Cari giornalisti italiani, mi rivolgo a voi perché ho di certo poche speranze di far arrivare questo mio appello oltre i confini nazionali. Dato che adesso sarete molto concentrati sulle analisi del voto delle presidenziali di novembre negli Stati Uniti, vi prego di usare molta cautela e correttezza quando ne parlate. Qui non c’è in atto nessuna guerra tra il bene (Hillary Clinton) e il male (Donald Trump), ma una battaglia politica tra due potere egualmente detestabili, e avete il dovere di dire la verità sugli attori in campo.

Hillary Clinton nell’ultima copertina di una rivista che apprezzo molto come Internazionale è dipinta come una donna competente e preparata, che rischia di perdere per una questione di contingenze politiche: nel mondo attanagliato dai populismi di estrema destra non può vincere chi predica politiche ragionevoli e pragmatiche.

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Questa visione, oggi maggioritaria nel nostro mondo dell’informazione, è certamente confortante, ma estremamente semplicistica nonché ingannevole: la scelta – sembra difatti suggerire la discussa visione – sarebbe ovvia per una persona assennata, ma gli elettori ormai non lo sono più e quindi per colpa loro, che preferiscono un pazzo guerrafondaio, il mondo rischia l’apocalisse.

Ma siamo certi che gli elettori siano dei bimbi incoscienti e livorosi? Non è forse possibile che dietro questa rabbia ci sia anche la colpa di un establishment politico sempre più lontano dai cittadini, stanchi di una condizione presupposta che non ha portato i risultati sperati?

Ma andiamo oltre, anche in questo caso la risposta non è semplice come appare.

Hillary Clinton non è difficile da digerire soltanto perché è “parte del sistema”, è difficile votare con passione anche cercando di andare oltre la superficie. Anzi, più si scava meno ragionevole sembra votare per Hillary.

Hillary Clinton ha già avuto un ruolo fondamentale nella vita politica degli Stati Uniti come quello di Segretario di Stato nella prima presidenza Obama, dal 2009 al 2013. Durante il suo mandato sono iniziate la Guerra in Libia e quella in Siria, da tutti riconosciuti come i grandi disastri della politica statunitense degli ultimi 10 anni.

Parliamo di una Libia in preda a una guerra tra bande a cui l’Occidente non ha saputo offrire una soluzione credibile per il dopo Gheddafi. Parliamo di una Siria dove i tentativi di rovesciare Bashar al-Assad per togliere alla Russia l’influenza nell’area hanno dato forza a un potere oscuro come Daesh e oltre 10 milioni di profughi.

Un altro punto molto controverso della carriera politica di Hillary Clinton risiede poi nel ruolo della Clinton Foundation. Secondo un’investigazione giornalistica portata avanti dalla Associated Press, i donatori della Fondazione avevano un canale privilegiato di accesso alle stanze dell’allora Segretario di Stato secondo un sistema “pay to play”.

Ma poi siamo sicuri che Hillary Clinton possa definirsi “moderata”? Certamente è più aperta in materia di diritti civili e politici rispetto a Trump, ma durante la sua prima permanenza al Congresso votò a favore e sostenne apertamente gli interventi armati in Afghanistan e in Iraq.

Hillary Clinton ha poi una posizione nei confronti della Russia di Putin che ha ben poco di moderato.

Fu proprio Hillary Clinton a votare a favore della Risoluzione 439 del Senato per favorire l’allargamento della NATO a est, verso quell’Ucraina che è oggi al centro di una fortissima contesa con la Russia che non pochi analisti considerano una nuova Guerra Fredda.

A ciò si aggiunge il già dichiarato sostegno dei cosiddetti “Neocon” – un gruppo di politici, militari e intellettuali già al soldo dell’amministrazione di George Bush Jr, su le cui nefandezze non basterebbero cento pagine di articoli. A tal proposito è da ricordare che Hillary Clinton ha già avuto l’appoggio ufficiale di grandi pezzi del Partito Repubblicano come Henry Kissinger, nonché Robert Kagan e Dick Cheney, che di Bush furono consiglieri.

Vorrei concludere l’articolo con questo interessante servizio della CNN che mostra l’alleanza tra i Bush e i Clinton contro Trump e domandarvi: chi è dunque il “male minore” in questa elezione?

Smettiamo di semplificare e mostriamo le cose come sono, senza patteggiare per nessuna delle due parti perché ad assegnare premi Nobel in anticipo molto spesso si commette un grosso sbaglio.

Antonio Sciuto

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