Immagine manifestazione dell'associazione Famiglie Arcobaleno al Pride di Roma del 2012 // Adozione
Fonte: Blackcat, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons

C’era una volta la famiglia tradizionale: padre, figlio e ruoli di genere. Mentre Ezio Greggio urla allo scandalo della madre degenere che ha affidato Enea ad un servizio di cura specializzato e, sopratutto, anonimo, attualmente l’Italia è l’unico Paese dell’Europa occidentale a non avere una legislazione chiara riguardo alle adozioni delle famiglie arcobaleno.

Il caso delle adozioni delle famiglie arcobaleno a Milano

Il 13 marzo il Comune di Milano ha interrotto le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali alla luce di una circolare del Prefetto di Milano. Quest’ultima farebbe riferimento alla legge numero 40 del 2004, la quale regolamenta il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (dalla fecondazione in vitro alla gestazione per altrə, che per altro è vietata in Italia) riconoscendole solo alle coppie eterosessuali.

Il Parlamento europeo non si è fatta aspettare a lungo. Infatti, il 30 marzo ha approvato l’emendamento presentato dal gruppo di Renew Europe e supportato da Sinistra, Verdi e Socialisti al testo della Risoluzione sullo Stato di diritto che “condanna le istruzioni date dal Governo italiano alla municipalità di Milano di sospendere la registrazione delle adozioni delle coppie omogenitoriali“. Nello specifico, il Parlamento europeo: «Condanna le istruzioni impartite dal governo italiano al comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali; ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli; ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989». Non solo questo emendamento va a costituire un importante precedente politico a livello europeo, ma va anche a condannare specificatamente il Governo italiano invitandolo a “revocare immediatamente la sua decisione”.

Adesso l’obiettivo della Commissione Europea è quello di presentare una proposta di legge che obbligherebbe tutti gli Stati membri a riconoscere in blocco le famiglie arcobaleno su tutto il territorio europeo. Questo significa che se una famiglia arcobaleno è stata riconosciuta da un qualsiasi stato membro, il suo status deve essere garantito anche in tutti gli altri. Lo stesso piano proteggerebbe i suddetti bambini nel momento in cui viaggiano all’interno dei confini europei. Al momento, la proposta è calendarizzata per dicembre 2023.

Gli Ezio Greggio vogliono spiegaci come essere “vere” madri

Nel frattempo, nel mondo del privilegio eterosessuale bianco, Ezio Greggio urlava allo scandalo. Il 9 aprile, sempre a Milano, qualcunə ha lasciato un neonato, ribattezzato Enea, alla Culla per la vita del Policlinico. È il terzo bambino ad essere affidato al servizio dalla sua attivazione nel 2007. «È una cosa che pochi sanno – ha spiegato Ezio Belleri, il direttore del Policlinico – ma in Ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le Culle per la Vita: la nostra si trova all’ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. E’ una decisione drammatica, ma la Culla consente di affidare il piccolo ad una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l’assoluto anonimato per i genitori».

La Culla è uno strumento importante per l’autodeterminazione delle persone gestanti in quanto si tratta di un ambiente protetto, riscaldato e strutturato in modo da avvisare immediatamente il personale sanitario: una volta che il bimbo viene accolto al suo interno, un allarme discreto avvisa medici e infermieri della Neonatologia che possono prendersi cura del piccolo entro pochissimi minuti. 

Non ci è dato sapere quali siano le motivazioni di questa scelta, ma il punto è proprio questo: non ci riguardano. La cultura patriarcale è pronta a puntare il dito contro le madri, ritenute responsabili del carico totale del lavoro domestico e di cura della casa e della famiglia. Infatti, finora nessuno ha ancora menzionato il padre, le sue responsabilità, le sue possibili colpe. Nessuno gli ha cucito una storia strappalacrime addosso, né tantomeno è stato messo alla gogna pubblica senza alcun senso di empatia. La mediatizzazione di questa storia non fa altro che colpevolizzare e mortificare colei che ha compiuto questa scelta, che sia stata sofferta o meno. Come sottolinea Non Una Di Meno Milano: «Nessuno degli articoli fa menzione di quanto sia difficile trovare una casa, un lavoro, un posto al nido, di come sia difficile garantire la propria salute e quella di un bambino, del fatto che tutti i servizi di welfare ormai sono quasi spariti».

L’opinione pubblica si è lanciata in interventi ai maggiori talk show e in appelli strazianti in cui viene offerta la promessa di un supporto economico privato per sopperire alle presunte mancanze della madre, perché quali altri motivi potrebbe avere una donna per non voler crescere un figlio? Dovranno pur esserci delle ragioni oggettive e misurabili per rifiutare un dono tanto prezioso. Ezio Greggio, in un video pubblicato sui social, si è offerto di aiutarla dicendo che un bambino “merita una mamma vera, non una mamma che poi dovrà occuparsene ma non è la mamma vera“. Il comunicato di Non Una Di Meno Milano continua: «Non ci sono ragioni nobili o meno nobili, la donna ha usufruito di un servizio anonimo messo a disposizione da un ospedale».

Jennifer Guerra, autrice e giornalista, commenta così: «Qualsiasi cosa spezzi questo legame è socialmente sanzionata, perché se davvero ci importasse qualcosa dell’autonomia di questa donna, se davvero rispettassimo la sua scelta, se davvero ci curassimo del futuro di questo bambino, non cercheremmo a tutti i costi di imporre a questa donna qualcosa che non può fare, o forse nemmeno vuole, e che in ogni caso non spetta a noi decidere».

C’era una volta la famiglia tradizionale e ci sono oggi centinaia di famiglie arcobaleno in attesa di giustizia. Un giorno vivremo tutt3 autodeterminat3 e content3.

Rebecca Bellucci

Rebecca Bellucci
Toscana trapiantata a Bologna. Laureata in Scienze della Comunicazione, ma nerd di politica internazionale. Vivo tra un’assemblea e l’altra. Combatto il capitale scrivendo, rovinando pranzi di famiglia e lavorando a maglia. Traditrice del binarismo di genere, lesbica e transfemminista.

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