Napolitano scende in campo ed entra a gamba tesa sul dibattito in corso sull’articolo 18, schierandosi al fianco del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Mazzata sul capo verso la Cgil e la minoranza interna del partito, accusati di essere “conservatori”, qualche giorno fa, proprio dal premier fiorentino.
Affilato come la lama di un’accetta, l’appoggio al governo Renzi. Il Presidente della Repubblica in un intervento spiega che è inutile “sbraitare contro la Ue. L’Italia e l’Europa possono uscire dalla crisi solo insieme, con politiche nuove e coraggiose per la crescita e l’occupazione, dirette soprattutto dai giovani.”
Un avviso, questo, diretto alla vecchia guarda del Partito: “L’Italia non può restare prigioniera di corporativismi e conservatorismi”, specifica, “specialmente in Italia, dobbiamo rinnovare decisamente le nostre istituzioni, le nostre strutture sociali, i nostri comportamenti collettivi. Oggi, non solo l’Italia, ma tutta l’Europa sono alle prese con una profonda crisi finanziaria, economica e sociale. E fanno fatica ad uscirne” ma “possono uscirne, solo insieme”. “Per farcela” prosegue “ci si deve non già chiudere nei vecchi recinti nazionali e sbraitare contro l’Europa, ma stringerci ancor più in un sforzo comune, integrare le nostre energie”.
L’intervento è molto chiaro, è un altro dei suoi appelli nell’andare avanti sulle riforme, contrastando chi sta cercando di opporsi. Napolitano prova a rimettere in carreggiata il partito sulla strada tracciata dal governatore della Bce, Mario Draghi: le riforme sono essenziali al paese per favorire gli investimenti esteri per dare un messaggio che in Italia non comandano i sindacati.
Ma sull’articolo 18 potrebbe anche saltare la legislatura e Napolitano lo lascia intendere nel suo intervento quando specifica che l’Italia deve essere spinta a “rinnovarsi e mettersi al passo con i tempi e con le sfide della competizione mondiale”. Il suo partito è ad un bivio e Renzi lo sa, se la fronda interna non rientrerà e farà mancare i voti alla legge delega e se a sostenere il governo dovessero essere i voti arrivati dal “soccorso azzurro”, il Presidente del Consiglio dovrebbe trarne le conseguenze. E la conseguenza di Renzi sarebbe il voto anticipato. Sul Job Act il premier sarebbe anche disposto a porre la fiducia e se il partito dovesse ancora dividersi, il bivio sarebbe da intraprendere, in un modo o nell’altro.
La minoranza interna, comunque, non ci sta e, questa mattina, Gianni Cuperlo lo fa sapere: “Un partito non è una ditta né una caserma. E’ una comunità. E non apprezzo gli appelli alla disciplina a stagioni alterne: alcuni di quelli che ora la invocano, sul capo dello Stato hanno votato come gli garbava”. In un’intervista al Corriere della Sera spiega che non è disposto a cedere sull’Articolo 18 nonostante il monito del Presidente della Repubblica e nonostante le divisioni potrebbero portare alla caduta del governo.
Cuperlo continua e dice che “non vale la logica del prendere o lasciare. Chi vince il Congresso ha il diritto e il dovere di dirigere un partito, non di comandare. Però, per citare una persona molto amata da Renzi, Don Milani, siamo in grado di sortirne insieme”. Sull’articolo 18, “spero che nessuno pensi a regolamenti di conti. Non mi sento un gufo, né un guastatore. Ma non accetto nemmeno toni ultimativi”, afferma Cuperlo. “Se è così marginale, perché farne il fulcro? Perché non si mette al centro il fatto che l’accesso ai servizi per il lavoro oggi è un diritto di cittadinanza?”.
Intanto dal fronte delle parti sociali la Cgil continua ad incalzare gli altri sindacati cercando di coinvolgerli in un possibile sciopero generale unitario. L’appuntamento è in agenda per venerdì, ma non è impossibile che la l’incontro possa esserci prima: “La Cgil ha già detto e continua a ribadire che noi inizieremo la mobilitazione. Sarebbe utile per tutti che fosse unitaria ma comunque non ci tireremo indietro”, assicura la Camusso. “Penso che se il tema è quello della riunificazione del mercato del lavoro, non si possano creare doppi regimi. Continuiamo a rimanere convinti che il tema è portare tutto il lavoro italiano ad avere diritti e dignità”, spiega la leader del sindacato di Corso Italia.
Ma nel Partito Democratico la situazione continua a destare preoccupazione per lo scontro interno molto forte. La tensione è altissima, nella giornata di oggi si potrebbe conoscere qualcosa in più sulle divisioni interne, anche alla luce delle riunioni previste da alcuni oppositori in minoranza. Tutti uniti gli antirenziani, innanzitutto, sul rifiuto del soccorso azzurro di Berlusconi, ma non si rinuncia alla possibile convocazione di un referendum interno, anche se poco praticabile.
Luca Mullanu