Alessandro Baradel presenta il suo romanzo noir Il sottile equilibrio della ragione. Quando la storia si intreccia con la vita e la voglia di libertà, ma anche con il sacrificio e la tenacia di tanti giovani. Alessandro Baradel accompagna il lettore all’interno di un noir in cui nulla è come sembra. Con una scrittura intensa e fluida, l’autore mostrerà diverse realtà, portando chi legge indietro nel tempo. È proprio dagli anni ’80 che la fantasia dell’autore trae spunto per questo romanzo fatto di sparizioni, amori tossici, depressioni e stati d’ansia. Lo stile di Alessandro Baradel è coinvolgente, in grado di proiettare il pubblico nelle emozioni più vive e sentite del protagonista.
Ecco l’intervista all’autore di Il sottile equilibrio della ragione:
Che segno vuole lasciare nei lettori con Il sottile equilibrio della ragione?
«Più che lasciare un segno, il mio intento è quello di stupire il lettore, di intrattenerlo con storie intriganti che gli permettano di vivere certe emozioni. Vivere delle avventure, delle situazioni che difficilmente può sperimentare nella vita di tutti i giorni. Del resto, da un certo punto di vista, mi è sempre piaciuta l’idea di considerare gli scrittori come una sorta di tour operator per viaggi fantastici. Quando non si può viaggiare fisicamente, lo si può comunque fare con l’immaginazione standosene comodamente seduti sul divano di casa leggendo un libro».
Qual è il suo rapporto con la scrittura?
«Vitale. Può apparire esagerato, ma ad una più attenta analisi non lo è. Ogni persona, ogni individuo trova il suo essere in una attività: chi nello sport, chi nel proprio lavoro, chi in un passatempo e chi, come me, nell’arte. Del resto, al pari della pittura e della scultura, la scrittura è una delle massime forme espressive esistenti. È in questo ambito che una persona fa conoscere al mondo il suo vero “io”, sé stesso nella sua più intima forma».
Ci parli del protagonista de Il sottile equilibrio della ragione… com’è nato questo personaggio?
«Il protagonista, Jean-Francois, è una persona come tante vittima di sé stesso e delle proprie fragilità. In alcuni momenti della vita siamo tutti dei Jean-Francois, ci sentiamo sopraffatti dagli eventi e dall’esistenza. C’è chi reagisce con forza e chi, come il protagonista del romanzo, si lascia andare fino a che un qualche evento esterno interviene a distrarlo dalla propria commiserazione».
C’è una scrittrice o uno scrittore che considera il suo mentore?
«Senza ombra di dubbio, Italo Calvino è l’autore che con il suo inconfondibile stile narrativo ha contribuito più di tutti nello stimolare in me la passione per la scrittura. George Orwell, per la profondità di pensiero e il potere delle parole».
I suoi prossimi progetti?
«Al momento sto lavorando a una nuova opera che è a buon punto. Conto di terminarla entro fine anno. Non voglio dire nulla a riguardo per paura di svelare troppo o qualcosa che, prima della pubblicazione, preferisco stravolgere rispetto all’idea iniziale, smentendo in questo modo quanto detto in questa sede».