Wish e Vova non sono nomi nuovi, così come non lo è il concetto di speculazione sui consumatori. Con la pandemia di Coronavirus, mascherine e gel igienizzanti, così come i kit per test sierologici, sono andati letteralmente a ruba. Apparentemente non è solo la domanda ad essere aumentata: nonostante l’enorme carenza globale di questi dispositivi fino a poche settimane fa (e forse a ricominciare dalle prossime), bastava aprire la pagina di Wish o Vova per poter acquistare gel o mascherine. Il punto è che le piattaforme in questione hanno venduto questi beni a prezzi esorbitanti (il prezzo di un gel si aggirava attorno alle 10 volte il suo costo prima del virus).
Proprio per queste ragioni, l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in Italia) ha avviato un procedimento contro Wish, Vova, Amazon ed Ebay a inizio aprile 2020. Wish e Vova (così come, ora in misura minore, Amazon ed Ebay) permettevano a terzi di vendere mascherine filtranti presentandole con caratteristiche inesistenti (ad esempio quelle specifiche per combattere la Covid-19) e con prezzi alle stelle.
Questo avveniva nel momento di massima vulnerabilità di ogni cittadino o cittadina, ovvero quando questi beni non erano disponibili né da rivenditori al dettaglio (che in buona parte dei paesi del mondo avevano letteralmente chiuso le serrande) né presso le farmacie, che ancora aspettavano l’arrivo delle prime mascherine da vendere – e ora hanno finito gli stock in magazzino. Inoltre, i prezzi di questi beni erano spesso esorbitanti. Per approfondire cosa serve e cosa no durante la Covid-19, basandosi sulla scienza più che sul mercato, vi consigliamo questo articolo.
L’AGCM non è stata l’unica a muoversi contro Wish, Vova ed Amazon in materia di speculazione. Già a fine febbraio 2020 l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) aveva organizzato un’adunata di multinazionali “big tech” in uno dei quartieri generali di Facebook, Menlo Park in California. L’argomento dell’incontro era proprio come arrestare l’ondata di speculazione economica e disinformazione scientifica che stava prendendo piede sulle grandi piattaforme sotto forma di pubblicità scientificamente fuorvianti e venditori terzi che speculavano su gel e mascherine. Il tutto ovviamente aggravato (e causato) dalle circostanze complesse derivanti dalla Covid-19 e dal potenziale pericolo sanitario del girare in mezzo alla gente con una mascherina che in realtà non protegge.
Wish, Vova & co.: Coronavirus, oligopolio e speculazione
Wish, Vova e Amazon lavorano, in larga parte, sulla vendita e distribuzione di beni non prodotti da loro stesse: mentre Amazon ha una propria catena di produzione (seppur ridotta, rispetto ai beni di terzi che vende), Wish e Vova non ne dispongono. Il lavoro consiste dunque nell’organizzare la logistica, dall’imballaggio alla spedizione, appoggiandosi su compagnie di trasporto. Wish e Vova si riforniscono esclusivamente in mercati asiatici e in particolare in Cina. Il maggior vanto di Wish è proprio il connettere piccoli e medi imprenditori cinesi al resto del mondo offrendogli la possibilità di vendere i loro beni su un mercato globale.
L’e-commerce si configura oggi come una sorta di oligopolio che conta pochi soggetti, ma per questo potenti. Prima, ed über alles, Amazon, la regina indiscussa delle quote globali di questo mercato. E che, appunto, sta investendo per migliorare ancora la propria posizione sui mercati azionari dopo la Covid-19. Il suo fondatore, che detiene la maggior parte delle quote azionarie, è il ben noto Jeff Bezos, che quest’anno sarà l’unico a non ridurre bensì incrementare il suo patrimonio tra le 5 persone più ricche al mondo.
A puro titolo informativo, Bezos ha un patrimonio di quasi 120 miliardi di dollari (NB: miliardi, non milioni), ovvero più del 36% del totale della ricchezza della Corona inglese e maggiore, oltretutto, del PIL annuale di Islanda, Lussemburgo e Cipro sommate insieme. Bezos incassa ben 2.489 dollari al secondo. Quanto basta per vivere, insomma.
