Ci siamo. Le elezioni europee del 26 maggio 2019 si avvicinano e l’Italia, come gli altri 27 stati membri dell’Unione Europea – Regno Unito compreso, per i ritardi della Brexit – sarà chiamata a eleggere i suoi eurodeputati. Al di là della campagna elettorale permanente in cui siamo immersi, si tratterà di elezioni davvero cruciali per il destino stesso dell’Unione e abbiamo già spiegato le tante ragioni per cui, al di là di cosa si voglia votare, è importante recarsi alle urne dalle 7 alle 23 di domenica 26, e non per banale retorica. In qualsiasi modo la si pensi, infatti, il Parlamento Europeo, a cui l’Italia contribuirà con 73 seggi su 751 – uno dei numeri più elevati – sarà chiamato a decidere su questioni fondamentali per il prossimo futuro anche degli italiani: non solo il destino della stessa UE, la Brexit e la questione migratoria, ma anche un tema globale come la salvaguardia dell’ambiente.
Dal Trattato di Lisbona (2009), infatti, la lotta ai cambiamenti climatici rientra a pieno titolo tra i principali obiettivi delle politiche comunitarie, a cui è stata dedicata un’intera sezione all’interno del TFUE, il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Non solo, quindi, ciò ha garantito negli anni degli standard di qualità ambientale tra i più elevati al mondo – di gran lunga superiori, ad esempio, rispetto alla legislazione americana – ma l’Europa è ancor più fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, su cui l’Italia è ancora ampiamente indietro.
Ci siamo chiesti, quindi, quanto spazio sia davvero dedicato a questi temi cruciali nei programmi dei partiti che in queste ore si stanno affannando a cercare i nostri voti, nel cercare di capire se – al di là del dibattito stucchevole su Greta Thunberg e sul movimento Fridays For Future, e oltre banali slogan – ci sia davvero qualcosa di buono. Non dimenticando che gli eurodeputati eletti andranno a far parte di gruppi europei che dovrebbero avere un’ideologia più o meno simile al partito italiano: ad esempio il Partito Socialista Europeo per il PD, o il Partito Popolare Europeo per Forza Italia. Ecco quanto abbiamo scoperto.
Forza Italia – gruppo PPE, Partito Popolare Europeo.
Nel programma di Forza Italia, che come abbiamo accennato aderisce al PPE, per le elezioni europee 2019, c’è un primo riferimento all’ambiente al punto 4, dove si dice che sono necessarie maggiori risorse – tra le altre cose – per “energie pulite” ed “economia circolare”, e al punto 6, dove si parla di tutela del made in Italy, con un lungo elenco in cui in realtà ci finisce dentro un po’ di tutto: dalla tutela delle nostre imprese dalla “concorrenza sleale di alcuni nuovi paesi comunitari e delle produzioni asiatiche e cinesi”, al generico “vogliamo inoltre un’agricoltura moderna, sostenibile e di qualità. […] Lo stesso dicasi per la pesca”. Il riferimento alle imprese è interessante, perché ad esempio a proposito della direttiva europea che di recente ha posto una decisa stretta al consumo di alcuni oggetti monouso in plastica, come piatti, posate e cannucce, Forza Italia è stata fermamente contraria, parlando proprio di “colpo al made in Italy”. “I divieti sembrano fatti su misura contro l’Italia”, aveva affermato l’allora eurodeputata forzista Elisabetta Gardini, visto che stoviglie e posate in plastica “sono prodotti soprattutto da piccole e medie imprese italiane.” Peccato che siano anche una delle principali fonti di inquinamento dei – nostri (!!!) – mari. Il programma ritorna a parlare di ambiente al punto 12, significativamente l’ultimo: “I cambiamenti climatici devono essere al centro dell’agenda politica europea, senza inutili estremismi ma mettendo insieme sviluppo e difesa del pianeta”. Deo Gratias, almeno lo riconoscono. Sarebbe interessante, però, approfondire l’espressione “inutili estremismi”.
Lega – gruppo EAPN, Alleanza Europea dei Popoli.
Trovare di per sé un programma della Lega per le elezioni europee 2019 è impresa dura, perché su tutti i social e i siti di riferimento si tende solo a rilanciare slogan e dichiarazioni estemporanee del leader Matteo Salvini. Gli unici punti programmatici che troviamo sono gli stessi del gruppo europeo di riferimento, e di ambiente non c’è la benché minima traccia. Anche la Lega è stata fortemente contraria alla direttiva europea sulla plastica monouso, ma è quasi scontato sottolinearlo.
Fratelli d’Italia – gruppo Conservatori e Riformisti europei.
