È il fosforene l’ultima grande promessa in arrivo dal mondo della scienza dei materiali.
Pur essendo uno degli ultimi ritrovati nel campo dei materiali bidimensionali, il fosforene è infatti pronto a lanciare una sfida importante sulle prestazioni al ben più noto grafene; questa sfida, tra l’altro, nasce proprio in Italia, grazie all’opera dei ricercatori dell’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Nano-Cnr) e laboratorio Nest della Scuola Normale superiore.
Il fosforene è stato testato attraverso la realizzazione di un dispositivo capace di rilevare frequenze molto elevate, nell’ordine dei terahertz, con effetti molto limitati in termini di rumore e a temperature standard e i risultati della ricerca, frutto di una collaborazione allargata a Università di Montpellier, Tulane University, Università della Calabria e Università di Pisa, sono stati pubblicati sulla rivista Advanced Materials.
Spiega Miriam Vitiello, coordinatrice del progetto di ricerca “per ottenere rivelatori di radiazione Terahertz, una tecnologia che può avere applicazioni nel campo biomedicale e farmacologico, della sicurezza (per esempio i body-scanner negli aeroporti), della rivelazione di narcotici, esplosivi e gas tossici, abbiamo sfruttato anche il più famoso grafene, detto ‘materiale delle meraviglie’ per le sue eccezionali proprietà”
Le caratteristiche del fosforene
Il fosforene, che non è altro che un cristallo bidimensionale derivato dal fosforo nero, può rappresentare un’interessante alternativa al grafene, come detto, grazie soprattutto alle sue proprietà; la caratteristica principale del grafene è quella di poter condurre sempre l’elettricità, dato che, a livello atomico, non ha alcune banda energetica capace di limitare l’attività degli elettroni, che quindi possono accedere a tutti i livelli energetici.
Questo garantisce al grafene un grande vantaggio rispetto ai semiconduttori, ma nel limita le applicazioni nel campo dell’optoelettronica; proprio in questo ambito, il fosforene, dotato invece di una banda energetica ben definita, garantisce una maggiore possibilità di controllo sul materiale e, più in generale, sui dispositivi, in funzione della quantità di energia che serve per attivare l’azione degli elettroni.
Il nanosensore progettato in Italia sfrutta un fiocco di fosforo nero esfoliato spesso 10 nanometri, montato in un chip ottico di dimensioni ridottissime. “Il sensore ha mostrato prestazioni confrontabili con le tecnologie commerciali di ultima generazione, inoltre possiede qualità ottiche e elettriche molto versatili che permettono di ottimizzare la progettazione di simili dispositivi in base alle esigenze di applicazioni mirate – conclude Vitiello – candidandosi ad avere un impatto davvero innovativo sulla fotonica e l’elettronica”.
Il CNR ha organizzato anche un “Fosforene Day” tenutosi a Firenze, qui è disponibile il materiale dell’evento.
Alessandro Mercuri