«L’idea di “Cattive ragazze” nasce dal desiderio di proporre a ragazzi e ragazze, principali destinatari del libro, il racconto di vite di donne non stereotipate, che avessero messo in discussione i più duraturi schemi e tabù sulla femminilità, riuscendo a realizzare se stesse e i propri desideri. Senz’altro una passione che nasce anche da un mio vissuto personale. Da ragazzina le donne adulte a me più vicine incarnavano un modello piuttosto tradizionale, al quale sentivo il bisogno di ribellarmi ed è stato molto faticoso capire chi volevo essere e come diventarlo senza dei riferimenti forti. Mi ci è voluto molto tempo per crearmi una genealogia simbolica di madri e sorelle maggiori. Credo che ciò accada ancora alle ragazze di oggi, che si trovano spesso ingabbiate in schemi in parte diversi da quelli di un tempo, ma non meno costrittivi.»
Così esordisce la sceneggiatrice della graphic novel “Cattive ragazze”, Assia Petricelli. Progetto senza eguali, pedagogico e ammaliante: le 15 storie di donne audaci e creative, edito da Sinnos nel 2013, è stato vincitore del Premio Andersen nel 2014 come miglior libro a fumetti.
Perché la selezione è ricaduta su queste 15 biografie in particolare e non su altre? Qual è stato il criterio di scelta che ha portato a condensare gli avvenimenti in sole quattro tavole e in poche frasi ad effetto?
«Quasi tutte le biografie contenute nel libro raccontano storie di donne che, pur incontrando enormi ostacoli sul proprio cammino, riescono a realizzare i propri sogni. Ma non sono speciali, non sono eroine, sono donne comuni che si confrontano con difficoltà che tutte conosciamo, combattono e vincono. Ho pensato che fosse importante presentare alle più giovani delle figure di donne che ce la fanno, è un modo per dire: “se ci sono riuscite loro, potete farcela anche voi”. Troppo spesso le narrazioni che hanno protagoniste femminili presentano esiti drammatici: sembrano dirci che ogni volta che una donna esce dai recinti che le sono stati costruiti intorno debba andare necessariamente incontro a una punizione, spesso la follia o la morte. Ecco, io non volevo raccontare delle vittime, non volevo cadere in questo cliché. Franca Viola, ad esempio, subisce uno stupro, ma la sua figura non si riduce allo status di vittima, lei si ribella, prende parola e fa condannare il suo aguzzino. Non soltanto, trova un uomo che la ama, lo sposa e apre una strada nuova per altre donne che prendono coraggio e denunciano. La scelta della sintesi nasce dalla volontà di costruire un libro leggero, al tempo stesso facilmente leggibile e accattivante. Per questo stesso motivo alle scene drammatiche sono alternati momenti divertenti o ironici. Inoltre la particolare struttura delle biografie stimola nei giovani lettori la curiosità e il bisogno di approfondimento. Nei laboratori che facciamo nelle scuole lavoriamo molto con gli studenti proprio in questa direzione.»
Parlaci della collaborazione con l’illustratore Sergio Riccardi, braccio artistico per le tue idee.
«Sergio è a tutti gli effetti co-autore insieme a me di “Cattive ragazze”, nel senso che ogni scelta, sia narrativa sia figurativa, è stata discussa e condivisa da entrambi. Il segno utilizzato contribuisce a quell’effetto di leggerezza di cui ti parlavo poco fa, vuole essere al tempo stesso sintetico e preciso come lo è la narrazione. In poche tavole e in vignette non sovraccariche abbiamo tentato di restituire la complessità e la varietà di differenti tempi storici e contesti geografici.»
Oggi è ancora fin troppo usuale sentire di donne maltrattate, molestate, ostacolate per il semplice fatto di non essere uomini. Recentemente, abbiamo trattato il tabù del pentimento post parto, del pentimento di essere MADRI: un’ulteriore etichetta restrittiva socialmente indotta, in alcuni casi. Cosa credi possa comunicare questo progetto? In cosa il genere femminile manca ancora di consapevolezza?
«Spero che le ragazze traggano da queste biografie fiducia in se stesse e nelle proprie risorse e il coraggio di scrivere la propria storia senza farsela dettare da nessuno. Al tempo stesso spero che le aiuti a prendere consapevolezza dell’importanza delle alleanze, con altre donne, ma anche con gli uomini: perché il mondo non si cambia da sole, ma insieme alle altre e agli altri. Abbiamo voluto parlare anche ai ragazzi, proponendo loro figure maschili non stereotipate, non nemiche ma complici delle cattive ragazze, come quella del marito di Alfonsina Strada, che il giorno delle nozze le regala la tanto agognata bici da corsa, o di Pierre Curie, che si batte affinché il Nobel venga riconosciuto anche a Marie.»
Quale Cattiva Ragazza, da donna, ti ha emozionato di più?
«Tutte e 15 le storie occupano nel mio cuore un posto particolare ma mi accorgo che, durante le presentazioni e gli incontri, ogni volta che racconto la storia di Franca Viola, a pronunciare il suo “No”, mi si incrina la voce, ancora oggi dopo quasi cinque anni.»
Dopo 5 anni dalla pubblicazione di Cattive Ragazze se ne parla, se ne discute; ha ottenuto nel 2014 il Premio Andersen, riscontra un sempre rinnovato interesse nelle librerie, ne è stato fatto uno spettacolo teatrale … non pensi che, proprio oggi, possa essere il momento adatto per un sequel, per altre grandi vite che hanno fatto la storia?
«Non escludo del tutto che in futuro darò un qualche seguito a “Cattive ragazze”, ma al momento non ne sento l’esigenza. Sergio ed io siamo impegnati su altri progetti, soprattutto ci sembra più importante che altre e altri, in primis le ragazze e i ragazzi, stimolati dal nostro fumetto, vadano a caccia di altre storie di “cattive ragazze” e se ne facciano portavoce. Noi volevamo solo lanciare un sassolino nello stagno e ci sembra, nel nostro piccolo, di esserci riusciti.»
A volte, le cose semplici sono quelle che si rivelano essere mai banali. E questo fumetto è così: semplice e d’effetto, dolce ma tagliente come una lama. Arriva dritto al punto: il fatto di essere donna poteva incidere su di una vita e sulla sua sopravvivenza nel mondo. Essere donna poteva debilitare e rendere la normalità, una difficoltà immane. Ma è esistito ed esiste ancora il coraggio.
E queste 15 storie di donne audaci e creative insegnano che si può correre, oltre i limiti, le violenze e i cliché, seppure costi fatica. È il coraggio di chi non aveva niente ma tutto da perdere; è la forza di chi ha sacrificato il presente per un futuro migliore. Sono maestre di vita che non devono essere dimenticate. Chapeau.
Pamela Valerio