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Guardando “Povere Creature” il primo esempio che salta in mente come paragone per la storia di Bella Baxter è quella del mostro di Frankenstein. Sembra quasi ovvio: il film di Lanthimos – come il romanzo di Alasdair Gray da cui è tratto – è pur sempre la vicenda di una creatura che dalla morte dopo una disgrazia torna alla vita con gli ingegni di una scienza all’avanguardia. Di fine ‘800. Quindi per meglio dire, come immaginiamo sia la scienza di quel periodo in un mondo alternativo filtrato da una marea di pregiudizi cinefili e letterari: quindi tanti alambicchi, molte fiale di vetro e condotti elettrici, luci strane. Tutto sembra di nuovo possibile, con tanto di scienziato pazzo di nome Godwin interpretato magistralmente da Willem Dafoe. Gli elementi vanno tutti al loro posto come in un puzzle (e il volto di Godwin/Dafoe ha la forma rappezzata che ricorda proprio un mosaico di carne). È un mondo steampunk dalle architetture strabilianti. Siamo insomma in pieno gotico rivisitato ma “Povere Creature” non è solo questo e Lanthimos ci tiene a renderci estraneo anche il dettaglio che potrebbe essere più familiare, in una tensione continua tra l’alieno e il classico.

Il forte senso di spaesamento di “Povere Creature” è presente sin dall’inizio: ci sono riprese assurde, grandangoli bizzarri, tagli di montaggio grotteschi. Lo spettatore si trova in una sorta di condizione tale per cui sembra osservare il film da uno spioncino mentre è strafatto di qualche sostanza psicotropa. Il centro di gravità narrativo e stilistico di questa allucinazione perpetua è però sempre lei, Bella Baxter: interpretata da una Emma Stone eccezionale (che per l’occasione si è portata a casa un Oscar), la storia di Bella è una vicenda di emancipazione umana prima che femminile.
Bella è un mix di cose in contrasto tra di loro in una maniera quasi indescrivibile: madre e figlia allo stesso tempo, perché il suo corpo è adulto ma il cervello è quello di un feto; bambina e adulta per lo stesso motivo; idiot savant e genio assoluto. Bella impara le norme sociali in un mondo che è ingabbiato in rigidissime divisioni di casta e sesso. Potrebbe trovarsi di fronte a quel tipo di contrasto già visto in romanzi classici sul tema, come “Ritratto di signora” di Henry James. Ma “Povere Creature” (romanzo e film) prende un’altra strada. Bella Baxter non è Isabel Archer, non si ritrova a dover scegliere tra regole sociali e desideri individuali dopo un viaggio dall’America: è un essere appena venuto al mondo e dunque individua subito i vari non sequitur tra le convenzioni e la realtà, li cavalca e li domina. Mentre li mette in pratica li sta anche trasgredendo, li ha già trasgrediti, è andata avanti. E chi cercava di sfruttarla è rimasto indietro, spaventosamente indietro. Ed è per questo motivo che nel film Lanthimos insiste fin troppo sulle continue rotture di questi parametri sociali non scritti nella società pseudo-vittoriana mostrataci: Bella è un cervello/corpo che apprende determinati bisogni e desideri, li soddisfa attraverso la trasgressione per poi continuare la sua strada d’apprendimento verso nuove esperienze e nuove sintesi intellettuali e sociali. La grande avventura della vita e della morte, della famiglia e degli affetti, del sesso e del libertinaggio, del socialismo e della rivoluzione sociale. C’è tutto, in formato allegoria tascabile se vogliamo. Anche un’ennesima vicenda di donne e femminismo, come ne La Favorita.

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Il romanzo di Alasdair Gray poneva un problema di trasposizione che Lanthimos non può risolvere: attraverso l’espediente convenzionale del manoscritto ritrovato di un narratore inaffidabile (o più di uno), infatti, il libro si può leggere in più modi. La chiave di lettura maggiormente evidente è quella di una enorme mistificazione di uno dei protagonisti che, pur di non ammettere la propria inferiorità da maschio nei confronti di una donna in tutto e per tutto superiore, si inventa un’incredibile storia frankensteiniana delirante e fantastica. Il film non può o non vuole mostrare entrambi questi lati della storia e ne abbraccia uno solo: ciò che vediamo, per quanto possa essere anche visto sotto l’aspetto di una enorme allegoria, un dispositivo che Lanthimos nel suo cinema ama molto usare, dobbiamo essere persuasi sia l’unica realtà. Bella Baxter è davvero un golem che ha ricevuto la vita da un genio e, come Edward Mani di forbice, si ritrova in un mondo dove i veri mostri risultano gli uomini con le loro regole assurde e la loro convenzionalità feroce. A differenza di Edward però non si ritira in un castello fatato fingendo di essere morto perché destinato al rifiuto eterno da una società escludente, ma decide di continuare una vita unica nel suo genere in una società che vuole cambiare da dentro. Si è detto vita unica nel suo genere: ricordiamo infatti che quando Godwin prova esperimenti analoghi a Bella li fallisce in modo angoscioso: anche in questo Bella è un essere che non può avere eguali, un Pinocchio non replicabile.

Un altro aspetto notevole di “Povere Creature” è anche l’uso dell’ironia. L’intera vicenda dovrebbe essere pervasa dalla tragedia e dalla violenza: il film si apre con un suicidio non solo tentato ma, di fatto, riuscito; Godwin è uno scienziato geniale perché la prima cavia degli esperimenti di cui è tanto diventato esperto è egli stesso, in primis abusato in ciò da suo padre; la stessa Bella a un certo punto inizia, nel suo periodo parigino, a prostituirsi pur di recuperare una somma di denaro scialacquata da un ennesimo uomo inetto, Duncan Weddeburd, un tizio che per di più si innamora di lei fino a impazzire. Per non parlare del personaggio del generale Blessington che ha tutte le caratteristiche classiche di uno psicopatico violento e sadico – e ricorda inevitabilmente il sergente Hartman di “Full Metal Jacket” nel suo fanatismo distruttore che traspare dai dettagli più sciocchi. Ma sbaglierebbe chi volesse cercare a tutti i costi il dramma lì dove Lanthimos lo evita con grande brio: Godwin ricorda con affetto il padre macellaio quasi fosse una cosa da nulla la mancanza di empatia nei confronti di un figlio usato come bestia da esperimento; Bella si prostituisce con cognizione di causa e anzi affronta la cosa come un’ennesima esperienza che segna un avanzamento fondamentale nella sua avventura intellettuale. E infine il generale Blessington, così come l’avvocato Godwin, sono neutralizzati con le abilità (sociali, intellettuali, politiche, scientifiche) che Bella ha imparato nel corso di una vita certo straordinaria, in un mondo straordinario. Che somiglia tanto al nostro da poter essere uno specchio che rimanda immagini deformate, ma neanche così tanto.

Nicola Laurenza

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