Conflitto israelo-palestinese
Fonte: Wikimedia

Una delle munizioni più distruttive che si possono trovare negli arsenali militari occidentali, ovvero bombe da 900 chilogrammi, sono state utilizzate nel sud di Gaza da parte dell’IDF all’inizio del nuovo conflitto israelo-palestinese. Le bombe sono state utilizzate nel momento in cui i civili palestinesi sono stati fatti evacuare da nord verso sud per mezzo di un ordine sperando di trovare pace, ma così non è stato. Le bombe da 900 chilogrammi quando esplodono scatenano una forte onda d’urto piena di frammenti di metallo che possono arrivare fino a 300 metri dal punto di esplosione, lasciando giganteschi crateri nel terreno addirittura visibili dalle immagini satellitari.

La Striscia di Gaza è densamente popolata, con una densità abitativa è di circa 5500 persone per chilometro quadrato. La sua popolazione è molto giovane, composta all’incirca da un 75% di persone con età inferiore ai 25 anni. La campagna militare di Israele, con lo scopo di neutralizzare Hamas, sta eccedendo nella risposta, uscendo dalla dimensione di “guerra giusta”. La forza impiegata ha causato distruzioni e vittime ingiustificate avvicinando la questione a termini come sterminio di massa o genocidio. Dal punto di vista operativo, lo Stato di Israele non ha risposto in maniera proporzionale, dato che la maggior parte delle vittime del nuovo conflitto sono i non-combattenti come donne e bambini

Dall’indagine del quotidiano americano The New York Times si evince come bombe da 900 chilogrammi siano state utilizzate nel sud di Gaza proprio nel momento in cui la popolazione è stata fatta evacuare verso la parte meridionale della striscia, in un luogo che doveva essere sicuro. Queste munizioni sono state utilizzate da Israele per distruggere Hamas, sopra e sottoterra, in modo tale da prevenire attacchi terroristici come quello del 7 ottobre 2023. L’indagine è stata condotta utilizzando immagini satellitari e intelligenza artificiale dimostrando che Israele ha utilizzato queste bombe devastanti nell’area designata come sicura per i civili Palestinesi. Queste bombe sono state utilizzate regolarmente nelle settimane successive l’attacco di Hamas, nel momento in cui i civili seguirono gli ordini di evacuazione provenienti da Israele, ritrovandosi in un lembo di terra mortifero. 

Utilizzare questo tipo di armi su di una popolazione così giovane e densamente popolata significa distruggere intere generazioni. Israele sta disgregando la società e massacrando un popolo. I morti accertati al 29 dicembre 2023 sono più di 21.000 con un ritmo di 250 persone al giorno. Oltre a questi numeri, le persone legate alle vittime, come parenti o amici, sono posti nella posizione di dover subire una guerra e piangere i loro cari causando gravi problemi psicologici che si rifletteranno inevitabilmente sulla società ben oltre il conflitto armato.

Le due fazioni del conflitto israelo-palestinese a Gaza, Hamas e il governo israeliano guidato da Netanyahu, dimostrano un’inaudita violenza non solo nel campo d’azione militare, ma anche a livello comunicativo. Ghazi Hamad, portavoce leader del gruppo terroristico di Hamas, afferma in un’intervista per la Libanese Broadcasting Corporation che «noi dobbiamo eliminare Israele, dovremo pagare un prezzo? Sì e siamo pronti a pagarlo. Siamo considerati una nazione di martiri e noi siamo fieri di sacrificare questi martiri». Dall’altra parte, l’esercito israeliano che avanza e bombarda. Israele ha affermate che deve eliminare i leader di Hamas, non importa dove essi si trovano. Benjamin Netanyahu ha ribadito che «il nostro obiettivo è questo, e stiamo facendo sforzi straordinari per raggiungerlo e ridurre al minimo le vittime civili, questa è la nostra filosofia, il problema è che ci troviamo di fronte al tipo più feroce di nemico che non solo attacca i civili, ma commette il crimine di guerra di puntare deliberatamente alle spalle dei civili e usarli come scudi umani».

Distruggere Hamas sopra e sottoterra significa prendere di mira anche i luoghi utilizzati dal gruppo terroristico come rifugio, ovvero ospedali, scuole e ambulanze. E a differenza di ciò che afferma il governo di Tel Aviv per quanto riguarda la sicurezza dei civili, i target dell’offensiva dell’IDF fanno discutere l’opinione pubblica israeliana e internazionale, e sono ormai usciti da una qualsiasi logica di guerra proporzionale nella risposta. Attaccare e bombardare i campi profughi come quello di Bureij e quello di Al Maghazi è la palese prova di un Paese che per raggiungere il proprio obiettivo non si fa scrupoli per i danni “collaterali” ai civili, di donne e bambini palestinesi che di certo non fanno parte del gruppo terroristico di Hamas.

Con queste premesse, il conflitto israelo-palestinese sembra non poter avere fine. In queste terre di guerra irrimediabilmente spaccate e divise da leader spregiudicati, guidati da reciproco odio, ci sono persone, sia nella striscia di Gaza che nel territorio israeliano, che hanno perso qualsiasi speranza, qualsiasi sogno e qualsiasi possibilità di condurre una vita normale.

Claudio Napolitano

Claudio Napolitano
Laureato in Lingue, Letterature e Culture dell’Europa e delle Americhe, con focus sulla Penisola Iberica e laureando in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. I suoi principali argomenti di interesse vertono su storia delle relazioni internazionali, politica nazionale ed estera e il mondo dello sport.

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