Z. La guerra dei narcos non è un semplice reportage, bensì lo spaccato di una terra ricca di bellezze e contraddizioni come il Messico, in cui un nuovo e violento gruppo del narcotraffico, gli Zetas, s’insinuano, seducono, plasmano e modificano la realtà politico-economica di un’intera nazione. Fuori dal coro invece, lontano dai processi di corruzione, c’è la voce, quella di un uomo (prima ancora che giornalista) Diego Enrique Osorno, che tenta di seguire le loro tracce negli stati del Tamaulipas e del Nuevo León, restituendo la fotografia di un Messico, quello del nord est, tanto cruento quanto bello, fonte di dannazione ed eterna bellezza. “Z – La guerra dei narcos”, pubblicato in Italia nel 2013 dalla casa editrice La Nuova Frontiera, nella traduzione di Francesca Bianchi, è la cronistoria della “Gomorra sudamericana” vista dagli occhi attenti e genuini di Diego Enrique Osorno.
Entrando nel vivo testo vediamo come l’autore di Z. La guerra dei narcos, sin dal principio, decide di descrivere attraverso la struttura di un libro di viaggio il modo in cui il gruppo degli Zetas, abbia modificato la realtà economica, politica e sociale di una parte di Paese “dimenticato”, lontano dai riflettori. Se infatti è vero che del Messico si conosce la violenza dilagante di Tijuana o Ciudad Juarez, regioni come quella del Tamaulipas, dove il tasso di omicidi non è indifferente, rimangono in secondo piano. Ecco allora che Osorno decide di partire e vivere la quotidianità insieme alle persone originarie del luogo, entrando in contatto diretto con usi, costumi e mentalità.
Se infatti nel pensiero comune è risaputo che tutte le sostanza stupefacenti, come cocaina e marijuana, per arrivare nei mercati nordamericani devono transitare per il Messico, per molti è non così scontato comprendere il meccanismo che si cela dietro alla corruzione e alla violenza, di un “corridoio economico”, passato alla ribalta come tranquillo e sicuro. L’equilibrio, in realtà, si spezza nel 2006: come spiega Osorno nel testo in quell’anno il neopresidente Calderón, dichiara ufficialmente guerra al narcotraffico. Gli stati del nord a questo punto, confinanti con la frontiera americana, diventano campi di battaglia per eccellenza, e città come Ciudad Juarez ne diventano l’emblema.
Il Messico “silenzioso” di Diego Enrique Osorno
Ma non solo. In Stati come quello del Tamaulipas e del Nuevo León, la lotta assume proporzioni gigantesche: da campi di pace apparente si trasformano ben presto in terreni perfetti di conflitto, dove il “terrore” trova nella “prudenza” il suo sinonimo, dove le armi, e non più la parola, si rivelano i migliori strumenti con i quali difendersi, dove la violenza prende il sopravvento sulla ragione. Osorno attraverso un viaggio, scandito in quattordici capitoli, raccoglie le testimonianze uniche di chi ha deciso di resistere in un Messico diventato uno dei luoghi più insicuri del mondo con una media di 13mila omicidi l’anno. Un reportage fuori dal coro che non conta semplicemente i morti della corruzione, ma prova a raccontare le storie, aldilà dei narcos. È il racconto di un uomo-giornalista, nonché autore de Z. La guerra dei narcos, che sente il bisogno e il dovere morale di narrare più che di registrare. A far scattare il cambio di passo un senso strano di inquietudine: “Intorno a me vedevo crescere un mostro che in seguito avrebbe assunto il tetro e tuttora mutevole volto di sessantamila morti”. L’autore de Z. La guerra dei narcos incarna così la figura del giornalista-scrittore che tenta di staccarsi dal mero dato oggettivo, per sconfinare nella narrativa pura: appartiene infatti, secondo il drammaturgo messicano Juan Villoro, a “quella di stirpe di grandi testimoni che scrivono la storia perché non si ripeta”.
La guerra dei narcos, chi è Diego Enrique Osorno
Diego Enrique Osorno. autore de Z. La guerra dei narcos, nasce a Monterrey Nuevo León, in Messico, nel 1980. Considerato come una delle penne più promettenti del paese, inserito nella lista dei migliori talenti del periodismo latinoamericano, è un giovane giornalista freeelance, che ha avuto l’onore e il coraggio di essere testimone-narratore di alcuni dei conflitti più importanti (e cruenti) dell’America Latina del ventunesimo secolo.
Laureato presso l’Università Autonoma di Nuevo León nel 2002, Diego Enrique Osorno inizia il suo lavoro giornalistico come reporter per i telegiornali della catena di stazioni Grupo Radio Alegría (1998-1999), per poi diventare l’ospite del programma radiofonico La Humareda, da Notiradio 660 (2000), ed editore del quotidiano Voz de la Región Citrícola (2000). Prende parte del Diario de Monterrey, poi convertito in Milenio Monterrey, dove svolge vari rapporti investigativi che hanno portato al licenziamento di funzionari coinvolti in atti di corruzione. Dal 2000, prima che scoppiassero le violenze nel nord-est del Messico, documenta la presenza di gruppi di narcotrafficanti nell’area.
Dopo un anno all’estero, torna in Messico per far parte della squadra di Milenio Diario Special Investigations. Alcuni dei suoi servizi più importanti come reporter sono la repressione ad Atenco, la crisi del sindacato minerario, l’Altra Campagna dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, la ribellione a Oaxaca e alcuni eventi della guerra alla droga a Sinaloa, Michoacán, Tamaulipas e Nuevo Leon. Nel gennaio 2008, il gruppo conduce un’intervista con il giornalista: si discute delle differenze con altri guerriglieri e il futuro della sovversione.
Tra il vasto lavoro giornalistico di Diego Enrique Osorno, sia in Messico che all’estero, spiccano migliaia di cronache e articoli, se ne contano oltre settemila. Ma non solo. Osorno è anche autore di diversi libri: oltre a Z. La guerra dei Narcos edito da La Nuova Frontiera e pubblicato nel 2013, meritano una citazione anche Il cartello di Sinaloa (Grijalbo, 2009), Oaxaca sotto assedio (Grijalbo, 2007), o il più recente Un cowboy attraversa il confine in silenzio (Conapred, 2011; La Nuova frontiera, 2014).
Nel 2011 l’autore de Z. La guerra dei narcos riceve il premio Latinoamericano de Periodismo sobre las drogas e il Premio Internacional de Periodismo. Nel 2012 esce El Alcalde che lo vede esordire nella regia di un documentario. Ora pubblica una rubrica settimanale sul quotidiano Máspormás , è socio fondatore di Bengala, un’agenzia dedicata alla creazione e allo sviluppo di storie per il cinema e la televisione con sede a Città del Messico, e dirige El Barrio Antiguo , un progetto giornalistico-comunitario per promuovere la cronaca in aree del Nuevo León sconvolte dalla violenza, in un’iniziativa per rigenerare il tessuto sociale attraverso il giornalismo narrativo.
Marta Barbera