“Quel maledetto Vronskij” è il nuovo disincantato romanzo di Claudio Piersanti, candidato al Premio Strega 2022.
A un primo colpo d’occhio la trama appare semplice: Giovanni è un tipografo innamorato del suo lavoro che, dopo il licenziamento, ha dovuto aprire una piccola attività in proprio. Le sue giornate sono scandite e ingentilite dalla convivenza con sua moglie Giulia, senza la quale non immagina né una vita né un futuro. La loro vita procede tranquilla in una villetta suburbana. I due coniugi potrebbero essere i vicini di casa di ognuno di noi: Piersanti li costruisce invischiandoli nella più pura normalità di una quotidianità medio borghese, fatta di silenzi, di tipici contrasti matrimoniali, di amore, di affetto e sorrisi, di problemi e di preoccupazioni per quella figlia che ormai è grande, ma che sarà sempre la loro “piccola”.
L’evento traumatico ad averli segnati è stata la malattia di Giulia, mai esplicitata quasi come se il solo nominarla arrecasse loro un terribile dolore. Da allora qualcosa sembra essersi rotto, sebbene Giovanni cerchi costantemente di costruire un ambiente quanto più sereno possibile, nascondendo sotto il tappeto quelle ombre così dense da riuscire a spezzare quasi tutti i legami matrimoniali dei loro amici. Questa routine forzatamente trainata dal marito si frantuma quando la moglie, all’improvviso, decide di lasciarlo con un biglietto.
Piersanti ci racconta di come, perso in un buco nero, Giovanni cerca disperatamente segnali in quella casa che ora sembra essersi congelata, vuota e priva di calore. È così che si impelaga nella lettura di Anna Karenina, l’ultimo romanzo che stava leggendo la sua Giulia prima di abbandonarlo.
«Tutte le famiglie felici si assomigliano; ogni famiglia infelice invece è infelice a modo suo» è il suo famosissimo incipit e Piersanti ne ruba tutto il pregnante significato, sfruttandone la potenza e la sua forza atemporale. Tolstoj cuce il simbolo dell’infelicità sul personaggio di Vronskij, che incarna l’insoddisfazione borghese in una società di desideri soffocati e di nobili e buone maniere, ossessivamente esaltate per mantenere ottime le apparenze. Attraverso gli occhi di Giovanni, un uomo con la mentalità del 2022, Vronskij sembra simboleggiare il suo significato più concreto: Giulia lo avrà sicuramente tradito, sarà scappata dalla sua famiglia proprio come fece Anna.
Ma sarà davvero così? Cosa va a insinuarsi e cosa fa inesorabilmente progredire il germe dell’insoddisfazione nella mente di una persona che sembra avere tutto?
Giovanni non si rassegnerà mai della partenza della moglie e per questo decide di chiudersi nel suo studio, la sua personale gabbia d’oro, e di ricopiare tutto il romanzo in un’edizione di lusso. Questo sarà il dono che conserverà per accogliere Giulia al suo ritorno: una dichiarazione d’amore, una promessa di fedeltà e il suo perdono servito su un piatto d’argento. L’attesa lo consuma, sia dentro che fuori. Piersanti descrive il suo protagonista sempre più emaciato, una sagoma che abita luoghi che man mano, su sua imitazione, iniziano a spogliarsi, rovinarsi, andare in malora (così il giardino che curava Giulia – ormai desertico e stepposo – e la loro casa che sembra quasi abbandonata).
Quel maledetto Vronskij è un romanzo sulla dedizione e la cura verso chi amiamo, sulla fragilità delle emozioni, sulla solitudine e sulle lente pause che la vita ci impone. La pacatezza di quest’opera e la sincerità dei suoi colpi di scena mettono in discussione la frenetica routine di noi uomini contemporanei e ci spingono ad andare oltre alle apparenze e a indagare sulle decisioni delle persone con cui abbiamo a che fare. Piersanti sembra urlarci proprio questo: Vronskij non è solo un amante da cui guardarsi con circospezione, ma è l’incertezza e la paura, la crepa di un antico trauma che rischia di frantumare le certezze che la simbolica e universale Anna Karenina riteneva in principio ben solide.
«Giulia: Ti ricordi “Alien”? Io mi sento così, con un mostro dentro.
Giovanni: Ti senti così, ma il mostro non c’è.
– Però io ho paura.
– Abbiamo tutti paura.»
Ed è proprio così: tutti abbiamo paura, ma c’è chi si lascia invadere da questo mostro invisibile e silenzioso. Questo qualcuno potrebbe spezzarsi e inesorabilmente potrebbe aver bisogno di tempo e di spazi per ricostruirsi da solo, ricominciare a funzionare di nuovo bene e imparare a fidarsi di nuovo di chi vorrebbe solo amarlo.
Alessia Sicuro