Finley, l’importanza di fidarsi del proprio valore
Fonte: www.finley.it

Se lo vuoi, tutto è possibile. Nulla è inafferrabile, senza un limite“. È questo il mantra contenuto all’interno del ritornello del singolo che ha reso celebri i Finley, un invito a dispiegare, in senso metaforico, le ali e a librarsi in volo, uscendo dalla propria zona di comfort, edificata con paure ataviche e rincuoranti abitudini.

Il senso di affrancamento viene reso nel brano d’esordio della pop punk band legnanese con un’intensificazione di pathos e di suoni, fino ad arrivare allo stornello liberatorio, che parrebbe appositamente creato per esaltare le grandi platee degli stadi. La canzone trae linfa dal sapiente contrasto tra ironia e malinconia, cardini della poetica dei Finley, che dimostrano, fin dagli albori della propria carriera musicale, di possedere una solida capacità narrativa, al contempo, intelligibile e profonda.

Siamo andati a bussare virtualmente alla sala prove dei Finley che, tra molte curiosità e non poche risate, si sono raccontati ai nostri microfoni. Di seguito la nostra intervista a Pedro, frontman del gruppo.

Da cosa nasce la predilezione dei Finley per la musica? Come vi siete scoperti tutti accomunati dalla stessa passione?

«Ti parlo di come nasce il mio, di amore per la musica. Ho iniziato ad approcciarmi al punk rock, quello vero, quello sincero, durante i primi anni del liceo, spostandomi dal mio piccolo centro a una città più grande, venendo, così, a contatto con nuove influenze musicali. Ripenso con affetto ai primi dischi comprati di band californiane o nostrane, che hanno molto caratterizzato la mia adolescenza e le mie serate. Giravamo tra i vari locali che proponevano, spesso e volentieri in versione live, generi musicali che andavano dal punk al rock, allo ska. Diciamo, quindi, che la scintilla è scoccata per me in fase adolescenziale, alimentandosi nel corso degli anni a venire.»

Voi avete già sulle spalle una carriera longeva. La vostra prima uscita discografica ha ormai compiuto la maggiore età…

«Mi fa molto specie quando si parla di carriera, anche se negli ultimi anni ci sono stati dei progetti musicali poco longevi. Noi Finley abbiamo alle spalle diversi album, un repertorio nutrito, abbiamo realizzato tantissimi sogni; sogni perché quando eravamo tra i banchi di scuola, mai e poi mai avremmo immaginato di vincere un Best Italian Act agli MTV Europe Music Awards o, di conseguire tre dischi di platino, di suonare davanti a tanta gente o di condividere il palco con artisti del calibro dei Depeche Mode. Abbiamo fatto un sacco di strada insieme, tra cui un quinto posto a Sanremo. Ogni traguardo che riusciamo a conseguire, adesso vale il doppio: l’abbiamo raggiunto da soli, avendo fondato la nostra personale etichetta indipendente.»

“Tutto è possibile” è l’apice dalla vostra musica, album che dà la voce alle storie degli adolescenti di allora e, perché no, di oggi. Cosa vi ha spinto a raccontare il loro mondo interiore?

«I Finley raccontano i giovani ai giovani, avendo un occhio critico e costruttivo sulla loro realtà. Dovrebbe essere dovere di ogni persona, soprattutto di ogni artista, maturare consapevolezza: permette di cambiare le cose. Se l’arte viene vissuta solo ed unicamente come fonte di intrattenimento, va a finire che la si vive male, non capendo neppure il motivo.»

Oltre che con le parole, voi Finley comunicate con l’energia con cui esplodete (assistere a un vostro live è un’esperienza caldamente consigliata, smuove dentro). Riuscite a trasmettere emozioni con la stessa forza, sia con i testi che con la voce e gli strumenti, che lasciate parlare spesso da soli. Cos’è che vi attiva?

«Crediamo profondamente in quello che facciamo. Dal vivo si mette tutto in moto, quello che è il nostro pensiero diventa carne e sangue, per cui noi diventiamo la musica che facciamo. Questo, unito all’amore per la gente che ci segue, crea delle situazioni nelle quali si verifica uno scambio fortissimo tra noi e il pubblico, ci si autoalimenta. È la forza dei Finley.»

Pensi che le tue esperienze musicali abbiano avuto un impatto positivo sulla tua persona?

«Ti dovrebbe rispondere una persona che mi conosce appieno, che mi vive ogni giorno. Da dentro è difficile valutare i cambiamenti, una mano dall’esterno sarebbe gradita. Di sicuro, quello che sono oggi è un uomo maturo, spero cambiato in meglio. Guardo negli occhi dei ragazzi, che sono qui accanto a me adesso, ritengo che la luce che vedevo nei primi anni non è variata affatto: la fame è la stessa, ma c’è una consapevolezza maggiore di quello che siamo e dell’energia che abbiamo insieme. Remiamo tutti dalla stessa parte. Sono cresciuto, non ho più sedici anni come allora, con la mia musica e i miei amici di sempre sono diventato grande. Il successo muta radicalmente il quotidiano di una persona, è un forte scossone che ti ribalta a trecentosessanta gradi. Però, lavorando e vivendo tutti i giorni insieme e avendo mantenuto le stesse amicizie che avevamo già prima di questo vortice, siamo riusciti a tenerci in equilibrio. Secondo me, siamo stati bravi a mantenere i piedi per terra, a recuperarci a vicenda; quando qualcuno perdeva un po’ il senso della realtà, c’erano gli altri a mantenerlo attaccato al cemento. Ho sempre detto ai restanti componenti dei Finley di non dormire sugli allori, ma di andare più a fondo.»

Vincenzo Nicoletti

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