Venerdì 19 aprile, si è svolto nella Sala del Consiglio Comunale in piazza Santa Maria La Nova, a Napoli, un convegno intitolato “Disuguaglianze, inclusione e merito: il ruolo dell’università nel Mezzogiorno post pandemia”, organizzato dal Partito Democratico e dai Giovani Democratici. Un appuntamento che, moderato da Rosanna Correra, ha cercato di fare il punto della situazione sulle condizioni in cui si ritrovano gli atenei del Meridione. Dalla classifica dei migliori atenei per disciplina accademica elaborata dagli analisi di QS Quacquarelli Symonds, emerge che l’Italia è infatti settima al mondo e seconda in Europa. Tuttavia, l’Università degli Studi di Napoli Federico II è l’unica università del Sud Italia a piazzarsi in questa graduatoria. C’è chi però non accetta la valutazione sostenendo che: «Vanno cambiati radicalmente i meccanismi di valutazione degli ultimi decenni, che hanno spostato risorse sulle università del centro-nord, in base a parametri del tutto sbagliati e non accettabili», ha dichiarato Alfredo D’Attorre, responsabile nazionale università del Partito Democratico.
«Bisogna tornare a finanziare in maniera più equa le università, superare questi meccanismi che concentrano le risorse e ricostruire una dimensione nazionale del sistema universitario», ha commentato il politico dem in disaccordo con questa classifica. D’Attorre si è perciò voluto soffermare sul compito che a parer suo dovrebbe svolgere lo Stato: «Il compito dello Stato e del ministero, non è quello di fare l’arbitro in una gara, ma quello di mettere tutte le università nelle condizioni di garantire un certo standard di qualità, in materia di didattica, di ricerca e di diritto allo studio». Parole che suggeriscono che, se queste pre-condizioni non venissero garantite, continueremo ad assistere alla migrazione dei nostri laureandi all’esterno, dove faranno le fortune di altri Paesi. Del resto, l’istruzione è da sempre un fattore strategico di crescita economica e sociale di un intero Paese.
Da qui, l’intervistato è poi passato a parlare degli effetti che potrebbe produrre l’autonomia differenziata sull’Università: «L’autonomia differenziata rischia di essere il disastro definitivo, che accentua il divario tra le diverse aree del Paese e disarticolando definitivamente un sistema nazionale. Per cui, ciascuna regione si farà con una logica miope l’università a propria immagine e somiglianza, senza nessun meccanismo di redistribuzione delle risorse.». Dunque, il diritto allo studio e l’Università sono un capitolo centrale per la costruzione di un’idea di Paese alternativa a quella che le destre al governo stando attualmente cercando di realizzare.
Quindi, il responsabile nazionale per l’università del PD ha indicato il tipo di Università che invece servirebbe al Paese, secondo il suo partito: «Noi abbiamo necessità di avere un sistema universitario nazionale, da integrare all’interno di una dimensione europea. La ricerca ha bisogno di allargare i propri orizzonti invece di chiudersi in piccoli ambiti regionali, che rispetto alle dimensioni, oggi, della competizione globale sono del tutto inadeguate». Uno scenario, quindi, del tutto opposto a quello a cui l’autonomia differenziata sembrerebbe prospettare per l’Italia.
Infine, la discussione con D’Attorre si è spostata sulle modalità che alcuni studenti universitari hanno adottato, ultimamente, per protestare in favore della Palestina: «Noi non condividiamo metodi che sfociano nella violenza e nell’intolleranza», ha voluto precisare l’esponente dem. Ma poi ha proseguito affermando: «Penso che vadano rispettate ed ascoltate con massima attenzione tutte le manifestazioni pacifiche portate avanti dagli studenti, anche quando esprimono critiche radicali».
Secondo il dirigente PD, infatti, «L’antisemitismo va combattuto sempre, ma non si può confondere una critica a ciò che sta facendo Israele con l’antisemitismo. Va quindi condannato ogni rigurgito di intolleranza, di violenza e di antisemitismo, ma allo stesso tempo va mantenuto aperto uno spazio di dibattito e di critica. Bisogna vedere di buon occhio che gli studenti che si interrogano sulla pace e sul rifiuto della guerra». Ne consegue che per D’Attorre le università devono coltivare lo spirito critico e rimanere luogo di dialogo.
Motivo per cui, D’Attorre ha voluto dissentire rispetto chi vorrebbe “mettere la divisa” agli atenei « È necessario mantenere l’università come spazio libero, mentre ci sono tentazione della destra in una militarizzazione delle università. Queste vanno respinte con la massima forza», ha concluso il responsabile nazionale per l’università del Partito Democratico.
Gabriele Caruso