Dopo mesi di annunci e smentite, titubanze forse persino nocive, il 22 gennaio segna una svolta storica per l’Unione Europea, quantomeno dal punto di vista finanziario: al varo da parte del board della Banca Centrale il QE, il piano di Quantitative Easing da oltre mille miliardi di euro.
Cosa si intende con Quantitative Easing? Letteralmente, un “allentamento quantitativo” riferito alla base monetaria in circolazione in Europa: la produzione di nuova moneta, da destinare all’acquisto, fra gli altri, di titoli di debito sovrano, dovrà sortire l’effetto di infiammare un processo inflazionistico in grado di disincagliare il continente dal pantano della stagnazione.
Come dicevamo, la decisione arriva al culmine di una discussione quantomai altalenante, con le sentinelle dell’austerità teutonico-scandinave non più in grado di arginare un processo di scelta che appariva quantomai inevitabile ed inderogabile, stante le perduranti condizioni di asfissia e recessione che soffocano l’Europa. Con il piano di Quantitative Easing, la BCE sdogana per la prima volta quelli che sono stati ritenuti dei precisi limiti al suo mandato, quelli appunto di creazione di nuova moneta.
La decisione arriva nel giorno in cui il tasso di rifinanziamento era già stato confermato al suo minimo storico di 0,05%, e segue ai numerosi annunci in merito già proclamati dal presidente Draghi, che più volte in passato si è detto “pronto a tutto” pur di rinvigorire la spirale dei prezzi favorendo così la ripresa economica.
Il Quantitative Easing sbarca così in Europa dopo aver ossigenato le economie di Giappone (la famosa “Abenomics”), Stati Uniti (con il piano della Federal Reserve da 35 miliardi al mese) e Regno Unito; con fortune alterne, in verità: se negli Stati Uniti il piano ha avuto successo, tanto da spingere il presidente Obama a dichiarare “conclusa” la recessione, problemi più seri affliggono ancora in Giappone, il cui premier Abe è stato persino costretto a ritornare ad elezioni per vedere legittimato il suo mandato.
Il piano di Quantitative Easing battezzato dai 25 membri della BCE consisterà in 60 miliardi al mese fino al settembre 2016, e comunque fino a quando il tasso d’inflazione non sarà tornato prossimo al targer del 2%, per un’iniezione di liquidità che ammonterà complessivamente a oltre mille miliardi, e sarà ponderato in base alla quota partecipativa dei singoli Stati in seno alla BCE: una misura senza precedenti, i cui effetti impiegheranno comunque diversi mesi per dispiegarsi appieno, soprattutto alla luce del reiterato ostracismo del governatore della Bundesbank Weidmann, fautore di un merkeliano rigorismo tedesco.
L’acquisto di titoli potrà raggiungere il 33% del debito complessivo di ogni singolo Paese, mentre la percentuale di condivisione del rischio, uno dei dettagli maggiormente attesi, si attesterà al 20%: lo stesso Draghi, comunque, ha tenuto a minimizzare tale dettaglio, considerandolo come del tutto “normale” e ininfluente sul risultato finale.
Ad ogni modo, va sottolineato che quanto messo in atto quest’oggi rappresenta un gesto già ampiamente previsto dai mercati azionari, che secondo le stime degli analisti scontavano già un piano di Quantitative Easing da 750 miliardi circa: in questo, la decisione di Draghi appare assolutamente coraggiosa. Una scelta forse dettata appunto dalla necessità di “spiazzare” gli analisti e infondere fiducia nelle capacità da parte della BCE di tenere la situazione del continente sotto controllo.
Emanuele Tanzilli
@EmaTanzilli
Fonte immagine in evidenza: intermarketandmore.finanza.com