Un atto dovuto, un segnale di civiltà: la legge contro l’omotransfobia, proposta dal deputato Zan, è stata approvata in Commissione nonostante l’ostruzionismo della peggior opposizione che il Parlamento italiano abbia mai conosciuto.
Si attende in settembre la votazione in Aula alla Camera per la quale la destra sta già muovendo le sue pedine, attuando – dopo la selvaggia presentazione di emendamenti per la modifica del testo in Commissione – nuovi ridicoli escamotage per ritardarne e boicottarne l’approvazione.
Legge contro l’omotransfobia: cosa prevede
Proposto dal deputato PD Alessandro Zan, il DDL omonimo non introduce in realtà un reato ad hoc, bensì arricchisce le fattispecie già individuate dalla legge Mancino del 1993 (già al centro di numerose polemiche perpetrate da una certa, la solita, parte politica) per le sanzioni dovute ad atti di odio fondati su motivi razziali, etnici o religiosi. Ad essi, Zan aggiunge condotte motivate dall’odio in ragione del sesso, dall’orientamento sessuale, dal genere e dall’identità di genere.
Una legge universale, come tutte le altre, formulata non per difendere i diritti di un solo gruppo di individui – cosa che cerca di far passare l’opposizione – bensì una legge civile che avvicina l’Italia agli altri paesi europei e sancisce, finalmente, la volontà di uscire dall’oscurantismo medievale della negazione dei diritti e dell’omertà.
L’opposizione di cui non avvertivamo il bisogno
A riprova della caratteristica eleganza e notorio sentire istituzionale, i due principali partiti di opposizione, Lega e Fratelli d’Italia, hanno proposto 975 dei complessivi 1017 emendamenti e proposte di modifica del testo presentato in Commissione. Oltre alle schizofreniche proposte della destra, ne figurano anche quattro a firma PD, sette da Italia Viva e quattordici dal Gruppo Misto.
E’ Fratelli d’Italia a realizzare in realtà un capolavoro: esclude (o, per dirla meglio, cerca di escludere) un numero ben consistente di fattispecie e casistiche sanzionabili proponendo condizionalità particolarmente apprezzate dal proprio elettorato. Meloni&Co, infatti, chiedono di dispensare dall’individuazione del reato di istigazione all’odio l’episodio omotransfobico qualora esso si verifichi all’interno di gruppi che promuovono la Famiglia o, peggio, all’interno di relazioni parentali o familiari. Anche i gruppi religiosi, così come gli appuntamenti convegnistici, per FdI dovrebbero rappresentare isole felici: luoghi ameni dove poter inveire contro checche ed invertiti senza che ciò possa essere sanzionato e punito.
I saltimbanchi della politica che, con la loro smania da circo, riducono a barzelletta tutto ciò che toccano, hanno dunque dato ulteriore dimostrazione della loro inadeguatezza – politica, istituzionale e umana – e dell’impossibilità, ormai acclarata, di avere in Italia una Destra in grado di operare per il bene del Paese, in grado di elaborare proposte di legge che, pur con una connotazione valoriale ben definita, possano dirsi rispettose, o quantomeno serie.
Una chimera, un miraggio sempre più distante.
Per il voto di settembre, infatti, Lega e FdI, riporta il deputato Zan, pare abbiano proposto l’approvazione tramite voto segreto. Ciò metterebbe senza dubbio a rischio la tenuta e la possibile approvazione del testo di legge, perché aprirebbe squarci di opportunismo e garantirebbe a chi vuole far saltare la legge ampi margini di manovra per trovare voti e sancire alleanze e, d’altra parte, permetterebbe a deputati poco convinti di sfuggire al controllo della parola data o della decisione presa collegialmente dal proprio partito.
