Banksy è subentrato nei nostri scenari culturali come simbolo di un’arte libera, esterna, pubblica e anticonformista, tanto da esser spesso censurato per il suo carattere sovversivo. La stessa street art, di cui Banksy si fa portavoce, esprime la sua volontà di veicolare dei messaggi sociali e politici alle masse, senza però riconoscersi in un’etichetta e quindi conformarsi a uno specifico gruppo.
Con la sua creatività e la sua originalità Banksy gioca e provoca, utilizzando come armi espressive stencil, dipinti, sculture, diversioni di oggetti urbani o opere classiche e installazioni. Il suo esprimersi appare continuamente come un grido di battaglia ironico, una denuncia sottile al sistema a suon di colori e immagini simboliche.
Ma cosa succede se l’artista più libero, che trova il suo luogo d’arte e la sua ispirazione tra le strade di ogni nazione, viene privato di tale contesto?
Con il suo solito carattere ironico Banksy ha portato avanti nel corso degli anni la serie conosciuta come rats. Partendo dai muri di Bristol, per poi conquistare città come Londra, Parigi e New York, ha invaso le strade con questi animaletti piccoli, brutti e a prima vista insignificanti, ma che sono stati in grado di distruggere interi sistemi sociali, apparentemente invincibili.
Proprio questi esserini che sanno sapientemente penetrare nel sistema, nascondendosi ovunque e proliferando a discapito di qualsivoglia azione umana, sono stati, insieme all’artista, vittime della reclusione forzata causa Covid-19.
Banksy ha voluto simbolicamente esprimere sé stesso e la sua solidarietà ancora una volta con la sua arte, sfruttando proprio quei topi anarchici che hanno combattuto finora per fuggire da qualsiasi gabbia e da ogni tipologia di restrizione.
Il messaggio è chiaro: questa è una giusta causa, il virus ci sta privando di ogni nostra abitudine sconvolgendo la nostra routine, ma dobbiamo pazientare, mettere da parte noi stessi per un bene collettivo. Tra le tante direttive che ci sono state impartite, lo smart working (il lavoro da casa) sembra essere la vera parola d’ordine del nuovo sistema in cui ci stiamo immettendo; così l’artista di strada, colui che fa dei muri e dello spazio esterno le sue tele, deve adattarsi di conseguenza.
Banksy ha così dato prova del suo estro artistico sfruttando la sua abitazione e, nello specifico, il suo bagno. È qui che i topi si sono sbizzarriti, diventando i veri padroni, per la prima volta, di uno spazio interno.
«Mia moglie odia quando lavoro da casa» è il commento di Banksy al post virale su Instagram, citazione che è diventata titolo dell’opera poiché riesce con ironia a definire quelli che sono i difficili rapporti di convivenza a cui siamo quasi tutti sottoposti.
I nove topi dipinti appaiono irrefrenabili, dei veri animali in gabbia, prigionieri che pretendono di evadere. Con fare dispettoso ognuno è intento a distruggere e\o sporcare qualcosa durante l’atto simbolico del lavarsi le mani, rappresentazione dunque di quel costante desiderio di voler trasgredire alle limitazioni (c’è chi rovescia il sapone, chi conta i giorni di reclusione, chi danneggia lo specchio, chi corre sulla carta igienica, chi schiaccia il dentifricio…).
Così Banksy dà vita a quella sensazione di iperattività e di nervosismo costante che, bene o male, ha attanagliato tutti, soprattutto durante i primi giorni di quarantena, quindi durante quello stadio di passaggio da una normale routine frenetica alla stasi casalinga. I pensieri viaggiavano velocissimi, ancora non consci del fatto che quell’estrema attività sociale a cui siamo costantemente sottoposti è d’un tratto venuta meno, lasciandoci soli con noi stessi, nelle nostre quattro mura. L’iperattività sociale si è tramutata man mano (nella migliore delle ipotesi) nelle attività domestiche a noi più congeniali e Banksy (quale artista di strada) ha dato vita a un terremoto emotivo che ha devastato il suo bagno: la sua abitazione è così contemporaneamente simbolo di reclusione forzata, quel dentro in cui noi tutti sembriamo impazzire in attesa della libertà; e quel fuori, quello spazio esterno che diventa espressione della nostra mente, ancora una volta contenitore dei nostri pensieri e delle nostre idee.
L’arte acquista, ancora una volta, un forte potere consolatorio, sdrammatizzando lo stress e la nevrosi, tutti i drammi che possono nascere in quarantena. Il cittadino del mondo, Banksy, si immedesima quindi in noi tutti per comunicare nel modo più ancestrale: tramite l’immagine. E proprio questa immagine, che non è più per le strade ma nel suo bagno, è contemporaneamente nella rete, in quelle vie invisibili che ci tengono tutti connessi. La sua arte domestica può entrare in contatto con chiunque si “trovi a passar di lì”, sarà questo uno dei vantaggi di noi, cittadini di una società liquida.
Alessia Sicuro