Quando si parla di inquinamento da plastica nella nostra mente appaiono all’istante immagini come quelle scattate del mar dei Caraibi in cui grandi isole di plastica galleggiano sulla superficie dell’oceano o come quelle che ritraggono le spiagge dell’isola di Henderson totalmente invase da rifiuti plastici. Eppure esiste uno “spettro”, come lo definirebbe Karl Marx, una forma d’inquinamento pressoché invisibile a occhio nudo e con conseguenze indiscutibilmente più gravi, che si aggira per il nostro pianeta: le microplastiche.
Per convenzione i rifiuti plastici vengono suddivisi in quattro classi dimensionali: le macroplastiche (>200 mm), le mesoplastiche ( 4,76-200 mm), le microplastiche di medie dimensioni (1,01-4,75 mm) e le microplastiche più piccole (0,33-1,00 mm). Queste ultime sono composte principalmente da polietilene, polipropilene, polistirene, polietilene tereftalato e polivinilcloride. Secondo la Fao “ad oggi se ne producono ogni anno oltre 250 milioni di tonnellate e parte di questa quantità trova alla fine la strada verso il mare“.
Non è, però, di inquinamento degli oceani che parleremo oggi. “L’acqua appare limpida, pulita, incontaminata. Lo stesso per la bottiglia. Per alcuni, è un contenitore di convenienza. Per gli altri, è una copertura contro l’acqua del rubinetto sporca o pericolosa“. Con questa frase i giornalisti di Orb Media introducono l’argomento di cui ci occuperemo. Un recente studio condotto nei laboratori della State University di New York, Fredonia, rivela un’alta presenza di microplastiche nelle bottiglie di plastica.
L’indagine, effettuata su 259 bottiglie appartenenti a undici marchi e acquistate in nove Paesi diversi, ha rivelato che in media sono presenti 10,4 particelle microplastiche (di grandezza superiore a 100 micron) per litro, il doppio di quanto misurato in uno studio precedente sull’acqua di rubinetto.
Per ciò che riguarda le particelle ancora più piccole (di grandezza compresa tra i 6,5 e i 100 micron) la situazione risulta essere ancor più grave. La media globale infatti aumenta fino ad arrivare a una presenza di 314,6 particelle per litro. E’ doveroso specificare che se per le particelle superiori ai 100 micron la ricerca è stata confermata mediante un’analisi spettroscopica FTIR (Fourier-Transform Infrared Spectrometry) per quelle comprese tra i 6,5 e i 100 micron non esiste alcuna conferma spettroscopica. Delle 259 bottiglie sotto esame solo 17 sono risultate prive di microplastiche.
“Alcune delle bottiglie che abbiamo testato contenevano così tante particelle che abbiamo chiesto ad un ex astrofisico di usare la sua esperienza contando le stelle nei cieli per aiutarci a calcolare queste costellazioni fluorescenti. Sotto una cappa a flusso laminare che aspira polvere e particelle sospese nell’aria, ogni bottiglia è stata infusa con un colorante chiamato Nile Red che si lega al polimero plastico. L’acqua tinta è stata poi versata attraverso un filtro in fibra di vetro” si legge nel rapporto.
Per l’indagine, guidata da Dottor Sherri A. Mason, è stato usato il Nile Red, un colorante utilizzato anche per la ricerca di microplastiche negli oceani. Con l’ausilio di un microscopio, di una luce blu atta a indurre fluorescenza (come quelle usate sulle scene del crimine) e di occhiali da protezione con filtro arancione i ricercatori hanno notato che “il residuo di ogni bottiglia brillava con la fluorescenza color fiamma di alcune migliaia di particelle“.
Le analisi sono state svolte su bottiglie acquistate negli Stati Uniti, in Messico, in Brasile, in Libano, in Kenya, in India, in Cina, in Thailandia e in Indonesia. I marchi coinvolti: Epura e Aquafina (PespiCo), San Pellegrino e Nestlé Pure Life (Nestlé), Dasani (Coca-Cola), Minalba (Edson Queiroz), Evian e Aqua (Danone), Gerolsteiner (Gerolsteiner Group), Bisleri (Bisleri International), Wahaha (Hangzhou Wahaha Group).
Di tutte le aziende contattate solo due hanno ammesso che nei loro prodotti erano presenti microplastiche accusando però Orb di sovrastimare in modo significativo le quantità. “Nestlé ha testato sei bottiglie dopo l’inchiesta di Orb Media. Questi test, ha affermato il responsabile della Gestione della Qualità Frederic de Bruyne, hanno mostrato tra zero e cinque particelle di plastica per litro. Nessuno degli altri imbottigliatori ha accettato di rendere pubblici i risultati dei test per la contaminazione plastica“.
Ma quali possono essere gli effetti sulla salute umana? Nel rapporto si legge che: “Secondo la ricerca scientifica esistente, le particelle di plastica che consumate in alimenti o bevande potrebbero interagire con il corpo umano in diversi modi. Fino al 90% delle particelle microplastiche consumate potrebbe passare attraverso l’intestino senza lasciare un’impronta, secondo un rapporto del 2016 sulla plastica nei prodotti ittici da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Alcune particelle potrebbero depositarsi nella parete intestinale. Altre potrebbero essere assorbite dal tessuto intestinale e viaggiare attraverso il sistema linfatico del corpo. Le particelle di circa 110 micron (0,11 millimetri) possono essere introdotte nelle vene epatiche, che trasportano il sangue dall’intestino, dalla cistifellea, dal pancreas e dalla milza al fegato. È stato dimostrato che detriti più piccoli, dell’ordine di 20 micron (0,02 millimetri), entrano nel flusso sanguigno prima di depositarsi nei reni e nel fegato, secondo un rapporto del 2016 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura“.
Se è vero che non esistono ancora prove scientifiche che dimostrino che l’ingestione di piccole quantità di microplastiche possa risultare dannosa per la salute umana i ricercatori affermano che la situazione non va affatto sottovalutata. Per Lisa Lefferts, scienziata presso il Center for Science in the Public Interest “le persone hanno il diritto di avere informazioni accurate e pertinenti sulla qualità e sulla sicurezza di qualsiasi prodotto che consumano.“.
Quel che è certo è che le microplastiche rappresentano solo uno degli innumerevoli problemi legati alla produzione e al consumo della plastica. Ad oggi esistono fin troppi studi che dimostrano quanto sia sconveniente per la natura e per la salute umana l’uso di quest’ultima. Ne “Lo Statuto del Nuovo Millennio” Paulo Coelho scriveva: “A ogni essere umano è stata donata una grande virtù: la capacità di scegliere“. Questa capacità è l’unica arma che possediamo per cambiare in modo reale e netto la situazione in cui ci troviamo. Scegliere di consumare meno plastica vuol dire scegliere di salvaguardare l’ambiente, noi stessi e le future generazioni.
Marco Pisano