Di campioni e di talenti ne sono transitati al Chelsea durante l’era Abramovich. Da Shevchenko a Torres, da Verón a Salah, tutti condividono un particolarissimo dettaglio della loro esperienza in maglia blues: è stata un flop.
Il Chelsea dell’ultimo ventennio, per intenderci quello guidato dalla sfrenata voglia di investimenti del patron Roman Abramovich, ha saputo distinguersi, oltre che sul campo, anche nelle sessioni di mercato. La serie spaventosa di acquisti di livello realizzati dal magnate russo ha fatto posizionare di diritto i blues tra le grandi d’Inghilterra e d’Europa, consentendo ai blues di sollevare diversi trofei, nazionali ed internazionali. Sono diversi, infatti, i campioni e i talenti che, a partire dal 2003, hanno indossato la casacca del Chelsea e che sono rimasti nel cuore dei supporters per le loro prestazioni di spessore. Peccato, però che tra i numerosi acquisti ve ne siano molti che non sono invece riusciti a lasciare il segno. Curiosamente, si tratta di giocatori che hanno tuttavia inciso in tutti gli altri contesti nei quali sono stati chiamati ad esprimere le proprie doti calcistiche.
L’aria di Stamford Bridge, o in alcuni casi più semplicemente la pressione sentita per essere stati pagati fior di quattrini, ha giocato un brutto scherzo a questi campioni. Si tratta di qualcosa che va al di là della ormai nota maledizione del 9 blues che, dopo il memorabile Jimmy Floyd Hasselbaink, sembra aver colpito tutti coloro che hanno osato indossare quel numero di maglia. Quella dei campioni inespressi del Chelsea è una storia che non può essere semplicemente definita come una coincidenza, e che assume tratti in alcuni casi inspiegabili.
Come spiegarsi, ad esempio, il flop di Juan Sebastián Verón? Perno dei centrocampi di Parma e Lazio, con cui conquistò, rispettivamente, una Coppa UEFA e uno Scudetto, noto per i suoi strappi, per la sua indescrivibile visione di gioco, ma soprattutto per le sue indimenticabili bordate da fuori area. Eppure, l’esperienza dell’argentino al Chelsea si concluse dopo un anno, appena 15 presenze ed un solo gol, il che convinse Abramovich a liberarsi di lui con l’arrivo di José Mourinho. Curiosamente, Verón fu venduto all’Inter, dove durante due stagioni riuscì nuovamente ad esprimersi ad alti livelli.
Un altro campione la cui esperienza presenta molti punti in comune con quella della Brujita è il Valdanito Hernán Crespo. Anche lui argentino, anche lui ex Parma e Lazio, anche lui uno dei giocatori più forti che gli anni 2000 ci abbiano regalato. Una lepre in area di rigore, un incomparabile fiuto del gol e una media gol come pochi, queste le caratteristiche che spinsero Abramovich ad acquistarlo dall’Inter nell’estate del 2003. Eppure, nei complessivi tre anni trascorsi a Stamford Bridge riesce a mettere a segno solo 25 reti in appena 73 presenze. Ma anche in quest storia c’è dell’inspiegabile, perché non va dimenticato che l’esperienza al Chelsea di Crespo fu intervallata dalla breve parentesi al Milan, che lo prese in prestito per un anno nel 2004. Superfluo precisare che durante il suo anno in rossonero Crespo riuscì a lasciare il segno, mettendo a segno gol importanti e sfiorando la Champions League solo per colpa della incredibile finale di Instanbul, durante la quale realizzò peraltro una doppietta.
Altrettanto inspiegabile è il clamoroso flop di Andriy Schevchenko. Il re dell’Est, passato dal Milan ai Blues nell’estate del 2006, dopo aver incantato tutta Italia a suon di gol e di trofei, che gli valsero il pallone d’oro nel 2004. Un campione vero, che ha lasciato il segno nel campionato italiano come pochi. L’unica cosa che ci si aspettava da uno come lui era un bottino di gol nel campionato inglese. Eppure, 47 partite con appena 9 gol nel giro di tre anni trascorsi a Stamford Bridge sono numeri che indubbiamente non si addicono ad uno come lui, capace di segnare 127 reti in 208 presenze con la maglia rossonera, che lo hanno reso il secondo miglior marcatore nella storia del Milan.
