Il film Il corpo della sposa della regista italiana Michela Occhipinti fa immergere gli spettatori in un mondo in cui le tradizioni millenarie si intrecciano con la realtà contemporanea, dando vita a un quadro inquietante di oppressione e violenza.
L’ideale di bellezza in Il corpo della sposa
Attraverso lo sguardo di Verida, la giovane mauritana protagonista di questo racconto, Michela Occhipinti dimostra come il corpo femminile possa diventare un oggetto da plasmare e controllare secondo il gusto della società patriarcale, che non corrisponde sempre a quello occidentale.
Al centro della narrazione troviamo la pratica del “gavage“, un’usanza che è in grado di trasformare il corpo della sposa in una vera e propria prigione: Verida, infatti, come molte altre ragazze prossime al matrimonio, è costretta a ingurgitare quantità di cibo eccessive, sacrificando la propria salute e la propria libertà per rispondere a un ideale di bellezza imposto e distorto.
Il film, attraverso le sue inquadrature ravvicinate, ci mostra l’impatto fisico e psicologico di questa pratica, sottolineando la sofferenza e la disperazione delle donne coinvolte. Tuttavia, molte di loro non riescono nemmeno a percepire la gravità della situazione e, plagiate dalla tradizione, finiscono per essere felici dei risultati raggiunti. In questo contesto, il cibo non è solo nutrimento, ma diventa soprattutto un mezzo di controllo del corpo femminile costantemente sottomesso ai desideri altrui.
La rappresentazione di una violenza per dare speranza
Il corpo della sposa non si limita a rappresentare la violenza domestica, ma ci mostra come questa si intrecci con le dinamiche sociali e culturali più ampie: le madri, le nonne, le amiche, pur soffrendo a loro volta, perpetuano spesso queste tradizioni, intrappolate ormai in un sistema che appare indistruttibile e che non dà loro la possibilità di agire per cambiare lo status quo.
Tuttavia, Il corpo della sposa lascia trapelare un bagliore di speranza. Verida, con la sua fragilità e la sua determinazione, è un simbolo di ribellione: la sua lotta interiore e la sua ricerca di un’identità che va al di là del costume sociale rappresentano un invito a non accettare le ingiustizie passivamente e a ritrovare se stesse.
Un problema globale
La storia di Verida, pur essendo radicata in un contesto culturale specifico, risuona in modo universale. La violenza di genere, sotto le sue diverse forme, è un problema globale, e il film di Michela Occhipinti ricorda che le donne combattono per i loro diritti e per la loro libertà in ogni parte del mondo.
Il corpo della sposa porta a confrontarsi con una realtà scomoda e dolorosa. È un invito a riflettere sulle società, sulle tradizioni e sui pregiudizi. È un appello alla consapevolezza, alla solidarietà e all’impegno per un mondo più giusto ed equo, dove ogni donna possa essere libera di esprimere se stessa e di realizzare i propri sogni.
Mariella Rivelli