Qualcuno ha detto che il Governo Conte e la sua figura da tecnico non leader sarà di fatto una rottura e garanzia di autonomia politica rispetto alle tendenze degli ultimi anni dove il leaderismo ha spesso preso il sopravvento rispetto alla normalità dei poteri del Presidente del Consiglio. La normalizzazione della figura del Presidente sarebbe giusta in teoria, se però non ci fossero alcuni dettagli che fanno di Conte un Presidente dall’autonomia limitata. Quando si parla delle funzioni del Presidente del Consiglio si dice che è titolare di un potere di direzione dell’intera compagine governativa, che mantiene l’unità di indirizzo politico, promuove e coordina l’attività dei Ministri. La domanda sorge spontanea: come farà Conte a gestire questo potere di indirizzo politico se è stato bloccato da un contratto di Governo sottoscritto dalle due forze che lo sostengono?
Un contratto di Governo è cosa assai diversa rispetto al programma elettorale che le coalizioni sottoscrivono, in realtà, già con il possibile indicato Primo Ministro, dato che, quest’ultimo, offre un indirizzo al possibile Governo, ma non ne limita l’autonomia, né intende imporgli, sul piano geopolitico, un atteggiamento particolare rispetto ai partner europei e mondiali. Conte dovrà rispettare il contratto di Governo e, a quanto pare, non potrà uscire da questi cardini imposti da Matteo Salvini e Luigi Di Maio. In più, questi due, saranno alla Vicepresidenza del Consiglio, cosa che fa molto dubitare che le scelte di Conte siano effettivamente autonome ed indipendenti e che non sia eterodiretto da due politici che hanno portato a casa un bottino di voti molto importante. La presenza, inoltre, di Giancarlo Giorgetti, sottosegretario al Governo Conte, sarà ancora più limitativa per il Presidente del Consiglio il quale sarà a stretto contatto con l’uomo macchina della Lega Nord, forte e di grande esperienza politica.
Conte, quindi, si troverà di fronte ad una situazione in cui potrebbe non avere quella autonomia politica e quello slancio necessario per dirigere l’attività del Governo. In un contesto di questo tipo, chiaramente, dovrà fare di tutto per evidenziare il suo ruolo, cosa che potrebbe anche generare dei problemi nella coalizione governativa. Il Presidente della Repubblica ha sicuramente tenuto a ricordare che il Presidente del Consiglio è una figura che coordina e resta autonoma, non è certamente eterodiretto. Le perplessità di Mattarella, proprio su questo, sono fondate, soprattutto quando ebbe a dire che avrebbe “preferito un primo Ministro politico”, dato che avrebbe garantito una certa autonomia, una certa indipendenza, una certa forza e potere politico e, purtroppo, Giuseppe Conte non avrà queste caratteristiche.
Il casus belli di Savona, del resto, dimostra questa teoria, perché quando Conte ha lasciato l’incarico è sparito nel nulla coperto mediaticamente dalle dichiarazioni dei due alfieri della coalizione, cioè Salvini e Di Maio, il quale invocava l’impeachment. Se Conte fosse stato davvero libero di gestire le nomine del Governo avrebbe potuto trattare con Mattarella sul Ministro dell’Economia, ed invece entrambi si sono irrigiditi e hanno voluto far saltare il patto di Governo.
Ci si chiede, al momento di un vertice internazionale, chi possa essere a coordinare la linea da tenere ed eventualmente da modificare in corso d’opera. Ci si chiede quanto spazio abbia, il Presidente del Consiglio Conte, quando incontrerà i suoi pari in Europa e dovrà gestire dei rapporti politici. Mentre discuterà di politica e di regole europee farà una telefonata a Salvini e Di Maio? La domanda, seppure con l’intenzione di provocare, è effettivamente lecita. Quale autonomia politica potrà avere l’Italia nel mondo con un Presidente del Consiglio eterodiretto da due figure irresponsabili?
Luca Mullanu