Nei confronti dei comportamenti totalmente inopportuni ed inadeguati della peggior destra della storia repubblicana, il Consiglio Nazionale dell’Arcigay si è pronunciato attraverso un comunicato stampa questo 20 luglio: «Questo testo di legge non esaurisce in modo completo i bisogni del contrasto all’odio e le necessità di tutela e assistenza che le persone LGBTI+ e le donne vittime di quella violenza richiederebbero, tuttavia il testo depositato raccoglie alcune nostre storiche istanze e interviene in modo utile su diversi aspetti legali, sociali, culturali e di tutela che investono la vita delle persone che la nostra associazione vuole rappresentare». Continua asserendo «respingeremo ogni tentativo di svuotare l’efficacia delle misure di prevenzione e di supporto alle vittime»
Omotransfobia e Cei
Anche la Cei, commentando il testo di legge, in un comunicato stampa degli ultimi giorni di luglio, indica come, secondo l’associazione dei vescovi italiani, l’approvazione della legge piuttosto che sanzionare comportamenti illeciti rappresenterebbe al contrario la negazione della libera espressione dell’individuo.
Forse dimenticano, i vescovi, che ogni società civile è basata proprio sul riconoscimento ed il rispetto dell’altrui identità e che, dileggiare o inveire contro un uomo o una donna sulla base del solo orientamento sessuale, fomentando un sistema sociale che sempre di più permette ed accetta le più diverse forme di violenza, siano esse fisiche e verbali, sdoganando nei fatti lo svuotamento di qualsivoglia senso di reciprocità, non può essere considerato “libera espressione del pensiero personale”. L’omotransfobia è (finalmente) un reato, e come tale va riconosciuto e considerato da uno Stato democratico e laico.
In questo senso, vale sicuramente la pena raccogliere le opinioni di tutti, ma talvolta sarebbe auspicabile misurare la propria competenza così come rispettare i limiti del proprio campo d’azione. E quindi, immediatamente, tacere.
Pluralismo, non dispregio
Bisognerebbe dunque far capire cosa si intenda per pluralismo di idee: ovvero quale sia la linea di demarcazione tra pluralismo e discriminazione. Una legislazione delle maglie troppo larghe, effettivamente, potrebbe condurre ad uno svuotamento, nei fatti, della legge proposta del Democratico Zan. O uno svuotamento di qualsivoglia altra legge contro la discriminazione.
Val la pena chiedersi, dunque, quale sia il discrimine e quando si configuri la violenza della fattispecie che fa scattare la sanzione.
Al netto di ogni ragionevole dubbio, ciò che è certo è che non vi è, nella legge contro l’omotransfobia, alcuna violazione del diritto tutelato dall’articolo 21 della Costituzione italiana, quello che tutela la libera espressione del proprio pensiero visto che essa – giova ripeterlo – non introduce una nuova fattispecie di reato ma punisce atteggiamenti e comportamenti lesivi dell’altrui dignità.
Chi non lo accetta, chi ancora si trincera (anche a sinistra) dietro la motivazione di non esser convinto da questa legge per il semplice fatto che, approvandola, sottolineerebbe paradossalmente ancor di più il discrimine tra eterosessuali, omosessuali, bisessuali o trans rispetto ai comportamenti da sanzionare, forse dimentica che lo Stato italiano, così come qualsiasi altro stato che si professa democratico, ha l’obbligo di assicurare l’uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini anche nella tutela che esprime. Non può dunque, a fronte del reiterarsi di comportamenti rispondenti ad una precisa matrice ideologica, lasciar spazio ad un odio che nulla ha a che fare con la libertà di pensiero. Non può fare parti uguali tra diseguali, per utilizzare un’espressione di Don Milani.
L’odio verso l’altro, per le sue caratteristiche, non può essere qualcosa definito lecito a singhiozzo o la cui connotazione e valutazione viene rimessa allo studio della casistica e alla valutazione del singolo.
Lungi dal voler auspicare il ritorno del pensiero unico o di una dittatura, è evidente che sia necessario, laddove non arriva il buonsenso e la civiltà, far intervenire gli strumenti legislativi. Perché, se è vero che ogni espressione è lecita e sussiste libertà di parola e di opinione, è vero anche che l’equilibrio dei diritti costituzionali è materia da trattare con serietà e rispetto e sicuramente il DDL contro l’omotransfobia meriterebbe una trattazione portata avanti da attori politici ben diversi da quelli che ci sono capitati o abbiamo scelto in questa legislatura.
Edda Guerra