A Napoli, alle pendici della collina di Posillipo, un luogo magico e immerso nel verde – tra suggestive architetture rocciose – ospita le tombe di due grandi poeti, Virgilio e Leopardi.
Due personaggi distanti per epoche, personalità e tematiche trattate, ma accomunati – per diverse vicissitudini – dal luogo del riposo eterno (o almeno così si crede, viste le tante leggende e l’alone di mistero che circondando le due sepolture), quasi a voler sottolineare la comunione data dal talento letterario fuori dal comune e dall’impronta lasciata nel solco della letteratura mondiale di epoca classica e moderna.
Il Parco Vergiliano – che nel corso dei secoli ha ispirato poeti, scrittori e intellettuali tra cui Goethe e lo stesso Leopardi – è un’oasi di quiete dove un tempo sorgeva, circondata dal verde, la villa dove visse il poeta Virgilio, che preferiva di gran lunga la vita bucolica e tranquilla della collina dei Campi Flegrei alla caotica Roma. Fu proprio qui che il poeta scrisse alcune tra le sue opere più famose, le Bucoliche e le Georgiche. Qui si trovano diverse specie di erbe e piante che Virgilio descrisse nelle pagine dei suoi scritti e che, ancora oggi, sono ricordate nel percorso botanico-letterario offerto dal Parco Vergiliano stesso.
Virgilio, un San Gennaro ante-litteram molto caro ai napoletani
Virgilio fu sepolto proprio lì, nella sua villa, e dopo la morte fu venerato dalla gente del posto come una divinità protettrice, in grado di curare malattie e compiere prodigi. La leggenda vuole infatti che Virgilio discendesse da una famiglia mantovana di druidi e per questo avesse dimestichezza con le arti magiche e le erbe curative. Ancor prima della venuta di San Gennaro, dunque, Napoli aveva già il suo ‘salvatore’: venerato per le sue doti “taumaturgiche”, Virgilio era una sorta di protettore della città, che si narra abbia liberato da numerose iatture, come invasioni di insetti e serpenti. Inoltre, secondo la tradizione, pare che custodisse un libro di formule magiche, che prese dalla tomba del centauro Chirone.
La tomba di Virgilio e la Crypta Neapolitana
All’interno del complesso monumentale del Parco Vergiliano, si trova la tomba di Virgilio, che ha un’architettura che ricorda quella dei nuraghi di Sardegna. In realtà si tratta di un tipico colombario romano, una costruzione semi-ipogea con funziona funeraria molto diffusa fra i romani come forma di tumulazione collettiva. La camera funeraria, che si trova al suo interno, possiede dieci nicchie ed è coperta da volta a botte con tre piccole aperture da cui filtra la luce. All’esterno, un epitaffio del ‘500 recita:
Mantua me genuit, calabri rapuere, tenet nunc/ Parthenope: cecini pascua,rura. duces.
(Mantova mi generò, il Salento mi rapì, mi tiene ora Napoli; cantai i pascoli, le campagne, i condottieri).
Nei pressi della tomba si trova la Crypta Neapolitana, una delle più antiche gallerie del mondo, scavata in età augustea. In alcuni punti è alta più di 8 metri, in altri meno di 2; collegava Neapolis a Puteoli (Napoli a Pozzuoli). Secondo la leggenda, fu scavata dallo stesso Virgilio in una sola notte. La grotta, complice le tenebre che la avvolgono, è stata nel corso dei tempi teatro di culti e riti, come quello legato a Mitra, la divinità del sole. Non è un caso: durante l’equinozio di primavera, infatti, la luce del sole illuminava completamente il passaggio della grotta, lasciando pensare a qualcosa di miracoloso.
Leopardi: perché è sepolto a Napoli?
La volontà di accostare alla tomba di Virgilio quella di Leopardi risale al 1934, quando le spoglie furono traslate dalla vicina chiesa di San Vitale a Fuorigrotta, probabilmente per rendere omaggio al poeta. Com’è risaputo, Leopardi era molto cagionevole di salute e nel 1837 si trovava a Napoli per un soggiorno curativo. In realtà nel giugno di quell’anno muore. Anche sulla tomba di Leopardi ci sono molti dubbi e leggende: all’interno del sepolcro è stato rinvenuto un corpo dalle ossa lunghe, mentre si dice che Leopardi fosse molto minuto di statura.
In ogni caso, dubbi e perplessità storiografiche non sminuiscono il valore del sito (di competenza del FAI) – purtroppo ancora poco scoperto a Napoli, a favore di altri siti più noti – ma anzi ne accrescono il fascino e il valore simbolico.
Antonella Di Lucia