A parlare è l’ex vice ministro all’economia e alla finanza Stefano Fassina, che mostra, in un’intervista rilasciata qualche ora fa, come la sinistra non è più sinistra e come il PD si sta dividendo. Che qualcosa non andava per il verso giusto lo si poteva immaginare. Cuperlo, Civati e Fassina, gli unici del Partito Democratico presenti allo sciopero indetto dal segretario Cgil Susanna Camusso a Roma. “Bella la piazza, peccato non crei lavoro” le dure parole di Matteo Renzi alle immagini dello sciopero di sabato.
Dunque, la scissione potrebbe essere nell’aria, ma più probabilmente il riscontro sarà negativo. Ad ammetterlo è proprio il deputato Pd Fassina: “Una scissione molecolare è in atto, io dico che la dovremmo evitare. E’ il presidente del consiglio che alimenta la contrapposizione alla ricerca di un nemico. Nella giornata di ieri, molte persone ci hanno detto di aver lasciato il Partito Democratico.” Continua: “Mi sarei aspettato dal presidente del Consiglio alla sua prima uscita dopo l’approvazione della legge di stabilità che spiegasse i punti importanti del disegno di legge. E invece purtroppo ho sentito il solito comizio teso alla ricerca sistematica di un nemico da dare in pasto all’opinione pubblica”.
Dopodichè i toni si accendono, iniziano le critiche a Renzi in materia di riforme e lavoro, critiche ad un presidente che non indossa più il loden, ma uno smagliante giubbotto di pelle scuro, facendo luce su alcune inesattezze rilasciate alla Leopolda di Firenze. Fa notare come nella delega lavoro il contratto unico a tempo indeterminato, argomento introdotto alla Leopolda da Renzi, non è menzionato nella legge di stabilità e, sempre secondo Fassina, non ci sono risorse aggiuntive sugli ammortizzatori sociali. “La sinistra è quella che da 80 euro al mese a chi ha 90 mila euro di reddito annuo e non dà nulla a chi è in povertà assoluta?”.
E sulla Leopolda: “Non accetto lezioni di disciplina di partito da chi ad aprile 2013 di fronte a un passaggio decisivo per la legislatura come l’elezione del capo dello Stato, non solo votò in maniera difforme dall’indicazione del suo gruppo ma si attivò per far saltare il tavolo. Il segretario del partito dovrebbe essere di tutto il partito. La nostra collocazione a sinistra va dunque verificata. Resto nel Pd e chiedo al segretario di costruire le condizioni per una convivenza. Se non crea le condizioni per una convivenza finisce il Pd e diventa il partito dell’establishment.” Parole dure, chissà se si possono già definire separati in casa o se la scissione definitiva sarà opera del Jobs Act?
Giuseppe Ianniello