Anche il programma del partito di Giorgia Meloni per le elezioni europee 2019 ricalca, almeno in parte, alcuni punti tradizionali dei partiti di destra, in parte già visti nel programma di Forza Italia. Anche qui si parla di difesa del made in Italy, al punto 6, e infine si dedica all’ambiente l’intero punto 11, che suona il più convincente nello schieramento di cdx, e per ragioni quasi identitarie: “non si può essere dei patrioti senza essere anche dei difensori della natura”, quindi propongono “la messa al bando di tutti i prodotti non biodegradabili”, “contrasto a ogni forma di inquinamento”, “tutela dei nostri mari e restauro delle nostre coste”, addirittura “contrasto agli allevamenti intensivi” e “dazi nei confronti degli Stati che non rispettano l’ambiente”. Sicuramente è molto positivo il “sostegno alla riconversione delle aziende ad elevato impatto ambientale o che producono materiale plastico”, e rappresenta un’importante differenza con FI e Lega rispetto a quanto detto sul tema del plastic free. Segnaliamo però lo scarso contenuto di diversi punti: cosa significa esattamente bandire tutti i prodotti non biodegradabili? E visto che l’Italia stessa è in forte ritardo sul tema ambientale, i dazi ce li imponiamo da soli?
M5S – gruppo EFDD, Europa della Libertà e Democrazia Diretta.
Il programma del Movimento 5 Stelle per le elezioni europee 2019 dedica diversi punti alle questioni ambientali, visto che l’ambientalismo, almeno nelle intenzioni, sarebbe una delle “stelle” che ne compongono il simbolo. Al punto 7 si parla brevemente di sostegno alla green economy e di “più lavoro con l’economia circolare”, al punto 14 di energie rinnovabili, con “stop a fonti fossili, trivelle e inceneritori” e sostegno alla mobilità sostenibile. Nei punti successivi c’è il divieto degli OGM e dei pesticidi nocivi, ma anche un grande classico come più soldi e meno burocrazia per agricoltori e pescatori contro i vincoli europei, “arance sudafricane, olio tunisino e riso asiatico”. Vecchi e nuovi cavalli di battaglia, insomma. Fa specie che un partito che ha fatto del web uno dei suoi cavalli di battaglia non abbia dei punti specifici sulla digitalizzazione della PA e sul tema dei big data. Parallelamente, stranisce che per una questione per loro identitaria si risolva tutta in qualche slogan, con nei fatti pochi impegni concreti.
Partito Democratico – Partito Socialista Europeo.
Anche lo spazio dedicato all’ambiente dal partito di Zingaretti è piuttosto ampio, e finalmente compare qualche data: oltre a parlar genericamente di un piano d’investimenti – tra le altre cose – anche per le energie rinnovabili, al punto 4 si prende l’impegno a “dimezzare le emissioni inquinanti entro il 2030, arrivando a zero nel 2050” e “aumentare gli investimenti per azzerare l’uso del carbone”. Poi tanti altri buoni propositi su digitalizzazione, agricoltura sostenibile e altro ancora. Peccato che all’atto pratico pesi come un macigno il referendum del 2016 e la posizione dell’allora governo Renzi a favore delle fonti fossili. Immaginiamo che sul fronte energetico non sia cambiato molto.
La Sinistra – gruppo GUE/NGL, Sinistra Unitaria Europea / Sinistra Verde Nordica.
L’altro neonato partito di sinistra, che unisce varie precedenti esperienze a sinistra del PD, nel suo programma per le elezioni europee 2019 parla di commercio equo e sostenibile, chiedendo di fermare il TTIP (al punto 4), mentre al punto 5 propone un “Green New Deal” per il clima: finalmente si fa riferimento ai recenti dati dell’IPCC secondo cui abbiamo un decennio per contenere l’aumento di temperatura entro 1,5 dati e si guarda con speranza alle proteste dei giovani di tutto il mondo. Per questo propongono “un programma di riconversione ecologica con investimenti nelle filiere industriali, dei trasporti, dell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili, pari ad almeno il 3% del Pil europeo“. Si prosegue parlando di quelle che definiscono opere inutili, come la ormai nota TAV Torino – Lione.
+Europa – gruppo Partito Democratico Europeo.
Si tratta di uno dei programmi più dettagliati che troviamo in rete, un po’ a sorpresa, e di ambiente si parla in particolare al 4, che è ricco di spunti: anche qui si parla di “zero emissioni nette entro il 2050 e fuoriuscita dal carbone entro il 2030”, di “eliminazione di sussidi e finanziamenti dannosi per l’ambiente” (si, ma quali?), di “un prezzo minimo europeo delle emissioni di Co2”, una inedita “strategia europea per le foreste” e un “piano europeo per la riqualificazione ambientale urbana”. Si prosegue con mobilità sostenibile, economia circolare e altri punti citati un po’ da tutti.
Europa Verde – gruppo Partito Verde Europeo.
Si tratta, ovviamente, del partito più green di tutti, almeno nel nome e nelle intenzioni. Il programma presenta, quindi, moltissimi riferimenti all’ambiente, che è subito al punto 1 ma che permea ogni settore: 100% rinnovabili, Green New Deal, eliminazione graduale delle fonti fossili, sostegno alla mobilità sostenibile, l’alimentazione “senza pesticidi e OGM”, gli allevamenti “senza crudeltà”.
Antonio Acernese