Riprendiamo il nostro percorso, con la rubrica Napoli: Miti e Leggende, alla riscoperta del poeta-mago Virgilio: personaggio potentissimo che con incantesimi, talismani e forze occulte, protesse la città di Napoli ed i napoletani. Una storia a cavallo tra sacro e profano, tra culto e misticismo, tra cristianesimo e paganesimo. Per chi non avesse letto la prima parte de Il mago Virgilio, di seguito il link diretto alla relativa pagina: Il mago Virgilio (parte prima)

Durante una delle sue passeggiate il mago vide che sull’isoletta di Megaride stavano costruendo il Castello Marino. Quel castello in mezzo al mare gli piacque sin da subito e decise di proteggerlo con un incantesimo: prese il primo uovo deposto da una gallina, lo mise in una caraffa di vetro e questa in una gabbia di ferro finemente lavorata. Poi sospese la gabbia a una trave appoggiata ai muri di una stanzetta segreta costruita apposta per quest’uso, con due feritoie dalle quali entrava la luce. La cameretta, con la gabbia, la caraffa e l’uovo fu chiusa con una porta solida dalle serrature di ferro e guardata a vista. Il castello, che da allora fu detto dell’Ovo, sarebbe durato finché l’uovo fosse rimasto intatto.

Virgilio ed il misterioso uovo che avrebbe dato al Castello Marino il nome di Castel dell'Ovo
Virgilio ed il misterioso uovo che avrebbe dato al Castello Marino il nome di Castel dell’Ovo

Il buon Virgilio era un medico straordinario, che aveva molto a cuore la salute dei partenopei. Fece costruire dei bagni termali a Baia, zona ricca di sorgenti calde, nei quali iscrizioni, affreschi e statue illustravano le virtù delle diverse acque, perché ognuno potesse curarsi da sé senza dover consultare il medico. E perché si potesse andare comodamente da Napoli a Baia, il mago fece scavare in una sola notte, da esseri soprannaturali, una galleria, la Grotta Romana di Posillipo, che traforava una collina da una parte all’altra ed era orientata in modo da ricevere la luce solare per metà della sua lunghezza al mattino e per l’altra metà al pomeriggio.

La Crypta Neapolitana, chiamata anche Grotta di Posillipo o Grotta di Virgilio galleria lunga più di 700 metri e scavata nel tufo della collina di Posillipo, tra Mergellina e Fuorigrotta
La Crypta Neapolitana, chiamata anche Grotta di Posillipo o Grotta di Virgilio galleria lunga più di 700 metri e scavata nel tufo della collina di Posillipo, tra Mergellina e Fuorigrotta

Il mago creò anche, ai piedi di Montevergine, un giardino meraviglioso di piante medicinali, dove crescevano le erbe di ogni parte del mondo. Un orto simile, circondato da mura invisibili, c’era anche a Posillipo, presso la villa dove il poeta insegnava le arti magiche ed i cui ruderi vengono ancora chiamati Scuola di Virgilio.

Il palazzo degli spiriti:  scuola di Virgilio dai resti di una villa romana a Posillipo
Il palazzo degli spiriti: scuola di Virgilio dai resti di una villa romana a Posillipo

Sempre pronto a tirar fuori dai guai i suoi concittadini, il mago trovò la tana di un serpente che divorava i bambini del Pendino e lo uccise con le sue formule. Anzi, poiché il sottosuolo della città era tutto un buio labirinto di caverne e di gallerie nelle quali si annidavano altri mostri, relegò tutti i serpenti in un solo luogo, rendendolo innocui. E quando i pescatori si rivolsero a lui perché le loro reti restavano vuote, provvide anche a questo: fece scolpire un pesciolino su un pietra e lo fece porre in un posto non lontano dal mercato, che preso perciò il nome di Pietra del Pesce. Da quel momento sulla tavola dei cittadini non mancarono più triglie, cefali e orate.

Virgilio e la premura per i napoletani

Insomma non c’era problema grande o piccolo che il mago non risolvesse, anzi, stando alle leggende, Virgilio i suoi amati napoletani addirittura li viziava. Con i suoi sortilegi e talismani si adoperava per rendere la loro vita non solo confortevole e sicura, ma il più possibile piacevole e priva di seccature. Due grandi amuleti d’oro, una mosca e una cicala, tenevano lontani gli insetti dalla città e un trombettiere di bronzo respingeva verso il mare l’afoso vento Favonio, che faceva seccare i frutti e i germogli dei rigogliosi giardini partenopei. E un cavallo di bronzo forgiato dal mago guariva con la sua sola vista i cavalli malati. I napoletani, che non hanno mai amato andare a piedi, gliene furono particolarmente grati. Questa statua che esisteva davvero e proveniva da un tempio pagano, fino a sette secoli fa si trovava ancora in una piazzetta vicino al Duomo e la gente, come aveva sempre fatto, ci portava a guarire i cavalli girandoci intorno tre volte. Finché l’Arcivescovo di Napoli, sdegnato dal fatto che proprio sotto le finestre della chiesa la gente chiedesse più grazie al cavallo di Virgilio che a San Gennaro, lo fece fondere per farne le campane del Duomo. E fu davvero un peccato perché, a giudicare dalla testa che ci è fortunatamente rimasta, doveva essere una splendida scultura.

Segue la prossima settimana con: Il mago Virgilio (parte terza)

Fonte immagine in evidenza: puntoagronews.it

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Fabio Palliola

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