scuola siciliana - dolce stil novo https://www.sicilianpost.it/una-nobile-radice-da-non-dimenticare-la-scuola-poetica-siciliana/
amore scuola siciliana - dolce stil novo https://www.sicilianpost.it/una-nobile-radice-da-non-dimenticare-la-scuola-poetica-siciliana/

È il 1209 e papa Innocenzo III ha intenzione di estirpare prima i catari e poi gli albigesi dal territorio della Linguadoca. Le due crociate hanno piegato la società della Francia del Sud, frantumando il sistema feudale che la componeva e, con esso, la vita dei cortigiani. Eliminato l’equilibrio che prima regolava la società delle corti, i trovatori (poeti e cantori) occitani non avevano più la possibilità di esibirsi e di guadagnare dalla loro arte: iniziarono quindi a emigrare verso l’Italia, con tutto il loro bagaglio artistico e, con tale fagotto di sogni e poesia, hanno bussato alla prestigiosa porta di Federico II. Ma l’imperatore aveva altri piani. Decise infatti di rubare (vertere avrebbero detto i latini) i topoi della letteratura oitanica e occitana e sfruttarli come collante culturale e ideologico per il proprio regno. A scrivere dovevano però essere i suoi prediletti, dovevano farlo in volgare siciliano e, soprattutto, dovevano escludere i temi politici per evitare una propaganda a lui avversa. Si pongono così le basi della Scuola Siciliana.

Jacopo da Lentini ne viene designato come capo – scuola. Notaio della corte federiciana, Jacopo imbriglia per la prima volta il tema amoroso nelle catene metriche del sonetto (dal provenzale, piccolo suono). Con “Amor è un desio che ven da core”, l’autore riporta in auge la questione aperta da Andrea Cappellano nel 1100, nel trattato latino “De Amore”: quali sono gli organi che si occupano del processo dell’innamoramento? La questione era spinosa perché se il corpo umano, come si credeva, era animato e gestito dagli umori (liquidi benevoli e malevoli fautori dei sentimenti e della malattia) quale forza poteva mai essere la causa dell’innamoramento? Perché la nostra mente e il nostro corpo appaiono soggiogati anche al solo pensiero di vedere l’oggetto del nostro desiderio? I due poeti, a distanza di cento anni l’uno dall’altro, giungono alla medesima conclusione, secondo la quale l’amore nascerebbe dagli occhi, organi che si occupano di catturare e di immortalare l’immagine dell’amata, e di inviare questo pacchetto emotivo dritto al cuore:

«ma quell’amor che stringe con furore/da la vista de li occhi ha nas[ci]mento:/ ché li occhi rapresenta[n] a lo core/ d’onni cosa che veden bono e rio/ com’è formata natural[e]mente;/ e lo cor, che di zo è concepitore,/ imagina, e [li] piace quel desio:/ e questo amore regna fra la gente.»

Partendo da questo presupposto, gli autori della scuola siciliana inizieranno a raccontare dell’amore, cercando di dipingere nei loro versi il momento esatto dell’epifania della donna e della manifestazione del sentimento. La forte tradizione religiosa e il pugno duro della Chiesa non avrebbero mai permesso la circolazione di opere che divulgassero relazioni con una qualsiasi sfumatura peccaminosa e come espediente narrativo i poeti siciliani scelsero quello dell’irrealizzabile amor cortese ma, questa volta, spogliato del tutto del suo valore e significato politico. I trovatori cantavano infatti dei cavalieri che corteggiavano le loro Midons, creando un ambiguo corrispettivo tra le matrone e i loro Signori feudali (midons è in realtà un maschile, dall’occitano: mio Signore) e lo facevano per mantenere viva la metafora feudale: se letteralmente proponevano al pubblico l’apprezzatissimo tema romantico, allegoricamente (e in qualità di vassalli) cercavano di entrare nelle grazie del re e di ottenere un beneficium.
Nei componimenti più canonici, la castellana era sempre una donna dignitosa, la più bella e virtuosa, conosceva il suo ruolo sociale e combatteva il tormento amoroso per evitare qualsiasi tipologia di tradimento. Nel 1200 la figura femminile si veste di una connotazione differente, meno concreta, quasi sublimata e divinizzata e nutre quindi quella che passò nella storia come “la poesia dell’assenza”. L’uomo deve infatti amare con totale dedizione la donna, che è quasi sempre un’aristocratica inaccessibile, gelida, marmorea e dalle fattezze celestiali. L’amore per la donna poi si espande verso tutto ciò che la riguarda e va a sostituirsi con il valore che il poeta dà alla sua vita e al mondo che abita: di fronte a un componimento che racconta la morte dell’amata, il mondo appare all’autore come diminuito di valore e nulla mai varrà a consolarlo. La gioia di contemplare la propria donna si proietta anche dopo la morte, nell’Al di là.

