Dismaland è stato uno degli esperimenti artistici più innovativi e meglio riusciti dall’anno fornendo l’esempio di un’arte dissacrante e propositiva che mira a meravigliare e ad atterrire lo spettatore, sradicandone ogni concezione certa della realtà inculcata dalla società.
Forse non è tanto l’intento di portata rivoluzionaria (operato già in primis del Seicento da Caravaggio, iniziatore di queste forme artistiche “oscene” per il suo contesto) quanto l’istallazione stessa, che si presenta come parodia a ciò che il nostro subconscio associa fin dai primi anni di vita a ciò che è più rassicurante, un mondo ovattato al quale si guarda trasognanti: quello delle fiabe.
Chi se non Bansky, artista inglese originario di Bristol, ormai icona dell’arte post-moderna, l’autore della geniale iniziativa?
Dopo la piccola rivoluzione provocata dall’opera d’arte (che riproduce con fattezze lugubri il castello delle fiabe di Disneyland, rifacendosi al termine “dismal”,in inglese “tetro”) dopo un mese l’opera ha chiuso i battenti. Ma è proprio qui che si coglie l’intento rivoluzionario dell’istallazione, emblema di una generazione di artisti impegnati nel sociale, a favore di forme artistiche non meramente esteticamente espressive ma più contestualizzate in una realtà piena di contraddizioni come quella odierna. E’ l’artista stesso sul suo sito web infatti che dichiara che l’opera sarà posta a Calais, in un centro per rifugiati, dove le strutture del “parco a tema non adatto ai bambini” ospiteranno uomini, donne e bambini provenienti da tutte le zone dell’Africa e del Medio Oriente. Per l’occasione l’opera ha mutato il proprio nome, rievocando l’intento umanitario che si prepone, da “Dismaland” e “Dismalaid” ossia “triste aiuto”.
Espressiva, controversa, cangiante, duttile, anche “scomoda” per certi versi, sono molteplici gli aggettivi con cui si potrebbe definire l’arte di Bansky, che non smette mai sorprenderci inserendo una vera e propria capolavoro artistico al di fuori dello scenario in cui è stata pensata e dimostrando quale sia il vero scopo dell’arte oggi: essere capace di contestualizzarsi ovunque nel mondo globalizzato attuale senza rimanere fine a sé stessa, destare lo scandalo costruttivo per la rinascita.
Giusy De Filippo