Poi ci sono Wish e Vova, piattaforme che (ri)vendono oggetti universalmente riconosciuti come scadenti ma a prezzi stracciati (a partire dalle magliette a $2). Neanche a dirlo, i forum pullulano di recensioni negative sulle truffe di Vova. Inoltre non sappiamo quanto il portafoglio del suo fondatore si stia gonfiando anche tramite vendite in sovrapprezzo di dispositivi di presunta protezione anti-Coronavirus. Questo per il semplice fatto che non sappiamo chi stia dietro a Vova, bensì solo che è stata fondata e ha sede ad Hong Kong. L’e-commerce è uno dei pochissimi settori a non essere entrato in crisi, bensì ad avanzare nei fatturati durante la pandemia. Il mercato va avanti.
Mascherine e speculazione: paradossi della produzione
Nonostante le raccomandazioni dell’OMS e dell’Antitrust italiana, nonostante Amazon abbia inviato una lettera ai propri venditori terzi per minacciarne l’esclusione, sulle piattaforme di e-commerce si vendono ancora (molti meno, ma ci sono) dispositivi di protezione farlocchi, come i disinfettanti spray che promettono di “uccidere il coronavirus”.
L’esempio delle mascherine dovrebbe diventare un caso di studio sulla speculazione insita nel sistema di produzione attuale. Questi dispositivi vengono prodotti ormai quasi esclusivamente in Cina ed India, poiché viene considerata una produzione a basso valore aggiunto al momento della vendita: non si matura profitto “a sufficienza” producendo e vendendo mascherine in Italia, quantomeno rispetto ai costi. Così, quando una pandemia comincia proprio in Cina, è ovvio che la disponibilità di mascherine si riduca enormemente. Infatti, Pechino ha dirottato sul mercato interno una buona parte di quelle che prima erano destinate all’export.
Nel frattempo le aziende che in Italia si sono riconvertite alla produzione di mascherine non avevano macchinari dedicati alla loro creazione e i costi di produzione, di conseguenza, si sono alzati. È stato e sarà così impossibile eseguire su larga scala la richiesta di Arcuri: vendere mascherine a 61 centesimi (50 cents + IVA) significherebbe produrle a un costo minore, cosa che al momento in Italia non avviene; in Cina sì. Tuttavia, in modo piuttosto contro-intuitivo, le mascherine in Italia erano disponibili in quantità sufficienti a partire da fine aprile e fino a qualche giorno fa, quando i farmacisti hanno invece esaurito gran parte delle loro scorte – e il cui futuro approvvigionamento è incerto.
Questo accade anche perché l’Italia non è vista come un paese allettante, dal punto di vista dei ricavi, in cui vendere le mascherine (ora fissate a prezzi “troppo bassi”, secondo le aziende produttrici estere). In altre parole o il governo copre le perdite della vendita sottocosto da parte dei farmacisti, o gli stessi di rado le venderanno a 61 centesimi su larga scala. Non c’è nulla da fare, il mercato funziona così e le mascherine non possono piovere dal cielo proprio ora. Il commissario Arcuri sembra si stia attivando per tamponare il problema, firmando accordi di importazione e fornitura a 40 centesimi e margini di guadagno di 10 centesimi per le farmacie.
Vista la situazione concreta sul campo, la speculazione di Wish e Vova continuerà finché i consumatori avranno bisogno di mascherine e gel che solo parzialmente, in alcuni luoghi e alcuni giorni, sono effettivamente disponibili in quantità sufficienti da garantirle a tutti e tutte.
Lorenzo Ghione
Fiera di non avere comperato nulla on-line in questo periodo (se non il libro a 0,01 euro di Federico Bertoni “Insegnare (e vivere) ai tempi del virus”, soprattutto non dispositivi di protezione o riduzione del rischio di fonte non precisata e caratteristiche non certificate.
L’articolo quindi è più che mai opportuno in questo periodo e indica, con una certa lievità stilistica, le incongruenze del libero mercato, specialmente quando coinvolge la vendita di oggetti di uso sanitario (ma non solo).
Un solo appunto. Ho studiato “mascherine” per giorni e giorni, chiedendo ad amici chirurghi, leggendo documentazione tecnica. Non è vero che tutte le ffp2 proteggono solo chi le indossa come dice il link indicato, anzi, quelle (vendute in molte farmacie) senza “sfiato” proteggono sia chi le indossa sia chi sta loro attorno. Lo stato, il ministero della salute, invece di “dare istruzioni” a cittadin/bambini avrebbe fatto meglio a spiegare ai cittadini i pro e i contro, le caratteristiche legate alle varie certificazioni, i perchè.
Esaustivo come sempre.
Che dire, non c’è nulla di peggio della speculazione economica sulla salute dei popoli, qualcuno avrebbe detto: ” é il capitalismo bellezza”