Il referendum costituzionale del 4 dicembre pone l’Italia di fronte ad un bivio, ma è definitivamente giunto il momento di domandarsi, con lungimiranza, quali esiti avrà il risultato referendario sugli equilibri economici e politici non sono italiani, ma europei.
Dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump, i quotidiani americani si sono lanciati nelle ipotesi più apocalittiche. Il New York Times analizza la disastrosa situazione economica italiana e la imputa perlopiù alla pessima gestione dei prestiti bancari, che ne porterebbero al definitivo collasso la maggior parte. L’onda d’urto di questo imminente deficit si ripercuoterebbe sull’economia europea, devastandone le politiche economiche e l’attuale status quo di realtà unitaria.
Più prudente è la posizione del Wall Street Journal, che analizza più approfonditamente il referendum costituzionale e il suo effetto sui mercati internazionali, ma soprattutto sulla situazione geopolitica europea. Ed è questo ambito il più interessante da osservare. Dopo il 4 dicembre, quale sarà la sorte dell’Unione Europea? Il quotidiano americano prevede, in caso di vittoria del NO, crolli dei mercati e delle banche, e la fuoriuscita probabile dall’UE di almeno uno stato, l’Italia appunto.
La vittoria del NO e le dimissioni di Matteo Renzi sono gli spauracchi agitati dai sopracitati quotidiani, in concomitanza dei quali l’attuale crisi economica si aggraverebbe ulteriormente, estendendosi anche agli altri paesi dell’Unione Europea. Ma, al di là delle analisi economiche e delle mere questioni numeriche, che non fanno dell’attendibilità il loro forte, quali cambiamenti si possono intravedere all’orizzonte sul fronte geopolitico europeo?
Dopo la Brexit, la fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione, in quasi tutti gli altri stati membri si sono diffusi e acuiti sentimenti anti-europeisti, facenti capo a partiti variegati ma accomunati dalla matrice populista. In Italia, quella che sembra la probabile vittoria del fronte del NO vedrebbe emergere la Lega Nord e soprattutto il Movimento Cinque Stelle che, oltre a sostenere con euforia la Brexit e l’elezione di Donald Trump, ha da sempre nella fuoriuscita dall’Euro il suo cavallo di battaglia.
Altrove la situazione non è appunto migliore. Tralasciando infatti le vittorie di alcuni candidati filo-putiniani, dunque decisamente distanti dalle politiche europeiste, negli stati dell’Europa orientale (Bulgaria e Moldavia), le elezioni politiche sono alle porte in altre realtà europee, in ognuna delle quali i partiti dalle caratteristiche sopra citate sono i favoriti.
In Francia Marine Le Pen (sostenuta in Parlamento Europeo dal nostro Matteo Salvini) è la maggiore indiziata per il posto all’Eliseo, in Austria a breve si tornerà alle urne per rettificare il risultato annullato del precedente ballottaggio: Norbert Hofer è il favorito e si è sempre proclamato contrario all’attuale status quo dell’Unione Europea. La stessa situazione si ripresenterà nel 2017 nei Paesi Bassi, ove l’antieuropeismo è diffusissimo.
In Germania, dopo qualche mese di silenzio che faceva presagire pessime notizie, Angela Merkel ha annunciato la sua ricandidatura, rimanendo di conseguenza l’unica sostenitrice (ne è d’altronde la principale promotrice), insieme al nostro premier, dell’Unione Europea e delle sue politiche economiche. E’ in virtù di questa complessa situazione che il referendum costituzionale italiano diventa una partita molto più vasta.
Quindi, quale futuro si prospetta all’orizzonte? Nessun analista ha preso in considerazione la vittoria del SI’, che in effetti sembrerebbe improbabile se ci si attiene ai sondaggi, ma le predizioni che seguirebbero un esito referendario negativo e le dimissioni (attualmente negate) di Matteo Renzi paiono decisamente catastrofiche. Sarà effettivamente così?
In questo 2016 politico che ha riservato più di una sorpresa, sondaggisti, opinionisti e analisti hanno dimostrato di essere completamente inadeguati. Quanto è lecito riporre la propria fiducia in queste previsioni?
Il referendum del 4 dicembre, che continua a definirsi come una contesa politica, piuttosto che un dibattito sul merito delle modifiche costituzionali, si caratterizza di ulteriori connotazioni, i cui esiti sono per ora ignoti.
Andrea Massera