La separazione tra giocattoli rosa e blu – giochi da femmina e giochi da maschio – è avvenuta abbastanza recentemente: nell’universo del marketing il colore è uno strumento primario per presentare e differenziare i prodotti. Ecco le nostre #EvidenzeStrutturali verso il 25 novembre.
L’associazione tra rosa e femminile nel contesto occidentale è molto radicata, nonostante non sia così lontana nel tempo. Fino agli anni ’30 e ’40 dello scorso secolo, il rosa era associato al rosso e veniva utilizzato nell’abbigliamento maschile, mentre il blu veniva usato per le bambine – ma tutto ciò non era una regola generale né fissa.
La genderizzazione dei giochi
Il processo di “genderizzazione” dei prodotti per l’infanzia – non solo per gli abiti ma anche e soprattutto dei giocattoli – è stato un percorso lungo e niente affatto lineare. Per secoli bambine e bambini hanno indossato colori neutri, in particolare il bianco, per comodità. Il rosa e l’azzurro diventarono colori associati all’infanzia soltanto dal XIX secolo, a partire dagli anni ’40, in seguito a studi di marketing che hanno raccolto e interpretato le preferenze dei consumatori americani: il rosa cominciò a essere associato alla femminilità, affermandosi poi negli anni ’50, in concomitanza con la comparsa della Barbie.
Come qualsiasi altro oggetto, anche i giochi non sono neutri: nella maggior parte dei casi, si basano su stereotipi che vanno a rafforzare la socializzazione di genere. Le persone si pongono in maniera diversa dinanzi alle aspettative sociali in rapporto a una bambina o a un bambino e la rappresentazione della mascolinità e della femminilità, come due poli complementari, costituisce uno dei principi organizzatori della vita sociale: per Andersen (2004, p. 224) «ci si aspetta che le bambine amino le coccole e siano dolci, mentre i bambini vengono trattati in modo sbrigativo e godono di una maggiore indipendenza».
Un cambio di percezione negli anni ’70
In seguito alle pressioni dei movimenti femministi degli anni ’70 ci fu una inversione di tendenza, nel tentativo di “neutralizzare” il genere. Una tendenza che si esaurirà nel decennio successivo: i colori si stabilizzano, associando definitivamente il rosa per le bambine e l’azzurro per i bambini. Un espediente di marketing assolutamente perfetto che addirittura riuscì a incrementare le vendite impedendo lo scambio di vestiti e oggetti nel caso di nascite incrociate e, soprattutto, i prodotti femminili sperimentarono un incremento dei prezzi (si vedano i prodotti per donne adulte).
Il rosa, i fiori, le bambole, la cucina, l’aspirapolvere, il ferro da stiro sono per le femmine; i soldatini, il trenino, la palla, gli attrezzi sono per i bambini. Fiocchi e lustrini sono il corrispettivo simbolico di attributi come la delicatezza, la frivolezza, tutte caratteristiche che vengono considerate prettamente femminili e che le bambine devono interiorizzare e apprendere sin dalla più tenera età. Ai maschi, al contrario, viene offerta una gamma molto più vasta di territori da esplorare, territori simbolici che riguardano la fisicità, lo spazio pubblico, la competitività.
La nascita del Kid Marketing
Il cosiddetto Kid Marketing ha puntato sulla divisione tra giochi da maschi e giochi da femmine, con un picco negli anni 2000. I giochi da maschio sono i giochi di avventura, di esplorazione, prediligono il rischio, la violenza e la potenza; sono giochi di pirati, di guerra, ma anche esperimenti scientifici, costruzioni, macchie potenti. I giochi da femmine sono quelli alla “Piccole donne”: la bambina sarà portata a giocare da sola, ad accudire una bambola, a curare la casa – cucine con cui preparare piatti e dolci, accessori per la pulizia. E ancora: gioielli, trucchi, scarpette con il tacco, vestiti di pailettes.
La determinazione di genere che la società ha formulato ha fatto in modo che persino la scelta di un regalo va tendenzialmente verso una valutazione dell’oggetto correlato al sesso della persona a cui è indirizzato. Le bambine e i bambini che crescono con questo tipo di stimoli saranno portati a scegliere i giocattoli che la narrazione rappresenta come creati su misura per loro. Cosa succede per quelle persone che non si sentono rappresentate dal binarismo di genere, gender fluid o transgender? È probabile che queste persone – laddove dovessero esprimere le proprie preferenze in ambito di gioco – non vengano ascoltate e che quindi smettano di fare richieste, per paura del giudizio altrui.
Bambine e bambini imparano molto presto ad aderire al modello prestabilito, mettendo in moto rappresentazioni di sé che sono in linea con gli stereotipi di genere. Le persone adulte in questo contesto svolgono un ruolo essenziale: quando ci si relaziona a bambini e bambine entrano in campo schemi mentali che derivano da prassi acquisite e dalla cultura personale, e lo sguardo degli adulti proprio per questo è il più delle volte inconsapevole.
Decostruire le credenze sui giochi
Chiaramente non è semplice decostruire credenze così radicate nella società odierna. Uno degli aspetti più pericolosi degli stereotipi è che tendono a confondere piano naturale e piano tradizionale e il fatto che si sia sempre fatto in questo modo non significa che sia giusto. Un dato naturale potrebbe essere la sessualità come dato biologico, ma la verità è che il binarismo è una semplificazione. Esistono una serie di variabili che muovono su binari separati con intensità diverse: ci sono, quindi, bambini che si riconoscono nel genere maschile ma che non amano gli sport, bambine che si riconoscono nel genere femminile che non amano i fiocchi, come ci sono bambinǝ che non si riconoscono in alcun genere, in un genere diverso o sono intersessuali.
La rappresentazione stereotipata è, però, pratica e funzionale per il mantenimento dello status quo, che non viene messo in discussione né problematizzato. La genderizzazione dei giocattoli svolge una funzione di addestramento ai ruoli e ai modelli sociali; le etichette esplicite, la pinkizzazione, sono suggerimenti che i bambini e le bambine possono usare per classificare e dare significato al mondo a loro circostante, su che cosa possono o non possono scegliere o fare. Il giocattolo è parte integrante del processo di sviluppo, che è considerato talmente scontato da rendere le preferenze di bambine e di bambini misura della natura genderizzata dei giocattoli. Bisogna sempre rivedere la socializzazione di genere per abbattere gli stereotipi e venire incontro alle diversità che compongono la collettività umana.
Valentina Cimino