Dall’iconica frangetta alla storia d’amore con Serge Gainsbourg, fino alla borsa che ne porta il cognome, Jane Birkin è stata davvero una boccata d’aria fresca per quella Francia di fine anni sessanta, che respirava già venti di rivolta con il maggio del ’68.
Il padre di Jane, David, era comandante della Royal Navy, nonché un noto eroe della seconda guerra mondiale. Conosciuto anche perchè fu coinvolto in alcuni fatti di spionaggio di quel periodo. La madre invece era l’attrice e cantante Judy Campbell, nota per le sue esibizioni all’interno dei musical di Noel Coward.
Presto anche la piccola Jane scoprì di nutrire un vivo interesse per il teatro, e a soli diciassette anni si mise sotto i grandi riflettori, seguendo le orme di sua madre. Iniziò anche la sua carriera musicale come cantante, incitata soprattutto dal compositore (e poi compagno) John Barry.
Debuttò con il film Non tutti ce l’hanno con la regia di Richard Lester, ma divenne un simbolo solo più tardi, quando comparve brillantemente sui grandi schermi con Blow up, film di Michelangelo Antonioni, grazie al quale ascese, conquistando da subito il grande pubblico.
Fu conosciuta anche per la celebre e travagliata storia d’amore con il compositore Serge Gainsbourg, dal quale ebbe la sua seconda figlia Charlotte, anch’essa attrice e cantante come sua madre. La vita dell’artista però non fu delle più serene, infatti dovette affrontare il turbinio di diversi eventi tragici tra cui una diagnosi di leucemia e la morte della sua prima figlia, Kate Barry (avuta con John Barry).
Inoltre la storia d’amore con Gainsbourg non fu, anche a detta dell’attrice, delle più esemplari. Tra i due scoppiò a quanto sembra subito l’amore. Pur vero è che inizialmente furono la coppia anticonvenzionale per eccellenza, “la couple parfait“. Nei suoi diari però, l’attrice parla spesso di violenza e di disperazione. Disperazione che non le vietò di stargli vicino durante i periodi più duri, e fino alla morte di lui. Una relazione diversa da quella dipinta dai media del tempo, potremmo dire quasi si tratti di un’altra storia.
Ma Jane Birkin non fu solo questo; debuttando sotto le grandi luci della ribalta cinematografica fu designata anche come icona senza tempo, e soprattutto della rivoluzione sessuale. Dal suo fisico androgino al suo talento, la Birkin divenne presto mostro sacro per la moda swinging london. Dalle immagini in topless sul set del film di Antonioni, alla canzone cantata in collaborazione con lo stesso Gainsbourg, Je t’aime, moi non plus, singolo al tempo scandaloso per i gemiti dei due sulle melodie, poi divenute esse stesse emblematiche. Oltre a questo l’attrice si attivò anche in ambito sociale ed umanitario: divenne ambasciatrice di Amnesty International, si dedicò alla sensibilizzazione sull’AIDS e firmò anche l’appello contro il riscaldamento globale pubblicato in prima pagina nel 2008 dal quotidiano Le Monde.
Jane Birkin si è spenta lo scorso 16 luglio nella sua amata Parigi, all’età di settantasei anni, dopo una lunga battaglia contro il cancro. Dipartita, la sua, di sicuro tragica. Per la Francia infatti Birkin era molto più che una semplice portabandiera. E proprio come hanno sottolineato anche altre celebrità francesi, tra le quali Vanessa Paradis, Charlotte Rampling e la stessa First lady Brigitte Macron, l’artista ha lasciato un vuoto che sarà difficile da colmare, e soprattutto un talento che sarà difficile da emulare.
Una sagoma complessa quella della Birkin: icona senza tempo che difficilmente si può racchiudere in un insieme o in uno stile. L’aveva capito anche Jean-Louis Dumas: direttore artistico del celebre brand Hermès, che dopo un incontro su un’aereo con l’attrice ideò la borsa che ne prese il cognome. Uno dei simboli che rese iconico il suo stile era proprio un cestino di vimini: unico accessorio nell’armoire dell’attrice prima della Birkin bag, ovviamente.
Abbiamo provato il compito non semplice, forse mai esaustivo, di ripercorrere la vita di Jane Birkin: donna e simbolo straordinario per la Francia e non solo. Non riesce difficile credere che l’attrice, con la sua morte, abbia portato via con sé un pezzo di quel mondo, di quella Francia bohémienne di cui molti in seguito hanno provato a perseguire l’atmosfera e lo stile di vita.
Giulia Costantini