevede un punto specifico sull’argomento nel proprio programma anche se è opportuno segnalare una proposta di legge in tale materia presentata da dodici deputati Cinquestelle.
Il programma di Potere al Popolo si rivolge da subito “alle lavoratrici e ai lavoratori” ed assume quindi un’importanza rilevante la necessità di raggiungere «la parità di diritti, di salari, di accesso al mondo del lavoro a tutti i livelli e mansioni a prescindere dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale». La posizione di Potere al Popolo, che parte anche dall’esperienza del movimento femminista “Non una di meno”, sottolinea come sulle donne gravi
«il doppio peso del lavoro riproduttivo e produttivo e come quindi sia necessaria la messa in discussione dei ruoli maschile e femminile nella riproduzione sociale ed un sistema di welfare che liberi tempo di vita per tutte e tutti nonché la fine delle discriminazioni di genere e della disparità salariale.»
La discriminazione verso le donne continua anche nello spazio domestico.
È proprio negli spazi privati che molto spesso si rivela in tutta la sua completezza il sistema maschilista e patriarcale che inibisce la totale autodeterminazione delle donne.
Per combattere tale situazione Liberi e Uguali propone:
«l’introduzione di misure efficaci dal punto di vista normativo per inasprire le pene e renderle efficaci per chi commette violenze con l’aggravante della discriminazione».
Mentre il PD propone:
«il rifinanziamento del fondo per i centri antiviolenza e per i centri per le vittime della tratta delle donne con incentivazione dei centri protetti l’inserimento delle donne vittime nel mondo del lavoro, la formazione specifica delle forze dell’ordine e del personale sanitario sugli aspetti della violenza di genere».
Ma per iniziare una vera riforma strutturale della comunità italiana non si può prescindere dalla decostruzione del sessismo e dall’educazione al riconoscimento delle differenze, così come evidenziato nel programma di Potere al Popolo.
Anche Liberi e Uguali punta sulla formazione parlando di educazione affettiva, sessuale e alle differenze, utilizzando un approccio critico alle relazioni di potere fra i generi.
Le elezioni sono ormai vicinissime ma la vera battaglia per la parità di genere inizierà solo dopo il 4 marzo, quando i partiti si ritroveranno a dover mettere in pratica quelle che per ora sono solo promesse.
Marcella Esposito