Giovedì 21 settembre in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il testo di un decreto del Ministero dell’Interno – DECRETO 14 settembre 2023. Indicazione dell’importo e delle modalità di prestazione della garanzia finanziaria a carico dello straniero durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato – che introduce la possibilità per alcuni migranti, quelli che provengono dai cosiddetti “stati sicuri”, arrivati in Italia di pagare una specie di cauzione dell’importo di 4.938 euro per evitare il trattenimento nei Cpr, centri di permanenza per i rimpatri.
Il decreto attuativo va a completare il “decreto Cutro“, il quale è stato approvato dal governo Meloni dopo il naufragio davanti alle coste di Steccato di Cutro in Calabria, avvenuto a febbraio di quest’anno.
Uno dei punti principali del decreto di marzo è la creazione di centri per permettere una analisi più rapida delle domande di asilo delle persone migranti provenienti dai Paesi sicuri: una direttiva europea del 2013 contiene la definizione di “paese sicuro”; il ministero dell’Interno italiano ne individua e riconosce 16. Cosa sono i cosiddetti “Paesi sicuri”?
La direttiva 2013/32/UE stabilisce criteri comuni per la designazione dei Paesi terzi di origine sicuri da parte degli Stati membri nel suo allegato I, il quale recita:
“Un paese è considerato paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE 2 , né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
Per effettuare tale valutazione si tiene conto, tra l’altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:
a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del paese ed il modo in cui sono applicate;
b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, di detta Convenzione europea;
c) il rispetto del principio di “non-refoulement” conformemente alla convenzione di Ginevra;
d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.”
Secondo quanto stabilito dal decreto Cutro le persone migranti che provengono da uno dei 16 paesi sicuri devono seguire un iter diverso rispetto alle altre persone migranti: una volta identificate negli hotspot trasferiti in “Centri per le procedure accelerate di frontiera” in stato di detenzione amministrativa. Se la richiesta di protezione internazionale viene accolta vengono trasferite nei centri di accoglienza; se invece la richiesta viene respinta, queste persone vengono espulse e rimpatriate. Questa procedura accelerata dovrebbe portare a una risposta entro 28 giorni dalla richiesta di asilo. Peccato che di questi fantomatici centri ne esista uno solo, da 84 posti, a Pozzallo, in Sicilia. E un altro problema di questa architettura giuridica è che «La garanzia finanziaria è prestata in una unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi». Ciò significa che questa fideiussione può farla solo la persona che è appena arrivata. Quale banca in Italia farà da garante per una persona appena sbarcata che è privo dei documenti di identità? Se infatti fosse in possesso dei documenti non rientrerebbe nei casi stabiliti dal decreto. E inoltre dovrà essere fatta in tempi molto ristretti, prima che le procedure di identificazione vengano completate.
Questa misura è stata – ed è – molto discussa: innanzitutto a livello costituzionale, perché questa norma introdurrebbe una discriminante basata sui mezzi economici delle persone migranti. Il diritto europeo raccomanda di valutare caso per caso l’adozione della misura, tenendo conto di alcuni fattori quali la necessità, la ragionevolezza, la proporzionalità. Il ricorso a misure alternative appare utile solo quando vi siano motivi legittimi per il trattenimento, motivi che vanno valutati necessariamente in ogni caso preso singolarmente. In questo decreto tale punto non appare, le procedure sarebbero svolte senza alcuna valutazione soggettiva del caso.
Nel caso in cui, come è effettivamente probabile, la persona non dovesse avere la fideiussione da esibire nei tempi stabiliti, finirebbe in un centro per il rimpatrio e ne deriverebbe una limitazione per il diritto di difesa, in quanto la persona migrante sarebbe sottoposta a detenzione amministrativa.
Questo decreto è solo una piccola parte del progetto di trasformazione nella gestione dei fenomeni migratori a cui il governo Meloni sta lavorando da mesi. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha già condannato, nel 2020, l’Ungheria per il trattenimento illegale di profughi che avevano presentato domanda di asilo ed erano stati trattenuti in una area di transito prima che venisse loro imposto di andare in Serbia. Era stato presentato ricorso da parte dei migranti, che intanto però erano stati rinchiusi in un centro a Roszke. I giudici della Corte avevano ritenuto questa detenzione illegale. E questo crea un precedente importante: chi richiede asilo non può essere detenuto in attesa dell’esito della domanda di asilo, non può essere privato della sua libertà.
Valentina Cimino