Continuano le grandi manifestazioni in Serbia

In Serbia ultimamente si respira un’aria tesissima. Lo scorso primo novembre la pensilina della stazione della città di Novi Sad, la seconda per grandezza dopo la capitale Belgrado, è crollata provocando decine di feriti e 15 morti tra cui un bambino. La tragedia ha scoperchiato un vaso di pandora pieno di inganni e corruzione a cui i serbi, in primis i giovani universitari da cui sono partite le proteste, non vogliono più sottostare. Ogni sabato, da quel giorno, migliaia di persone manifestano nelle principali piazze per avere più chiarezza riguardo l’accaduto, ma non solo.

La più grande protesta in Serbia degli ultimi anni

Le tensioni sociali e politiche che la Serbia sta vivendo in questi giorni non si vedevano da molto tempo. All’indomani del tragico accaduto, studenti e professori delle principali università hanno scelto di fare un passo avanti per primi e manifestare contro la dilagante corruzione di cui il paese è saturo. Non sono mancate per loro, purtroppo, manganellate e arresti da parte della polizia, che ha cercato inizialmente di sedare la contestazione con maniere tristemente note.

Poi, col passare dei mesi, anche altre fasce di popolazione si sono unite alle proteste e nel giro di poco tempo hanno interessato l’intera Serbia, dallo studente all’operaio, dai giovani alle famiglie. 

Ad oggi, le manifestazioni e le proteste continuano ininterrotte. Ogni sabato le piazze di Belgrado e non solo gremiscono di gente. Le richieste dei manifestanti sono semplici: che i documenti relativi alla ristrutturazione della stazione vengano resi pubblici, che vengano identificate e incriminate le persone che hanno picchiato i manifestanti durante i primi giorni di protesta e l’annullamento delle accuse per i manifestanti arrestati.

La più grande manifestazione, quella del 15 marzo intitolata “15th for the 15” (il 15 per i 15), ha contato circa 325 mila persone a Belgrado ed è stata la più grande manifestazione che la Serbia abbia mai avuto.

Nel frattempo, a palazzo…

Se nelle piazze la situazione, ogni sabato, era quella di un’accesa protesta, nei palazzi del potere era addirittura più infuocata. Il premier Miloš Vučević, eletto soltanto nel maggio 2024, ha cercato di resistere nel clima teso che si era creato nel paese, ma non ci è riuscito e lo scorso 30 gennaio (a due mesi dall’accaduto) ha annunciato le dimissioni. Il suo governo non ha resistito all’onda d’urto delle proteste nonostante avesse cercato di “salvare il salvabile” lasciando che il ministro delle costruzioni Goran Vesic si dimettesse. Nel corso dei mesi, mentre crescevano le tensioni nelle piazze anche dentro il Parlamento si sono acuite le tensioni tra maggioranza e opposizione, talmente tanto che lo scorso 4 marzo è scoppiato il caos quando si è verificata una violentissima rissa con tanto di lancio di fumogeni, vuvuzela e striscioni contro la maggioranza.

Novi Sad è solo la punta dell’iceberg

Il crollo della pensilina della stazione di Novi Sad, finita di ristrutturare nel non lontanissimo 2023, è in realtà il risultato di anni di corruzione e clientelismo. Da quando le contestazioni sono passate da semplici manifestazioni studentesche a proteste antigovernative, le più grandi che il paese abbia mai visto, la richiesta è semplice: niente più corruzione. Il problema di fondo è questo.

Aleksandar Vučić, eletto nel 2014 come Primo Ministro e nel 2017 come Presidente della Repubblica con il Partito Progressista serbo, da anni invoca questa fantomatica lotta alla corruzione. Una lotta totalmente vuota e retorica che ora ha preso in mano direttamente il popolo.

Non è bastato un governo caduto e decine di arresti, tra cui l’ex direttore dell’Azienda elettrica serba (EPS) Milorad Grčić o l’ex sindaca di Niš Dragana Sotirovski, a frenare le contestazioni che prendevano sempre più la forma di una protesta appartenente al popolo. A vedere le foto delle manifestazioni, le uniche bandiere alzate sono quelle della Serbia, i cartelloni sono scritti rigorosamente in Serbo e non ci sono loghi o bandiere di partiti politici o associazioni che escono fuori dalla semantica di quella protesta, che è fatta dai serbi per i serbi.

Novi Sad è, dunque, solo la punta dell’iceberg. Sotto di esso, oltre il dolore per la tragedia dello scorso primo novembre, si è messa in moto l’unica macchina che è veramente capace di annientare la dilagante corruzione che avvelena la Serbia, ovvero la macchina infallibile delle rivolte popolari.

Benedetta Gravina

Benedetta Gravina
Sono Benedetta, ho 27 anni (ma solo all'anagrafe, nell'animo sono ancora adolescente) e sono laureata in Lingue all'università di Roma "La Sapienza". Amo la musica, la lettura, l'antifascismo, i viaggi organizzati all'ultimo momento ma, prima di tutto, il mare: per me il suono delle onde rappresenta la più bella canzone mai composta.

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