La scuola poetica siciliana diede inizio in Italia alla poesia d’arte, che non è mai frutto di un’improvvisazione, ma richiede senso artistico, disciplina letteraria, cultura. Per loro merito, quindi, cominciò a formarsi in Italia un linguaggio letterario e poetico costituito non da un volgare usato dal popolo, ma da quello usato dalle persone colte, e perciò levigato, ingentilito e arricchito da termini selezionati dai dialetti di altre regioni d’Italia e sempre modellato sulla struttura sintattica, lessicale e morfologica del latino e del provenzale. Accanto alla tradizione siciliana, si riconoscono anche autori come Cielo D’Alcamo che sovvertiva l’impianto ideologico proponendo parodie del topos cortese o l’imitazione del genere medievale della pastorella. Si avverte come volesse fingere di essere popolare, ma la caricatura sopraffina realizzata con un latino sapientemente “sporcato”, tradisce la cultura di Cielo e permette di presentare al popolo un prototipo di donna concreta, molto più calda e reale.

Nel 1266 Manfredi, figlio di Federico II, venne sconfitto nella Battaglia di Benevento e nell’Italia del Sud si stanziarono gli Angioini. La Scuola Siciliana si disperse e tutto il loro lascito venne reinterpretato dai poeti toscani, forti del fervente centro culturale di cui erano protagonisti. Guittone d’Arezzo ne è un esempio: modello del trobar clus (il poetare arduo e oscuro) riportò alla luce anche le tematiche politiche, attenzionando le lotte tra le fazioni di guelfi e ghibellini.
Fu Dante ad assegnare l’etichetta di “Dolce Stil Novo” a questa nuova generazione autoriale nel XXIV Canto del Purgatorio, in una conversazione fittizia tenuta con Bonagiunta Orbicciani e lo fa con l’intenzione di delinearne la nuova melodia e il carattere innovativo. Lo stesso Bonagiunta scrisse in un sonetto a Guido Guinizzelli «voi che avete cambiato la mainera di far poesia». Guinizzelli è appellato nella Divina Commedia come “padre”, perché Dante lo riconobbe come colui che per primo ha innalzato l’amore a una condizione divina. In Al cor gentile reimpara sempre amor con un fare quasi rivoluzionario, il poeta definisce infatti il cuore puramente innamorato come nobile (gentil), come un uccello tra la vegetazione di un bosco (verdura) e né la natura (continua Guinizzelli) creò l’amore prima di un cuore nobile, né il cuore nobile prima dell’amore: l’amore prende il suo posto nell’animo nobile così naturalmente come il calore nella luminosità (clarità) del fuoco. La donna, in tale contesto, assume le fattezze di un angelo che con la sua sola presenza è capace di innalzare l’animo dell’uomo, permettendogli di poter aspirare al Paradiso, diventa un ponte tra il mondo terreno e quello ultraterreno.

Guido Cavalcanti (1255 – 1300) in “Donna me prega”, risponde al manifesto della scuola del Dolce Stil Novo proponendo come modello biologico dell’atto dell’innamoramento quello aristotelico, secondo il quale il sentimento amoroso ha sede nella memoria, nell’anima sensitiva. Esso è inoltre fero, un accidente, sconvolge gli equilibri e gli spiriti e da purificatore può tramutarsi in forza distruttrice poiché affonda le sue radici in Marte, il dio dello scontro. Da qui, la concezione dell’amore come di un sentimento oltremisura figlio di un pensiero oltrenatura.

Alessia Sicuro

Alessia Sicuro
Classe '95, ha conseguito una laurea magistrale in filologia moderna presso l'Università di Napoli Federico II. Dal 2022 è una docente di lettere e con costanza cerca di trasmettere ai suoi alunni l'amore per la conoscenza e la bellezza che solo un animo curioso può riuscire a carpire. Contestualmente, la scrittura si rivela una costante che riesce a far tenere insieme tutti i pezzi di una vita in formazione.

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