Ogni anno si verificano in media 50 eruzioni che dal 1980 ad oggi hanno provocato la morte di circa 900 persone e gravi danni a infrastrutture, edifici e ambiente. Prevenire quando i 1500 vulcani ancora attivi sulla Terra possano eruttare risulta difficile e allo stesso tempo molto costoso.
A partire dagli anni ’70 i vulcanologi utilizzano il COSPEC (correlation spectroscopy) per monitorare i livelli di anidride solforosa nell’aria. Tale strumento ha un peso di circa 20 kg e un costo che si aggira intorno ai 50 000 euro e pertanto gli esperti del settore stanno cercando di mettere a punto tecnologie alternative in modo tale da limitare i costi.
Il fisico e vulcanologo scozzese Andrew McGonigle è giunto ad una soluzione: ”Utilizzato finora in 25 paesi, lo spettrometro a ultravioletti rileva e rappresenta i pennacchi vulcanici misurando la luce di sfondo assorbita dai gas vulcanici. Assieme ad altre analisi, come la misurazione delle deformazioni del terreno nelle vicinanze dei vulcani, “consente una diagnosi come quella della malattia in un paziente. Ancora non sappiamo dare un senso a circa la metà dei dati che possediamo su come cambiano i vulcani. Ma un po’ alla volta, grazie a nuovi metodi diagnostici, stiamo interpretando nuovi filoni di informazioni.’‘
Lo scienziato scozzese, che da circa 20 anni sta studiando sistemi per migliorare la capacità di prevedere eruzioni, ha monitorato 20 vulcani alcuni dei quali presenti sul nostro territorio. Utilizzando un elicottero telecomandato attrezzato di telecamere è stato possibile monitorare e avere un’ampia veduta delle zone vulcaniche. Strumenti simili offrono punti di osservazione impossibili a cifre veramente irrisorie.
McGonigle ha in programma di recarsi nell’Anello di Fuoco del Pacifico in Papua Nuova Guinea lungo il quale sono collocati la maggior parte dei vulcani del pianeta per condurre ulteriori studi e ha dichiarato di essere intenzionato a mettere a punto nuove tecnologie. Si auspica che i suo progetti vadano a buon fine.
Vincenzo Nicoletti