Ma il flop forse più incredibile di tutti in maglia blues è stato quello di Fernando Torres. Ciò che rende l’esperienza di Torres al Chelsea ancora più inspiegabile degli altri talenti è il fatto di essere stato acquistato dai Blues nel momento migliore della sua carriera, peraltro da una squadra militante nello stesso campionato. Quando Torres arriva al Chelsea nel 2011 è infatti uno dei campioni consacrati del contesto internazionale, è reduce da 81 in 142 presenze con il Liverpool e da un Europeo e un Mondiale vinti con la Nazionale spagnola. Ma soprattutto, quando Torres arriva al Chelsea non deve fare i conti con la difficoltà di inserirsi in un campionato nuovo, con nuovi schemi di gioco e un nuovo ambiente. La Premier League è casa sua, è un campionato che conosce già alla perfezione, nel quale ha già messo a segno 65 reti in 102 presenze. Eppure, sebbene durante la sua esperienza al Chelsea sia riuscito a conquistare una Champions League e una Europa League, non vi è chi non abbia notato il clamoroso calo delle sue prestazioni. Quasi 4 stagioni a Stamford Bridge ed appena 45 reti in 172 presenze, una media cui El Niño, che fino al 20011 era un animale dell’area di rigore, non era di certo abituato.
Non si può dire che Torres sia stato in cattiva compagnia durante la sua esperienza allo Stamford Bridge. Infatti, anche la coppia di talenti belga belga Lukaku-De Bruyne ha indossato la maglia del Chelsea, senza purtroppo lasciare il segno. Il primo fu acquistato contemporaneamente al campione spagnolo, e fu identificato come giovane promessa sulla quale scommettere, ma le sue poche prestazioni non convinsero e fu girato prima al West Bromwich per poi essere venduto all’Everton. Il secondo fu ingaggiato un anno dopo, nel 2012, ma la sua giovane età e apparente inesperienza convinsero la dirigenza del Chelsea a cederlo al Wolsfsburg dopo appena un anno. Entrambi condividono il triste primato di non essere riusciti a realizzare nemmeno una marcatura in maglia blues. Tuttavia, altra caratteristica in comune della coppia belga è quella di essere invece riuscita a lasciare il segno in altri contesti e di essere tra i migliori giocatori della attuale Nazionale belga. Lukaku si è distinto con la maglia dell’Everton, prima, e con quella dello United, poi, e oggi sta confermando le sue qualità tra le fila dell’Inter. De Bruyne ha fatto faville al Wolfsburg, attirando le attenzioni del Manchester City, del quale oggi rappresenta una pedina insostituibile.
Chiudiamo con colui che al Chelsea non è stato altro che un oggetto misterioso: Mohamed Salah. Acquistato dal Basilea nel 2014 per 15 milioni di euro, dopo appena un anno in blues conclusosi con appena 19 presenze e due reti, l’egiziano viene scartato e girato in prestito alla Fiorentina, prima di essere venduto alla Roma, dove si afferma con 34 reti in 83 presenze. Inutile commentare la sua attuale esperienza al Liverpool, con cui ha sinora realizzato 91 reti in 144 partite, contribuendo in maniera determinante alla conquista della Champions League nel 2019, cui probabilmente si aggiungerà una Premier League nel 2020, coronavirus permettendo.
Insomma, talenti, affermatisi come campioni in altri contesti, ma che tra le fila del Chelsea non hanno inciso. In altre parole, campioni inespressi. Difficile individuare una spiegazione plausibile nel flop che accomuna tutti i calciatori citati. Probabilmente è stato proprio l’eccesso di acquisti di Abramovich, l’elevata concentrazione di calciatori che ogni anno transitava da Stamford Bridge e l’alta concorrenza e competitività a determinare il loro fallimento in maglia blues. Quel che è certo è che l’inspiegabile puntualità con cui i campioni che passano da Stamford Bridge vengono bruciati è preoccupante. Pertanto, non ci resta che attendere la prossima vittima da raccontare.
Amedeo Polichetti
fonte immagine in evidenza: theathletic.com